E’ guerra tra due mostri sacri dell’arte britannica. David Hockney, protagonista di un’importante mostra alla Royal Academy of Arts di Londra che verrà inaugurata a fine mese, ha detto che Damien Hirst, al quale sarà dedicata una retrospettiva alla Tate Modern a partire da aprile 2012, farebbe meglio a creare da sé le sue opere e a non farle realizzare dai suoi assistenti.
Sui poster che promuovono la mostra di Hockney si legge: “Tutte le opere sono state create dall’artista stesso, personalmente”. Ed in un’intervista con la rivista Radio Times l’artista ha confermato che si tratta di una frecciata a Hirst, celebre per aver impiegato un team di assistenti per alcuni dei suoi quadri ‘a dischi’ perché, nelle sue stesse parole, non aveva “per niente voglia” di farli.
Hockney – che a 74 anni realizza ancora enormi tele di paesaggi ha appena ricevuto un’onorificenza dalla regina Elisabetta d’Inghilterra – ha dichiarato: “Credo rappresenti un insulto alle capacità ‘artigianali’ dell’artista, alla sua perizia”. E ha aggiunto: “Una volta dicevo che a scuola ti possono solo insegnare il metodo, non la poesia. Ma ora cercano di insegnati la poesia, non più il metodo”.
Secondo fonti giornalistiche sembra che molti dei quadri della mostra di Hockney siano stati dipinti dall’artista appositamente per l’esposizione, mentre le uniche novità della retrospettiva di Hirst alla Tate sarebbero state realizzate dai suoi assistenti, tra cui il tassidermista che ha lavorato ad opere celebri come il suo squalo in formalina. Il teschio in platino e diamanti dal titolo ‘For the Love of God’ venduto nel 2007 per 50 milioni di sterline, formerà il centro della mostra. Anche questo, è stato realizzato da altri, dalla gioielleria londinese Bentley & Skinner.
Nel 2007, parlando dei suoi dipinti ‘a dischi’, Hirst disse: “Appena ne vendevo uno, usavo i soldi per pagare chi me li faceva. Loro erano meglio di me. Io mi annoio, divento molto impaziente”.
Completamente diverso l’atteggiamento ‘artistico’ di Hockney che ha pensato a lungo se accettare o no la proposta della mostra londinese.
Le critiche di Hockney non sono però condivise da tutti gli artisti ed esperti d’arte. Michael Pantry, autore del libro ‘The Art of Not Making’ (L’arte del non fare), che ha notato come impiegare assistenti sia sempre stato di moda, a partire da Leonardo, Michelangelo e Rubens, fino ai più recenti Marcel Duchamp, Andy Warhol, Antony Gormley e Mark Wallinger.
credo che il pensiero è importante per chi lo vive entro se stesso, ma se si vuole comunicarlo ad altri è importante usare il linguaggio appropriato. l’arte se è manifestazione di pensiero ha una sola possibilità di comunicare la sua originalità ed efficacia. chi pensa ,fa arte per altri da sè,non può delegare ad altri la comunicazione ,pena la mistificazione o l’ibridazione del pensiero-arte,originale. chi sà fà e chi non sa insegna
ho sempre avuto voglia e curiosità di vedere le opere di Hockney ,dalle piscine ai disegni e alla sua straordinaria interpretazione di Caravaggio, ma non mi sposterei mai per andasre a vedere uno squalo imbalsamato o milioni di farfalle attaccate dagli assistenti di Hirst, sono opere che si raccontano ma che è inutile vedere. Questo concetto vale anche per i piccioni di Cattelan.
Una mostra di Hockney è una scoperta , quella di Hirst è scontata.