Vorrei conoscere il mondo dei morti,
reclamarlo in una lingua senza storia
che non abbia una grammatica, ma possa
avverare tutto ciò che si pronuncia.
Mi usano per parlare a chi è rimasto,
vogliono che dica, rovesciandola,
la parola che non hanno mai trovato
*
Dammi una parola
onesta, che risolva
la brevità del mondo e delle cose;
che sia oppure indeclinabile,
sospesa nella voce a stabilire
cos’è che dura e cosa non ha tempo.
*
Bruciasse l’alfabeto rimarrebbero
intatti i segni del tuo nome.
*
Vedi, non restano che i nostri
frutti sulla tavola:
mia madre che li sbuccia; i loro
nomi che pendono dall’orlo
e cadono tra il pavimento e l’invisibile.
Ora all’uva basta un soffio per marcire
in fretta e diventare una preghiera.
*
Pare i gatti custodiscano segreti
inaccessibili: sanno, per esempio, che le ombre
abitano nei muri per difendere
la casa, il suo dialetto e tutti i nomi
sussurrati a notte fonda tra le porte.
Da: L’età dell’uva, Giulio Perroni Editore 2021
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Mattia Tarantino (Napoli, 2001) codirige Inverso – Giornale di poesia e fa parte della redazione di Atelier. Collabora con numerose riviste, in Italia e all’estero, tra cui Buenos Aires Poetry. I suoi versi sono stati tradotti in più di dieci lingue. Ha pubblicato L’età dell’uva (2021), Fiori estinti (2019) e Tra l’angelo e la sillaba (2017).