A G. Pontiggia
Io vivo in una traversa
di via Vincenzo Monti – che è un po’ più lunga – …
ma abito in una via,
l’unica di Milano dove c’è soltanto una casa, la mia
……………
***
Maria Zambrano scrive
che c’è un presente perfetto
nella parola che ferma il tempo
ma senza far che diventi
immobile, stella fissa
(senza desiderio);
presente invece
che si installa
in quel che conta
(e che ieri non ti ho detto);
rito del bosco
e del sole,
del tramonto (…) remo che sembrava
spezzato
luce declinante tra gli alberi
freccia che vuole al centro del verbo
***
L’abbiamo capito una sera,
misurando e osservando le piante,
quel brocco di soli andati e di nebbie
che in settembre facevano vedere
(come sotto un velo)
il frutto d’oro delle mele.
Abbiamo parlato a lungo,
ma il mestiere e l’arte restavano indietro,
dove la proprietà finiva in ciascuno,
e c’era un senso che non era meglio alberi
e non era di nessuno.
***
Se non ci fosse un sogno più reale
e questo non fosse il fratello, in luce,
della morte…
da dove mai i canti e i nodi
e gli ordini
che insieme tengono le voci
e il cigolio dei cardini?
c’è un passaggio
in fondo ai segni
e a tutte le porte
che indica il doppio
del tuo stato (alterno), dell’alterna
tua sorte
da: Sentimentalissima luce, Punto a capo editrice, 2021
Marco Marangoni (1961), ha pubblicato i testi poetici: “Tempo e oltre” (Campanotto Editore, 1994); “Dove dimora la luce” (I Quaderni del Battello Ebbro, 2002); “Per quale avventura” (Raffaelli Editore, 2007); “Congiunzione amorosa” (Moretti&Vitali, 2013); “La passione degli anni” (Stampa 2009, 2018).
Alcune poesie sono state pubblicate in Almanacco dello specchio (Mondadori, 2006). È segretario e membro della giuria scientifica del Premio S. Vito al Tagliamento (PN). Ha ideato e cura, con Alberto Bertoni, Ossigeno nascente, atlante dei poeti contemporanei, on-line (Alma Mater Studiorum, Università di Bologna). Collabora con poesia.blog.rainews.it.
Bisogna leggerlo e rileggerlo molte volte questo libro, come tutti i libri importanti e belli.
In un tempo come questo, dove labile è l’identità e labile la memoria, Marco Marangoni si inoltra nel territorio oscuro dove c’è continua interrogazione ma non c’è risposta e trova luoghi germinali, spiragli di luce, chiari, lingua di alberi e vento, memoria che si fa tempo nel mentre memora.
In questa terra oltre il confine, dove il labirinto domina e non il doppio, la nebbia cancella e l’ombra sopravanza , Marangoni ritrova il filo di una lingua che si fa solo dopo essersi perduta, che cambia l’inizio e trova il perdono e la pazienza di raccogliere, il nuovo indice dei nomi, il colore dell’oro. La luce di questo oro Marco Marangoni la trasmette nella sua lingua raffinata ma non oscura, semmai rarefatta, sospesa, in ricerca, in attesa. Messaggio complesso e interrogazione che mi fa pensare alla lingua dell’imperduto di Celan e a molto altro, a una mappa che dal citato Leopardi corre fino a Montale, a Zambrano e passa per “L’ultimo borgo” di Caproni.
Barbara