Le sette morti di Marina Abramović

Marina Abramović

Marina Abramović

Il 18 maggio 2022 la Galleria Lia Rumma di Napoli subito dopo la prima italiana di 7 Deaths of Maria Callas che andrà in scena in anteprima italiana al Teatro di San Carlo di Napoli (13-15 maggio 2022), inaugura la nuova mostra personale di Marina Abramović che segna il ritorno dell’artista in città.

La mostra coincide con il tour della prima opera lirica scritta, diretta e interpretata dall’artista serba.

Abramović sarà la protagonista della prima italiana dell’opera 7 Deaths of Maria Callas, dedicata all’ indimenticabile soprano greco che ancora oggi affascina il pubblico di tutto il mondo.

Lo spettacolo di cui la Abramović è interprete e autrice, si concentra su ciascuna delle morti “sul palco” della Callas che di volta in volta è protagonista in Carmen, Tosca, Otello, Lucia di Lammermoor, Norma, Madama Butterfly e La traviata.

Sette eroine tragiche della lirica, rese immortali grazie alle interpretazioni della divina Maria Callas, rivivono nel corpo e nei movimenti di Marina Abramović.

La regina della performance indossa l’abito della regina della lirica in un’opera totale divenendo un faccia a faccia tra due grandi artiste.

«Da 25 anni – racconta Marina Abramović – desideravo creare un’opera dedicata alla vita e all’arte di Maria Callas. Ho letto tutte le biografie su di lei, ascoltato la sua voce straordinaria e guardato le registrazioni delle sue esibizioni. Come me era un Sagittario, sono sempre stata affascinata dalla sua personalità, dalla sua vita e dalla sua morte. Come tanti dei personaggi che ha interpretato sul palco, è morta per amore. È morta di crepacuore» (Marina Abramović, 7 Deaths of Maria Callas, Damiani Editore).

Negli spazi della Galleria Lia Rumma, come in un coro di dolore, si rivive il dramma delle sette morti, attraverso la videoinstallazione Seven Deaths, tratta dall’omonima opera teatrale.

«Le donne soffrono in eterno per amore e in eterno muoiono in tanti modi. È un tema che, a me come donna, sta molto a cuore. Il mio lavoro è molto “emozionale”, tocca l’amore, la morte, il dolore, la sofferenza, la perdita, il tradimento: temi di cui è fatta l’arte», continua la Abramović. Ed è su questo fil rouge che s’inseriscono le altre opere fotografiche presenti in mostra: Artist Portrait with a Candle (B), 2012; Holding the Skeleton, 2008/2016; il dittico Portrait with Skull (EyesClosed), 2019; e per finire la più recente The Jump, 2022, in cui Abramovic impersona Tosca nel gesto finale dell’opera, ambientata qui in un contesto urbano contemporaneo.

A più riprese l’artista ha utilizzato lo scheletro come suo compagno di viaggio, o elementi come il teschio e la candela, per esorcizzare anche la propria mortalità, dando vita a tanti “memento mori” che sembrano evocare vanitas seicentesche arricchite da un crudele gioco tra Eros e Thanatos.

Una stanza della galleria accoglie l’installazione Black Dragon (1990) composta da cristalli di quarzo montati a parete che invitano chi si avvicina a interagire con loro per sentire l’energia che emanano.

Sono gli “oggetti transitori” della Abramović, che non sono semplici sculture da guardare, ma oggetti “performativi” in grado di innescare uno scambio di energia tra l’opera, l’artista e il pubblico, che viene così invitato a prendere parte attiva alla mostra non più come solo spettatore.

 

Marina Abramović è nata a Belgrado nel 1946 e si è formata nelle accademie della sua città natale ea Zagabria. Fin dall’inizio della sua carriera, Marina Abramović è stata una pioniera della performance art, creando alcune delle opere più importanti di questa forma d’arte. Esplorando i suoi limiti fisici e mentali, ha sopportato dolore, stanchezza e pericolo, alla ricerca di una trasformazione emotiva e spirituale.

L’unione professionale e sentimentale tra Abramović e Uwe Laysiepen, meglio noto come Ulay, risale alla metà degli anni ’70. Durante la più che decennale collaborazione, i due artisti hanno dato vita a performance indimenticabili, vere pietre miliari, incentrate sui temi della sofferenza, vista come un percorso catartico necessario (Relation in movement, Biennale di Venezia, 1976), o dell’amore, ripercorso attraverso una serie di scatti fotografici che ritraggono la coppia in pose teatrali (Anima mundi e Modus vivendi ecc.).

L’ultimo progetto realizzato con Ulay è stato The Great Wall, dopo il quale Abramović ha proseguito la sua ricerca indagando, attraverso la scultura, l’energia di elementi naturali come pietre e metalli, i cosiddetti ‘oggetti transitori’.

Nel 1997, alla 47a Biennale di Venezia, Marina Abramović è stata insignita del Leone d’Oro per il suo lavoro Balkan Baroque, cruda denuncia degli orrori perpetrati durante la guerra nei Balcani.

Dopo molti decenni di attività, nel 2010 Abramović realizza la sua prima grande retrospettiva negli Usa e, nello stesso anno, si esibisce per oltre 700 ore in The Artist is Present al MOMA di New York, una coinvolgente performance in cui l’artista, con la sua sola presenza, diventa arte.

L’artista ha anche fondato l’Istituto Marina Abramović (MAI), una piattaforma per lavori immateriali e di lunga durata, pensata per creare nuove possibilità di collaborazione tra pensatori di tutti i campi. La sua pubblicazione più recente è Walk Through Walls: A Memoir, pubblicata da Crown Archetype nel 2016.

La retrospettiva dedicata all’artista, intitolata The Cleaner, è stata inaugurata al Moderna Museet di Stoccolma nel 2017 ed è stata ospitata in altre sette località europee, per poi concludersi, nel 2019, al Museum of Contemporary Art di Belgrado.

Il 30 marzo è stata inaugurata alla Pinacoteca di Kaunas la mostra personale Memory of Being, in occasione della Capitale Europea della Cultura 2022.

Nel 2023 Marina Abramović ha presentato la mostra personale After Life alla Royal Academy of Arts di Londra.

E’ stata la prima donna nei 250 anni di storia dell’istituzione ad occupare l’intero spazio della galleria con il suo lavoro.

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Lia Rumma Gallery in Naples will present the new solo exhibition by Marina Abramović, marking the artist’s return to the city.

The exhibition coincides with the tour of the first Opera written, directed and performed by the Serbian artist, titled 7 Deaths of Maria Callas, which will be premiered in Italy at the Teatro di San Carlo in Naples (13th-15th May 2022).

Seven tragic heroines of the Opera, made immortal by the divine interpretation of Maria Callas, come to life in the body and movements of Marina Abramović: Tosca, Carmen, Violetta (La Traviata), Cho Cho-San (Madama Butterfly), Lucia (Lucia di Lammermoor), Norman and Desdemona (Otello).

The queen of performance art embodies the queen of the Opera in a comprehensive work, resulting in a face-to-face between two great artists. “For 25 years I have wanted to create a work dedicated to the life and art of Maria Callas. I read all the biographies about her, listened to her amazing voice and watched the tapes of her performances. Like me, she was a Sagittarius, I have always been fascinated by her personality, her life, and her death. Like so many of the characters she played on the stage, she died of love. She died of a broken heart” (Marina Abramović, 7 Deaths of Maria Callas, Damiani Editore).

In the gallery space the drama of the seven deaths is relived through the video installation Seven Deaths, taken from the Opera of the same name.

“Women suffer eternally for love and eternally die in so many ways. It is a theme that, to me as a woman, is very dear. My work is very ‘emotional’, it touches love, death, pain, suffering, loss, betrayal: themes of which art is made”, continues Abramović.

This is the leitmotiv that underlies the other works in the exhibition: Artist Portrait with a Candle (B), 2012; Holding the Skeleton, 2008/2016; the diptych Portrait with Skull (Eyes Closed), 2019; and, finally, the most recent The Jump, 2022, in which Abramović interprets the role of Tosca in the final move of the last act, set here in an urban contemporary context.

On several occasions, the artist has used the skeleton as her travel companion, or other elements such as the skull or the candle, to exorcise her own mortality, giving life to many ‘memento mori’ that seem to evoke 17th century vanitas enriched by a cruel game between Eros and Thanatos.

One of the rooms in the gallery is home to the installation Black Dragon (1990), made up of quartz crystals mounted on the wall that invite the public to interact with them, and to feel the energy they emanate. They are Abramović’s ‘transitory objects’: not simply sculptures to look at, but “performative” objects capable of triggering an exchange of energy between the work, the artist and the public, who is therefore invited to take an active part in the show.

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Marina Abramović was born in Belgrade in 1946 and trained at the academies of her hometown and in Zagreb. Since the beginning of her career, Marina Abramović has been a pioneer of performance art, creating some of the most important works of this form of art. Exploring her physical and mental limits, she endured pain, exhaustion and danger, in a quest for emotional and spiritual transformation.

The professional and sentimental union between Abramović and Uwe Laysiepen, better known as Ulay, dates back to the mid-1970s. During the more than ten-year collaboration, the two artists have given life to unforgettable performances, true milestones, focused on the themes of suffering, viewed as a necessary cathartic path (Relation in movement, Venice Biennale, 1976), or of love, retraced through a series of photographic shots that portray the couple in theatrical poses (Anima mundi and Modus vivendi etc.). The last project created with Ulay was The Great Wall, after which Abramović continued her research by investigating, through sculpture, the energy of natural elements such as stones and metals, the so-called ‘transitory objects’.

In 1997, at the 47th Venice Biennale, Marina Abramović was awarded the Golden Lion for her work Balkan Baroque, a crude denunciation of the horrors perpetrated during the war in the Balkans. After many decades of activity, in 2010 Abramović had her first major retrospective in the Usa and, in the same year, she performed for over 700 hours in The Artist is Present at the MOMA in New York, an engaging performance in which the artist, with her mere presence, becomes art.

The artist also founded the Marina Abramović Institute (MAI), a platform for immaterial and long-lasting work, meant to create new possibilities for collaboration between thinkers from all fields. Her most recent publication is Walk Through Walls: A Memoir, published by Crown Archetype in 2016.

The retrospective dedicated to the artist, titled The Cleaner, was inaugurated at the Moderna Museet in Stockholm in 2017 and was hosted in seven other European locations, and then concluded, in 2019, at the Museum of Contemporary Art in Belgrade. On March 30, the solo exhibition Memory of Being was opened at the Kaunas Picture Gallery, on the occasion of the European capital of culture 2022.

In 2023 Marina Abramović will present the solo exhibition After Life at the Royal Academy of Arts in London. She will be the first woman in the institution’s 250-year history to occupy the entire gallery space with her work.

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