LE VITTIME
La storia fosse scritta dalle vittime
altro sarebbe, un tempo di minuti,
di formiche incessanti che ripullulano
al nostro soffio e pure ad una ad una
vivide di tenacia, intente d’essere.
Gli inermi che si scostano al passaggio
delle divise chiedono allo sguardo
dei propri occhi la letizia ansiosa
d’essere vinti, il numero che oblia
la sua sabbia infinita nel crepuscolo.
Dei vincitori, ai ruinosi alberghi
del loro oblio, piu’ nulla.
Rimane chi disparve nella sera
dell’opera compiuta, sua la mano
di tutti e il fare che e’ del fare il tenero.
E’ il nostro soffio che gli crede, il dubbio
di perderlo nel numero, tra noi.
Alfonso Gatto, da “La storia delle vittime”, Mondadori, Milano, 1966.
Alfonso Gatto (1909-1976) nasce a Salerno e compie i suoi studi universitari a Napoli, ma li lascia presto a causa di difficoltà economiche. Durante la sua vita irrequieta si sposta molto e si dedica a differenti lavori: il commesso in una libreria, l’istitutore di collegio, il correttore di bozze, l’insegnante e il giornalista. Come giornalista collaborerà con numerose riviste letterarie come «Italia Letteraria», «Rivista Letteratura», «Circoli», «Primato alla Ruota». Nel 1936, a causa del suo dichiarato antifascismo, viene arrestato e trascorre sei mesi nel carcere di San Vittore a Milano.
Nel 1938 fonda a Firenze assieme allo scrittore Vasco Pratolini la rivista «Campo di Marte», ricollegabile all’ermetismo fiorentino e commissionata dell’editore Vallecchi. Il periodico resta però in vita solo anno.
Nel 1943 entra a far parte della Resistenza.
Dopo la guerra diventa direttore di «Settimana» e inviato speciale de «L’Unità», dove assume una posizione di primo piano nella letteratura di ispirazione comunista.
Tra le sue opere poetiche ricordiamo: Isola (1932), Morto ai paesi (1937), Il capo sulla neve (1949), La forza degli occhi (1954), Osteria flegrea (1962), La storia delle vittime (1966), Rime di viaggio per la terra dipinta (1969).
Oltre che poeta è anche scrittore di testi per l’infanzia.
Tra i vari riconoscimenti riceve i premi Savini (1939), St. Vincent (1950), Marzotto (1954) e Bagutta (1955, per l’opera La forza degli occhi).
Muore in un incidente stradale. Sulla sua lapide Eugenio Montale lo ricorda così: «Ad Alfonso Gatto per cui vita e poesie furono un’unica testimonianza d’amore».