Paul Auster a Napoli: “L’unica cosa di cui mi occupo attivamente è di difendere uno scrittore o un poeta in difficoltà attraverso il Pen e continuare a scrivere”.
—
“I personaggi dei miei libri non sono marionette nelle mie mani, fanno progetti e io li ascolto, loro hanno una vita. A volte vorrei sapere cosa fanno oggi, spesso ho la sensazione che mi siano intorno e resteranno vivi anche dopo di me”. L’autore di ‘Trilogia di New York’ e del più recente ‘Sunset Park’, Paul Auster – oggi a Napoli per ritirare il Premio Napoli 2011 per la sezione Letteratura Straniera – spiega così la genesi dei suoi libri che sono spesso il risultato dell’osservazione profonda dell’animo umano e del mondo contemporaneo.
Lo scrittore newyorkese parlando con i giornalisti ha raccontato molto del suo universo di autore e di uomo attento al cinema e ai diritti umani e che pur vivendo nella modernità preferisce continuare a scrivere i suoi romanzi a mano e trascriverli su una vecchissima macchina per scrivere di cinquanta anni fa, non ha l’aiuto, né di un computer e neanche di un cellulare.
“Sunset Park” (Ed. Einaudi) è il suo ultimo lavoro letterario che racconta la storia di un giovane, Miles Herrer,
che distaccatosi volontariamente dalla famiglia newyorkese dopo la morte del fratello, decide di tornare a casa per vivere da squatter in una casa di Brooklyn insieme ad altri ragazzi. La storia di Miles non è solo il racconto di un “figiol prodigo” ma è anche il mezzo per affrontare temi difficili come l’amore, la morte, la crisi economica, e focalizzare l’attenzione su una generazione che sembra ormai trovare risposte solo negli
indignados.
“C’è un capitolo del mio libro – spiega Auster – in cui spiego la figura di uno dei protagonisti, lo definisco
‘guerriero dell’indignazione’ ovvero un ragazzo che sogna un mondo nuovo sulle ceneri di quello vecchio, che non crede nell’azione politica. In fondo questi giovani che stanno occupando le piazze di tutto il mondo sono proprio così, soffrono la crisi economica e non vedono il futuro e piano piano si riprendono quello che spetta loro, nel mio libro per esempio occupano una casa abbandonata a Sunset Park”. “La crisi economica ormai è globale – aggiunge – come quella del ’29, forse dovremmo fermarci e pensare a nuove politiche da attuare nel futuro, ma sono solo uno scrittore e generalmente tutti gli artisti che hanno fatto politica poi hanno prodotto delle pessime cose”.
In “Sunset Park” Paul Auster elogia la letteratura, parla di libri, di autori e del Pen, Worldwide association of writers, che difende da decenni gli scrittori e i poeti in difficoltà magari perché arrestati dai regimi o soffocati dalla censura.
“La letteratura è in crisi – dice Auster – sarà certamente per l’innovazione tecnologica, per la crisi, per il mondo che cambia, l’unica cosa di cui mi occupo attivamente è di difendere uno scrittore o un poeta in difficoltà attraverso il Pen e continuare a scrivere”.
Durante il lungo incontro con i giornalisti non sono mancati accenni da parte di Paul Auster al presidente Obama, definito come un uomo “troppo per bene per fare politica”.
Infine Paul Auster ha voluto raccontare il suo rapporto con la letteratura italiana e in particolare con Ungaretti che durante l’adolescenza ha conosciuto a New York attraverso uno zio che ne era il traduttore. “Ungaretti all’epoca, negli anni sessanta era anziano – spiega Auster – non si prendeva molto sul serio,
mi chiedeva delle ragazze americane mentre io estasiato pensavo di essere davanti a uno dei maggiori scrittori del mondo.
Ungaretti è stato il mio primo approccio alla poesia contemporanea ma sono legato molto anche a Leopardi e domani andrò a fare omaggio alla sua tomba qui a Napoli”. Al momento lo scrittore newyorkese è impegnato a scrivere una sua biografia “incentrata – conclude – sui tanti posti in cui ho vissuto e sicuramente sulla figura di mia madre”.