Luigi Auriemma, l’arte in versi

Luigi Auriemm


di Marco Amore

Arte e parola condividono lo stesso passato: non a caso, le prime forme di scrittura erano simboli – e non parlo dei geroglifici egiziani o del sistema di scrittura cuneiforme sumera – ma delle pitture rupestri nelle grotte di Lascaux, risalenti al Paleolitico superiore, o dei successivi petroglifi della Val Camonica.

Partendo da Leonardo da Vinci e da Michelangelo Buonarroti, il primo con la sua scrittura speculare e il secondo con la sua lirica amorosa e tormentata, fino ai giochi di parole e alle frasi omofone di Marcel Duchamp, questo legame non si è mai incrinato, anzi, è andato via via rafforzandosi, malgrado il processo di settorializzazione della cultura occidentale, esasperato da convinzioni ormai superate sulla nozione di divisione del lavoro (ricordate Adam Smith e la celebre “fabbrica di spilli”?) e da teorie che non incontrano le attuali esigenze del mercato del lavoro in una società liquida che si affaccia alla quarta rivoluzione industriale – digitalizzazione dei processi, smaterializzazione delle filiere produttive, rottura dei confini settoriali.

In questo frangente, non possiamo tacere del lavoro antioggettualista di artisti visivi come Lawrence Weiner (1842-2021), tra i precursori (è corretto usare questo termine, se teniamo conto del passato che accomuna arte e parola?) della smaterializzazione dell’oggetto artistico in favore del linguaggio.

Un discorso – quello dell’opera d’arte cancellata dalla sua enunciazione – portato avanti egregiamente da Luigi Auriemma che, pur tenendo fede al rigore delle espressioni concettuali (mediante una completa “scarnificazione della pittura”), in perfetta conformità con l’indagine duchampiana sull’arte come atto linguistico e con il momento storico in cui si trova a operare – la dicotomia tra vuoto e pieno, trasposta sul piano sintattico; il recupero delle forme e dei modelli del passato, proprio della recente tradizione artistica partenopea – sottolinea l’importanza degli elementi fondamentali della comunicazione, dal segno di interpunzione al lessema, spesso olofrastico, in una società sempre più virtuale, iperreale, dove la realtà extralinguistica ha un valore prettamente relativo e in cui l’unico strumento interpretativo e mezzo di persuasione rimasto è la parola, che non ha motivo di esistere al di là della sua introiezione asemica, decisiva alla riscrittura dell’inconscio.

In quest’ottica, il costante ricorso alle superfici vetrose come base per i suoi lavori, così come l’interpolazione di trattini bassi (underscore) tra le lettere che compongono i giochi di parole, le sciarade concettuali, e i puntini sospensivi che donano una dimensione agli spazi, rappresentano il medesimo invito a “ripensare” le convenzioni personali insieme a quelle ortografiche, anche in virtù delle credenze limitanti che ci vengono collettivamente inculcate alla nascita: così nell’opera politica e sociale Diritti Umani, Ovunque, Altrove (2021), a base triangolare e costituita da tre assi che si incrociano a circa un terzo dalla propria altezza, sormontati da tre pannelli in ferro rispettivamente traforati dalle parole ‘DIRITTI UMANI’, sul più alto, ‘OVUNQUE’ sul secondo e ‘ALTROVE’ sul terzo, l’artista ci chiama a una considerazione non più demandabile, specie alla luce dei recenti avvenimenti inerenti in conflitto russo-ucraino: perché, se i diritti umani sono universali (e, quindi, valevoli ovunque), come li definisce la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, essi soffrono di una limitata diffusione spaziale, il che spesso li relega in un altrove temporalmente lontano.

Argomenti tutt’altro che lievi, trattati secondo un modus operandi – quello di Auriemma – che trae evidente beneficio da un’incessante vicinanza alla poesia e alle figure retoriche, e che fa del legame con la poesia (altra passione dell’artista) uno dei punti di maggiore interesse del suo discorso di metodo.

D’altronde quale pratica artistica, più della poesia, offre un diretto richiamo con le arti visive, oltre che un angolo di riflessione indispensabile al ripensamento del linguaggio in chiave critica?

Palese tributo a questo rapporto sono opere come Singhiozzo Letterario (corda e pagine di libro, 2010), o splendide, e più recenti minutezze, in cui l’artista cuce pagine di libro a bianche superfici impersonali (Senza Titolo, 2020); ma avranno sempre un posto di rilievo nel mio cuore le Nature morte con pagina di libro e vaso con rose (materiali vari, 2010), tra le opere liricamente più potenti che mi sia capitato di vedere, e che, osservate in retrospettiva, esemplificano il percorso di Auriemma in maniera quanto mai completa: dal ricorso a una superficie riflettente, in prima istanza contrassegno del suo fare arte e simbolo del rapporto intertestuale – squisitamente postmoderno – tra autore e fruitore dell’opera, al tema della transitorietà, al rovesciamento dell’iconica qualità eternatrice della poesia cantata da Foscolo nel carme Dei Sepolcri (qui trasposta sotto forma di lapide), ai giochi semantico-lessicali riportati attraverso l’uso dell’immagine di uno squarcio nel testo poetico, cucito su fondo bianco.

Non c’è spazio per la dimensione nonsensica e paradossale del primo Novecento, se non da un punto di vista meramente epidermico, dove il burlesco è limitato all’aspetto verbale, e la tragedia trova sempre uno spiraglio verso l’ironia.

BIOGRAFIA BREVE

Luigi Auriemma è un artista e poeta napoletano, fondatore della rivista d’arte Leonarda. Dal 1988 ad oggi ha partecipato a numerose esposizioni personali e collettive. Tra le più importanti ricordiamo: “Corpus Carsico”, Certosa di San Giacomo (Capri); “Per-formare una collezione”, Museo MADRE (Napoli); “Cryptica”, Museo del Sottosuolo (Napoli); “D_I_O_GENE”, MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli); “Collezione Permanente 1” a cura di Bruno Corà al CAMUSAC (Cassino Museo Arte Contemporanea); “Tema affidato all’altrui capacità di interpretare o indovinare”, Studio d’arte Casagrande (Roma); “RITRATTI”, galleria “Arco di Rab” (Roma); “Trilogia” galleria d’arte moderna di Cento (Ferrara); “Opera morta” nella galleria “Piano Nobile” (Perugia) e  “Ipotesi arte giovane” presso Flash Art, Milano. Ha inoltre pubblicato articoli e poesie per le riviste Art a part of culture, Lobodilattice, Match, Eco e Starter.

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