Daniel Calabrese. “Un cielo per le cose”

Daniel Calabrese foto di Elia Leblanc

ALLÁ EN LO ALTO

Miren hacia arriba.
La razón es una cuerda inútil
que nos ciñe la respiración.
La razón es una piedra colgando de las nubes.

Pasa un cóndor con su vuelo
lento y desgarbado.
Debe ser un viejo.
Le quedarán algunos círculos
antes de morir secretamente.
Arrastra una sombra pesada
por el fondo del valle
cientos de metros más abajo
y todavía hace temblar a muchas criaturas.
Nos observa desde lo alto:
somos un rebaño violento.

Ninguna Tebas que salvar.
No hay ahora en esta tierra una sola
muralla digna para dar la vida.
Y el cóndor, me pregunto
cómo un comedor de carroña
puede llegar tan alto.

LÁ IN ALTO

Guardate in alto.
La ragione è una corda inutile
che ci stringe il respiro.
La ragione è una pietra che pende dalle nuvole.

Passa un condor col suo volo
lento e goffo.
Deve essere vecchio.
Gli resterà qualche cerchio
prima di morire segretamente.
Trascina un’ombra pesante
lungo il fondo della valle
centinaia di metri più giù
e fa tremare ancora molte creature.
Ci osserva dall’alto:
siamo un gregge violento.

Nessuna Tebe da salvare.
Non c’è adesso su questa terra una sola
muraglia per cui valga la pena dare la vita.
E il condor, mi chiedo
come un mangiatore di carogne
può arrivare così in alto.

***

Una voz antigua me responde
como si viniera de un canto del Inferno:
tal vez no imaginaste un diablo pensador.

Hace tiempo que no veo sangre,
siglos que no mato una mosca.
Debería volver a la sed,
a los golpes imperfectos del hacha.
Pero no me agrada la especie:
nuestro rebaño ilustrado.

Que vean los oxidados
todas aquellas cosas que hay que ver,
lo que aprendimos en los barcos,
lo que pensamos con el rostro metido
en la niebla de esta sopa.
Aprendí a ensamblar un mortero de combate,
lo recuerdo muy bien: placa base,
bípode y cañón,
en menos de un minuto queda listo
para escupir al cielo.
Aprendí que el enemigo
no debería respirar dos veces.

Nadé al sol, pensé en ella.
Me hundí y me dejé llevar
por las amapolas del agua.

***

Una voce antica mi risponde
come se venisse da un canto dell’Inferno:
forse non hai immaginato un diavolo pensatore.

È da tempo che non vedo sangue,
da secoli che non uccido una mosca.
Dovrei tornare alla sete,
ai colpi imperfetti dell’ascia.
Ma non mi piace la specie:
il nostro gregge illuminato.

Vedano quelli arrugginiti
tutte le cose che bisogna vedere,
quello che abbiamo imparato sulle navi,
quello che abbiamo pensato con il volto messo
nella nebbia di questa minestra.
Ho imparato ad assemblare un mortaio
[da combattimento,
lo ricordo molto bene: piastra base,
bipiede e canna,
in meno di un minuto è pronto
per sputare verso il cielo.
Ho imparato che il nemico
non dovrebbe respirare per due volte.

Ho nuotato al sole, ho pensato a lei.
Sono affondato e mi sono lasciato portare
dai papaveri dell’acqua.

***

Debería volver a la sed.
Llevo un sonido secreto y no puedo evitar
que retumbe en mi cabeza:
es el perro tomando agua.
Ando al sol, oigo al perro de la casa.
Sueño debajo de la vieja noche
con el ruido del agua lamida por el perro.
El chapoteo se interrumpe con el paso de un tren
y luego continúa:
slap, slap,
el perro, la sed,
un reloj aplaudiendo en el silencio.

Te vi llegar, eras tan turbia.
Te vi llegar.

Ahora pasa la sombra del cóndor,
el peso de la razón que todavía lo mantiene
atado a este mundo.

Silencio, bebedor.
Silencio.

***

Dovrei tornare alla sete.
Porto in me un suono segreto e non posso evitare
che mi rimbombi nella testa:
è il cane che beve l’acqua.
Vado al sole, sento il cane della casa.
Sogno sotto la vecchia notte
col rumore dell’acqua leccata dal cane.
Lo sciacquio s’interrompe col passaggio di un treno
e poi continua:
slap, slap,
il cane, la sete,
un orologio che applaude nel silenzio.

Ti ho vista arrivare, eri così torbida.
Ti ho vista arrivare.

Adesso passa l’ombra del condor,
il peso della ragione che lo mantiene ancora
legato a questo mondo.

Silenzio, bevitore.
Silenzio.

***

LA CAÍDA

Un hombre se derrumba.
Parece que busca rutas olvidadas, playas,
una siembra, en aquellas regiones perdidas
donde ya no gira más el sol.

Es imposible que yo mismo sea
el hombre que cae por la ventana.

Menos mal que se desplomó
desde su propia mirada
y que una roldana lo desliza
como si sujetara un piano,
mientras la tierra lo baja y lo baja
tensando la cuerda podrida
en un lento teatro de suspenso.

Menos mal que se deshoja
y revela su peso inusitado,
como un Cristo de Grünewald.

Imposible que yo sea el que salta del mundo
y %ota unos instantes sobre su propia risa.

El que vuela como volaría un árbol
arrancado por las tormentas
que lavan y deslavan el aire.

Es imposible que yo sea alguna vez
el hombre que cae por esa ventana,
tan extraño, tan nítido.

***

LA CADUTA

Un uomo precipita.
Sembra che cerchi strade dimenticate, spiagge,
una semina, in quelle regioni sperdute
dove ormai non gira più il sole.

È impossibile che io stesso sia
l’uomo che cade dalla finestra.

Meno male che è crollato
dal suo stesso sguardo
e che una carrucola lo fa scivolare
come se reggesse un piano,
mentre la terra lo cala e lo cala
tendendo la corda marcia
in un lento teatro di suspense.

Meno male che si sfoglia
e rivela il suo peso inconsueto,
come un Cristo di Grünewald.

Impossibile che io sia colui che salta dal mondo
e galleggia per un po’ sul suo stesso riso.

Colui che vola come volerebbe un albero
sradicato dalle tempeste
che lavano e dilavano l’aria.

È impossibile che io sia qualche volta
l’uomo che cade da quella !nestra,
così strano, così nitido.

(Traduzione di Emilio Coco)

Da Un cielo per le cose, Daniel Calabrese. La vita felice, 2022

Daniel Calabrese (Dolores, Argentina, 1962) ha ottenuto con il suo primo libro di poesia, La faz errante, il Premio Alfonsina. A esso sono seguiti: Futura ceniza (1994), Escritura en un ladrillo (1996), Singladuras (1997), Oxidario (Premio del Fondo Nazionale delle Arti, 2001) e Ruta Dos (2013 e 2017), a cui fu assegnato il Premio Rivista di Libri in Cile e che fu pubblicato nella collana “Visor” di Madrid, con una prefazione di Raúl Zurita. La traduzione italiana fu scelta tra le migliori opere straniere al Premio internazionale Camaiore. La sua opera più recente è Compás de espera (2022). Sono stati pubblicati libri e antologie della sua poesia in più di dieci Paesi e una parte della sua opera è stata tradotta in italiano, inglese, francese, portoghese, bulgaro, cinese e giapponese. È il fondatore e il direttore di «Ærea. Revista Hispanoamericana de Poesía», ed è membro del Consiglio internazionale della Fondazione Vicente Huidobro.

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