Innocenzo Odescalchi, “Il battesimo di Lucifero”

Nota introduttiva di Fabrizio Fantoni

 

Con la sua ultima mostra – intitolata “Oltre” – realizzata nei locali dell’antica fornace di Antonio Canova Innocenzo Odescalchi ci consegna un’opera di grande impatto visivo.

In uno spazio circolare – voltato da cupola come i templi dell’antica religiosa – ecco palesarsi allo sguardo del visitatore la  figura di Lucifero che si cala dall’alto legato ad una catena infissa alla volta. Sotto di lui – sul pavimento al centro della sala -uno specchio d’acqua a simboleggiare il rito del battesimo. La catena che lo serra impedisce al demone l’immersione purificatrice nell’acqua.

Con questa opera, spiazzante e totalizzante, Innocenzo Odescalchi condensa le contraddizioni insite nella nostra contemporaneità in cui l’essere umano appare teso tra perdizione  e desiderio di redenzione.

Intervista a Innocenzo Odescalchi
di Fabrizio Fantoni
Roma, 10 luglio 2022

 

L’opera esposta sembra affrontare l’idea del sacro. Puoi raccontare la genesi del lavoro?

 

L’origine del mio lavoro “il battesimo di Lucifero” è nato dall’esigenza di poter descrivere uno “spettacolo visionario” che ti trascina fuori da questo tempo e ti conduce in un “mondo altro”.

Canova22, luogo dell’esposizione, è la Fornace dove Antonio Canova ideava e modellava la prima forma in creta per poi forgiarla col fuoco, elemento primario. Ho cercato di dare forma a una rivelazione, un’esperienza estatica che scuote e trasforma il trauma spirituale dettato dall’Arte per ricostruire una pratica trascendente, Friedrich Nietzsche diceva: “l’Arte alza la testa dove le religioni scompaiono”. La statua che rappresenta un demone in cerca di salvezza. Lui, il mistificatore che viene ingannato esso stesso, impossibilitato a purificarsi, scambia una pozza di petrolio per una fonte d’acqua destinata al fuoco perenne.

 

La tua statua ci restituisce, in questi tempi di conflitti e pandemie, la necessità di una redenzione che tuttavia pare impossibile. È così?

 

Diabolos in latino è colui che divide il calunniatore; nell’Antico Testamento Satan è avversario e nemico oggi in tempi di guerra e pandemia è fin troppo facile accostare e rappresentare l’attualità in forma malvagia. Non sono i tempi della storia che ci depurano dal male opponendo un bene di pace limitato nel tempo ma una più profonda conoscenza di esso. Il binomio bene-vero / male-falso è un pregiudizio che spesso si adatta o viene strumentalizzato per fini politici o religiosi. Il mio demonio è umanizzato perché niente è più umano di lui: “se il diavolo non esiste ma l’ha creato l’uomo credo che egli l’abbia creato a propria immagine e somiglianza” Fedor Michajlovic Dostoevskij.

 

Con le opere esposte in questa mostra entri in dialogo in distanza con la classicità. Qual è il tuo rapporto con il mondo classico?

 

È la seconda volta che mi raffronto con forme classiche, la prima si chiamava “la Musa evasiva” titolo suggeritomi da Valentino Zaichen. Metteva in comparazione due elementi apparentemente contraddittori, una donna sdraiata coperta da un sudario davanti ad una mia opera pittorico-materico. In questo caso voglio evocare attraverso annessioni metaforiche la discordanza tra l’infernale disarmonico e ciò che è formalmente equilibrato, misurato e proporzionato.

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