Fabio Jermini, “Singolarità”

Fabio Jermini

 

Il pozzo delle anime

 

 

¿Dove vanno la donna
che tiene per mano un bambino
l’uomo seduto su un assale, quel tale che calca
con passo sicuro le tavole di un ponte sospeso?

Sagome d’avorio stagliate contro l’azzurrino.

¿Eroi di quali storie
miti, leggende, celtiche saghe?
¿Quali i moniti o gli ordini? ¿I fatali divieti?

È un complesso ipogeo
tra gneiss, argilla e ghiaia
un tempo una grotta – poi stanze spettrali
impilate, simmetriche (¿un tempio, un sepolcro?)

Sulla soglia, due are, una trave
una stele bislunga
con messaggi cifrati:

†La prima ½ h è gratuita
da 1 h, 1 fr. ogni ½ h fino a 3 h†

†È severamente vietato (?) fumare†

 

 

Alienazione

 

 

Brillano d’ambra le piramidi
nel deserto di tegole
mentre imbruniscono
pedoni schierati, i comignoli
(non ittiti, assiri, persiani
ma isole, cunei, catene)
… e qui si acutizza l’arrocco
la distrazione, la devianza… l’agguato
l’agguato è nei tonfi monotoni
e nei trilli, quando scintillano
le linee di contatto
nel quotidiano moto immobile
della coorte che s’ingorga.

Piovra dai tentacoli elettrici
da Étoile a Sismondi, da Maisonnex a Rive
la vera noia è stare alcione in alpe, uncicato
all’orizzonte degli eventi…

È venerdì. Pont-d’Arve gorgoglia
di clacson, di gavazze e di bestemmie
e dietro le persiane
– schermo di segrete lussurie –
qualcuno
si masturba
su Pornhub.

 

 

Elegia…

 

 

¿Rinasceranno un giorno, esorcizzati i loro vizi?
¿Daranno materia per nuova sostanza
o concimeranno le nostre catastrofi?

Sotto il manto di muschio ed erbacce
carcasse marroni sommerse dai rampicanti.
I crani squarciati o ammaccati
la pelle incrostata, necrotica.
Le mandibole spalancate e i dorsi iperestesi
indizi di morte violenta.

 

Furono un tempo mammut, sauri
da dieci tonnellate, silenziosi e potenti
mostri giapponesi, cavallini rampanti
tori da corrida, giaguari d’ogni tipo

ne sopravvive ora
la scocca
spesso intatta, la densa lamiera
a rivestire longheroni e traverse
i montanti sporgenti…

– e lontano nell’aria romba un maggiolino –

 

 

D

…e ti ho vista
alla rotonda di Gravesano
far tremare la luce al tuo passaggio
¡miracoloso angelo d’acciaio, dolce
superba invidia dei gabbiani!

In terza media
disegnai sul classeur
la parte più importante di te
(una visione… un’immagine
scolpita nella mente…)
e il maestro di classe
che se ne ricordava bene
la riconobbe:
era la parte più importante
di te, quella che vide
il dottore, ripresi i sensi
dopo aver battuto la testa
sul lavandino, scivolato
mentre attaccava un orologio, in piedi
sulla porcellana bagnata del water.

La parte più importante di te
quella che rende
possibile
il viaggio
nel tempo.

 

Con chiaretta, dalle papere
(ad Agno, in un giorno di canicola infernale)

 

No. Non sarà
la ninfa nel golfo o il sussulto di un luccio
ma improvvisa ci coglierà, come questa
che viene planando, e trilla, sul lago
d’acciaio e smeraldo
tra lampi metallici e petti di brace
che guizzano per qualche fresca alborella.

Riemerge rapida la folaga, ma ha il becco asciutto
sfreccia lungo il muretto verso le altre
(pallottole di piume madreperla; o nere
con accenni d’oro sui lati e sul musetto)

– Rubens s’invola; Roland ondeggia il capo –

Le anatre iridate
derapano eleganti vicino al cordolo
o sguazzano tra i flutti – si studiano, si gonfiano
fianco a fianco, ali deflesse e ciuffi drizzati
resistono – si toccano: ¡testacoda! –
si prendono a vicenda la scia e tentano
attacchi all’interno e sorpassi in staccata…

«Sì… improvvisamente
il mago della pioggia, proiettile impazzito
partì per la tangente
– gradino, sabbia, muro, piantone spezzato –
quel primo maggio al Tamburello…»

 

Samhain

 

Come la volpe
che s’inurbò
a mezzanotte au bout du monde
ci fermammo a fiutare il parco, il vento
l’istante in cui ogni odore è un ricordo
e poi c’indedalammo, il muso basso
zampettando su boulevards di cristallo
seguendo la pista suburbana nella luce metallica
la preda l’elegia di memorie impossibili
di pieghe nel cronòtopo…

(il minestrone, il finestrone, l’assalto, la vittoria
il puttanone sotto il ponte, l’esame di solfeggio)

 

 

NOTE

 

Elegia

… scritta in un cimitero di automobili

 

D

La DMC-12, l’unico modello di automobile prodotto dalla DeLorean, caratterizzato dalle porte ad «ali di gabbiano» e dalla carrozzeria in acciaio inossidabile, fu scelto dal dottor Emmet L. Brown per realizzare la sua macchina del tempo (vd. R. Zemeckis, Ritorno al futuro, 1985). Il dispositivo, che, attivato da 1,21 GigaWatt, permette di aprire un wormhole, è il «flusso canalizzatore» e la sua parte più evidente (e caratteristica) sono i tubi luminosi disposti a forma di Y.

 

Con Chiaretta, dalle papere

 

Ayrton Senna – «mago della pioggia», per l’eccezionale abilità nella guida sul bagnato – morì tragicamente domenica 1 maggio 1994, durante il Gran Premio di Formula 1 di San Marino, uscendo di pista a 300 km/h alla curva del Tamburello.

Le due ‘papere’ a metà poesia sono Rubens Barrichello, la cui monoposto decollò e carambolò sulle gomme di protezione nel corso delle prove libere, e Roland Ratzenberger, vittima di un incidente mortale durante la sessione di qualifica nel rettilineo tra la curva del Tamburello e la Gilles Villeneuve.

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Fabio Jermini (Sorengo, 1988) è dottore di ricerca in Filologia italiana dell’Université de Genève, dove dal 2013 al 2018 è stato Assistente di Letteratura italiana del Medioevo e del Rinascimento. Attualmente è borsista del Fondo Nazionale Svizzero presso l’Istituto Opera del Vocabolario Italiano di Firenze.

Nel 2015 ha pubblicato la raccolta di poesie Corpi gabbia d’ali e unghie (alla chiara fonte, Lugano). Altri suoi testi – poèmes en prose e poesie – sono apparsi nelle antologie Paragrafi (Pasturana, puntoacapo ed., 2018) e Non era soltanto passione (alla chiara fonte, Lugano, 2018) e in rivista («Cenobio», a. LXIX, n. 1, 2020). Ha tradotto dallo spagnolo alcune poesie della raccolta Hijos de la ira di Dámaso Alonso («Cenobio», a. LXVI, n. 2, 2017).

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