“La promessa della notte” di Renato Minore, Donzelli Editore (25,00 euro)
“La poesia si trova a essere investita di un ruolo fondamentale in questa melma di disvalori, che è quello di ricreare le connessioni vitali tra passato e futuro. La poesia riesce a conservare ‘quanto resta’ del senso dell’uomo nel momento in cui di quel senso dichiara l’irrecuperabile perdita. La poesia è ‘memoria’ nel senso più alto del termine”.
Sono definizioni e dichiarazioni come questa di Andrea Zanzotto, il grande poeta di Pieve di Soligo scomparso nell’ottobre scorso, che bastano a render questo libro di Renato Minore una lettura coinvolgente, sorprendente, una piccola miniera alla scoperta dell’oro della poesia, attraverso i tunnel che scava ogni poeta e che Minore percorre con ognuno di loro in queste sue interviste.
In realtà questi ventuno incontri raccolti in volume sono qualcosa di più dell’intervista cui siamo abituati oggi, sono appunto veri incontri che cercano di evitare l’aneddotica biografica come di avviluppare il poeta in un bozzolo di esegesi critiche, facendolo scomparire nel suo essere uomo e artista, che invece è l’obiettivo perseguito dal giornalista di antica scuola, che guarda al poeta un po’ “come a un ragno avviluppato nella tela che egli stesso ha prodotto, interrogato senza alcuna sistematicita’, soprattutto su critica e poesia, poesia e biografia, poesia e conoscenza” per arrivare al nocciolo della poetica di ognuno e del suo modo di ‘vivere’ la poesia.
Una ragnatela in cui anche il giornalista che, non si dimentichi, è scrittore e poeta lui stesso, non ha avuto timore di calarsi e restare impigliato, preparandosi con cura a conoscere sino in fondo, con studio e intensa frequentazione dell’opera, a ‘sentire’ quella poesia per poter incontrare quella persona, quel poeta. E il risultato è appunto una galleria di ritratti parlanti.
Ed ecco che la poesia “ti da’ una scossa, la speranza di una risposta, più che una risposta”, come dice Antonio Porta (la maggioranza delle grandi figure incontrate da Minore è scomparsa da più o meno tempo), che il poeta, per Mario Luzi, “è un diagnostico che, con lo sguardo improvviso, può centrare la sostanza ad altri negata” e la poesia quindi “serve a resettare e ridisegnare tutto l’insieme delle nostre capacità, che altrimenti verrebbero impiegate solo parzialmente” come spiega Valerio Magrelli. Ma la chiave è giustamente nell’incontro che chiude non a caso il libro, quello con la notte della conoscenza carica di speranze di Zanzotto, la sua “promessa della notte” che è diventato il titolo, “la maniglia per impugnare meglio il libro”, secondo la citazione di Wittgenstein che ricorda Minore.
Allora questo resoconto del volume potrebbe andare avanti citazione dopo citazione, spostandosi magari anche su tante curiosità (Edoardo Sanguineti che si dichiara “testardo” e non risparmia le sue frecciate a amici e colleghi, puntando per esempio il dito sul “poetese” di Giudici e Zanzotto, tanto che quest’ultimo lo lasciò fuori dalla sua antologia einaudiana di Poeti italiani del Novecento) passando dalla “famiglia, delizia
e trappola” di Attilio Bertolucci, “le visioni” di Alda Merini, “l’operosita”‘ di Roberto Roversi, “la vitalita”‘ di
Loi (ci sono qui anche i grandi poeti dialettali, da Buttitta a Pierro), la “candida furbizia” di Tonino Guerra,
“l’essenzialita’ tragica” di Amelia Rosselli, “l’intransigenza” di Franco Fortini, “le scelte dolorose e
necessarie” di Giovanni Raboni, la felicita’ di Porta “rubata i morsi dell’angoscia”, per usare alcune delle sintesi che Renato Minore elenca nella sua introduzione al libro.