Fabrizio Bajec, “Sogni e risvegli”

Fabrizio Bajec

NOTA DI LUIGIA SORRENTINO

Vi proponiamo da Sogni e risvegli, di Fabrizio Bajec (Amos Edizioni, 2021) il Poema della fame, quinta sezione del libro. Le poesie sono nate dalla rivolta dei gilet gialli in Francia. E’ l’unico a essere stato scritto in italiano. Le poesie delle altre sezioni sono testi composti in francese e tradotti dall’autore. L’azione-poesia di Bajec si configura in questo lavoro “come in un viaggio di andata e ritorno dall’abisso-corpo all’intelletto più luminoso.” Raccolta meno impegnata della precedente, La collaborazione, ma non meno impegnativa nella lettura. Fabrizio Bajec sta lavorando in prosa e in versi sulle lotte sociali in Francia di questi ultimi anni.

«(…) Se si toglie a un essere umano il potere
di agire e, ancor più, quello di creare,
cosa gli rimane oltre alla contemplazione?»
Aristotele

 

POEMA DELLA FAME

I.

solerti restarono in piedi
nella loro miseria belavano
contro la nebbia avvelenata
che il governo faceva piovere
sulle teste calde e canute
dei suoi sudditi ora insorti
dalle campagne e periferie
lungo le autostrade e rotatorie
riuniti intorno a un fuoco la notte
e il giorno sotto la neve
raccolti dentro una baracca
le capanne del loro Natale
ma che le ruspe dei gendarmi
spazzano insieme ai lunghi sforzi
poi tornano i recalcitranti
riedificano sempre una base
per quanto precaria e aperta
mai resistente a sufficienza
per traversare il gelido inverno
e accogliere nuovi affamati

nuova rabbia e braccia disponibili
ora trascinano ferraglia
nei viali delle città legna
macchine a qualsiasi prezzo
con ogni mezzo le barricate
si ergono tra la vita e la morte
la santissima morte cantata
da altri cittadini in rivolta
un tiro squarcia la mascella
polverizza l’occhio di un ragazzo
fora il seno di un’infermiera
che non ha mai perso un corteo
né un treno della dignità
per sputare sulla capitale
i suoi straordinari week-end
quanti storpi sfigurati orbi
sfileranno il sabato seguente
senza dire una parola
saranno visti con bende
e fasce sanguinanti eloquenti
volete decimarci o cosa?
noi che mangiamo una volta al giorno
piangiamo tra i debiti dormiamo
anche in macchina per lavoro
se non rende abbastanza per stare

dalla parte di chi grida al caos
chi recrimina i danni pubblici
e si chiede perché distruggiamo
perché domanda una principessa
con le scarpe da ginnastica
all star converse o adidas
perché mai prendersela col lusso
che non vi ha fatto nulla e brilla
in quartieri che non sono i vostri
come potete punire così
il commercio che in fondo è la vita
ne converrete sfama i piccoli
imprenditori come può darsi
tra voi si nascondano e sfasciano
tutto quello che non possiedono
al che risposero irati
venite dalle nostre parti
venga principessa e apra
il suo indispensabile negozio
poiché è dotata non chiuderà
e risero svergognandola
come fosse l’ultima cagna
di un villaggio fantasma accorsa
per un pasto che non s’è mai visto

II.

sabato avremo l’esercito
per tenerci buoni e cauti
riserve antiterroristiche
giovani impreparati all’uopo
e che ieri badavano al popolo
ma potrebbero sparare se
provocati o in pericolo
la donna dal seno bucato
è pronta a tornare in trincea
perché sa di aver ragione
non teme più nulla ma che orrore
le fa questo dispositivo
quando basterebbe rimettere
la tassa ai più ricchi il rialzo
del salario minimo e basta
ce ne torneremmo a casa
con un po’ di giustizia in tasca
mentre contiamo i nostri morti
dall’inizio di questo conflitto
sappiamo che voi non ne avete

perché il monopolio delle armi
e della brutalità è vostro
allora torno con mio marito
sabato prossimo marcerò
in mezzo a tutto quel giallo
adesso mi sono svegliata
se assaltano un ministero
o vi introducono una bomba
io giuro non mi stupisco
avete i fucili da assalto
le granate antisommossa
la polvere paralizzante
gli elicotteri e ora i soldati
io non riesco a sfamare mia madre
né a spedirla dove sgobbo
nei nostri centri inoperanti
si sviliscono i più vecchi
perciò cosa avrò da perdere
così parlò la donna ferita

III.

abbattono un edificio
tra boati esplosivi fracassi
gli operai dell’azienda pubblica
tornano al lavoro scherzando
e puzzano di fumo e caffè
comunque vedendoli passare
si vorrebbe salutarli
perché indossano il colore
che ci è entrato nel cervello
ora vediamo cospiratori
sparsi per l’intera città
con le stesse casacche fluo
mentre quelli veri si radunano
in qualche remota landa
e stilano dichiarazioni
articoli costitutivi
si mettono ai voti azioni
di disobbedienza e si canta
la canzone dei partigiani
l’uomo dall’occhio solo afferma

togliete il casco e perdete il posto
meglio non farlo meglio scappare
o estrarre l’arma e puntarla
due secondi e mezzo su di noi
se lasciate che veniamo avanti
fino alle nostre istituzioni
invaderemo le redazioni
gli studi televisivi
democrazia è il possesso
comunitario dei giornali
a morte la stampa di caserma
a morte i privilegi risorti
abbasso il sondaggio l’opinione
ci è favorevole badate
ma l’avrete già notato
nella palude sono tornate
belle e pronte all’attacco
le ruspe comunali

 

Fabrizio Bajec (1975), italo-francese, vive a Parigi e scrive nelle due lingue. È autore delle seguenti raccolte di versi: Corpo nemico (in «Ottavo quaderno di poesia italiana contemporanea », Marcos y Marcos, 2004), Gli ultimi (Transeuropa, 2009), Entrare nel vuoto (Con-fine, 2011), La cura (Fermenti, 2015), La collaborazione (Marcos y Marcos, 2018). Alcuni in doppia versione e pubblicati in Belgio, Svizzera e Francia. Le sue poesie sono presenti in diverse antologie e riviste, tradotte in spagnolo, portoghese e svedese. Ha inoltre tradotto in italiano i versi del poeta belga William Cliff.

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