della carne della lingua
In questa carne ho radicato gli anni, li ho educati.
In questo corpo la materia dei miei pensieri
e le parole e le domande.
Su questa pelle l’ambiente delle loro risposte,
fino a contrarla, le vocali e le consonanti.
Ho consegnato a ogni osso della mia struttura
una lettera
e da lì le parole, una ad una le ho nutrite e ho appreso,
mentre crescevo la carne si faceva verbo.
Composte membra, ordinate si sono gonfiate,
dilatate le loro cavità e da lì ho ascoltato,
ed era voce del mio corpo. Che mi chiamava
e io sorda alle sue espressioni, finché
ho appoggiato le labbra alla loro imboccatura,
organica relazione, ho forgiato la lingua
ed essa ha compreso il gusto
e così finalmente io le ho parlato.
*
Il lento finire porta la gonna e le nere calze.
Sotto la gonna
lo sterile inverso di un verde prato.
*
la confessione
E mentre sembra che tu possieda ancora i tuoi segreti,
da questo verso in poi io ne sarò priva.
Qui dimentico me stessa, ho solo
il mio sguardo che ignora presunzione e richiesta.
Eppure sì. Il desiderio di nuovo diventa un’emozione
e il pensiero a chi ti è simile. Piove fuori, appena marzo
e dentro il tempo colmo di te è tempesta.
Che splendida prova.
*
il nero
E’ talmente nero qui sotto,
da poter sentire soltanto i tuoi passi
sopra il mio sguardo spento.
(Roberta Dapunt, Sincope, Einaudi 2018).
Roberta Dapunt è nata nel 1970 in Val Badia, dove vive tutt’ora. Presso Einaudi ha pubblicato due raccolte di poesia: “La terra più del paradiso” (2008) e “Le beatitudini della malattia” (2013). Presso Folio Verlag ha pubblicato la raccolta Nauz, in ladino con traduzione in tedesco a fronte nel 2012, ripubblicata anche con traduzione in italiano da Il ponte del Sale 2017.