Ascanio Celestini attore, regista, scrittore e drammaturgo italiano è uno dei rappresentanti più interessanti del teatro di narrazione in Italia.
Nell’anno delle celebrazioni per il centenario dalla nascita di Pier Paolo Pasolini, Ascanio Celestini porta in scena “Museo Pasolini”. Un museo “immateriale” del quale lui è “il custode”.
“Museo Pasolini” è quindi, un museo immaginato attraverso le testimonianze di uno storico, uno psicoanalista, uno scrittore, un lettore, un criminologo, un testimone che l’hanno conosciuto.
Lo spettacolo prende vita da una dichiarazione di Vincenzo Cerami: “Se noi prendiamo tutta l’opera di Pasolini dalla prima poesia che scrisse quando aveva 7 anni fino al film Salò, l’ultima sua opera, noi avremo il ritratto della storia italiana dalla fine degli anni del fascismo fino alla metà degni anni ’70. Pasolini ci ha raccontato cosa è successo nel nostro paese in tutti questi anni”.
“Il pezzo forte di Museo Pasolini” è il corpo di Pasolini, racconta Ascanio Celestini nella mia intervista realizzata per la TGRCampania il 29 giugno 2022 nell’ambito delle Celebrazioni delle Giornate leopardiane a Torre del Greco, a Villa delle Ginestre, e rivela verità molto importanti sui veri responsabili di quella morte.
Alla fine dell’intervista ho notato che Ascanio porta un braccialetto giallo con una scritta: “Verità per Giulio Regeni”. Per poterlo leggere ho dovuto toccargli la mano, e far girare il braccialetto sul suo polso. Un gesto intimo, di solidarietà e di vicinanza che mi ha fatto sentire la grande forza del suo impegno umano e civile.
Gli ho chiesto se ci fosse per lui una qualche relazione fra Pasolini e Giulio Regeni.
Lui ha risposto così: “Prima cosa sono tutti e due legati al Friuli. Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna però poi viene sepolto a Casarsa della delizia perché la mamma è di Casarsa è friulana e Giulio Regeni vive vicino, a Fiumicello… però tutti e due sono esposti, lanciati nel mondo, ma proprio esposti, liberi e anche indifesi nei confronti del mondo.
Giulio Regeni noi l’abbiamo conosciuto quando era già morto, non conosciamo Giulio Regeni prima. L’abbiamo conosciuto quando soprattutto la mamma lo ha riconosciuto dalla punta del suo naso perché è così è stato riconosciuto inizialmente il corpo di Giulio Regeni.
Paola, la mamma, lo ha riconosciuto da lontano dalla punta del naso. E allora io credo che davvero sul corpo noi possiamo spendere delle parole importanti e oggi più che mai, più che nel passato, anche se nel passato molti già l’hanno detto, Albert Camus negli anni Quaranta e Aldo Capitini negli anni successivi, noi dobbiamo veramente fare del tutto per salvare i corpi. Salvarli ovviamente quando sono vivi se possibile, salvarli nel Mediterraneo, in Ucraina, nello Yemen, ovunque, ma salvarli anche da morti, salvare i morti per salvare quantomeno il motivo per i quali sono morti.
Io credo che tanto nel caso di Giulio Regeni, ma anche nel caso di tanti altri… noi qui siamo in Campania e quindi potremmo dire la stessa cosa della mattanza di Santa Maria Capua Vetere.
Noi abbiamo bisogno di due verità.
Una già ce l’abbiamo, l’altra dobbiamo in qualche maniera ricostruirla, La verità che già abbiamo è perché sappiamo come sono andate le cose. Sappiamo come è stato ucciso Pasolini e tutto sommato sappiamo anche chi l’ha ucciso. Sappiamo come è stato ucciso Giulio Regeni, sappiamo anche chi l’ha ucciso. Sappiamo quanto è successo a Santa Maria Capua Vetere.
La seconda verità, quella che dobbiamo in qualche modo ricostruire, è la verità che possiamo comunicare, perché c’è una verità che sappiamo ma che non possiamo dire e c’è una verità che sappiamo e che vorremmo dire. E’ questa seconda verità quella più irraggiungibile, perché è difficile da ricostruire, perché quello che sappiamo vorremmo anche poterlo dire”.