Giornata Mondiale Contro il Razzismo, le poesie dei lettori

Oggi, 21 marzo 2012 – primo giorno di Primavera – è la Giornata Mondiale della Poesia, ma è anche la Giornata Mondiale Contro Qualsiasi Forma di Razzismo e di Discriminazione Razziale.
Per conservare e diffondere la memoria  del 21 marzo 1960 quando a Sharpeville (Sudafrica) la polizia aprì il fuoco uccidendo 70 manifestanti che protestavano pacificamente contro le leggi razziste emanate dal regime dell’apartheid, questo blog pubblica le poesie dei lettori (pervenute entro le 18:00 di martedi 20 marzo 2012 all’indirizzo Facebook: “Poesia, di Luigia Sorrentino“.)

Nella foto Nelson Mandela: primo presidente a essere eletto dopo la fine dell’apartheid nel suo Paese e premio Nobel per la pace nel 1993.

LE POESIE DEI LETTORI
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Luna di marzo
.
Non impedirmi l’ora dell’approdo,
tu che mi giudichi dall’inghippo di reclames
andate a segno. Vita, o mia vita tutta di fretta:
è solo mio questo ripostiglio di luce in fondo ai games,
e sono stanco, ti dico, di triturare e riciclare ferraglia
ed altre silhouettes. E’ unicamente mio il diaframma serale
al di qua d’ogni possibile nuvolaglia dirimpettaia,
al di qua d’ogni fragore e ciarliero sopravvivere.
O mia vita tutta strapazzata, lasciami lambire
una soglia di pace. Sogno ora camelie et similia
in profumi indisciplinati, imprevisti (che ne sai, tu,
strega dell’arrembaggio arrivista, dei silenzi e dei colori,
dei sospiri del vento nelle calde sere ferragostane?
Che ne sai, scalmanata a rincorrere utopie,
delle tranquille cene vespertine con l’amore al fianco?).
Dunque, non impedirmi questo ritorno. La casa, vedi,
è tutta un giaggiolo profumato, sembra
una grande donna innammorata. Ogni sera
vi distendo questo cuore deturpato dai comandi,
cresciuto di nascosto sotto i raggi complici
di una luna di marzo fedele e appassionata.
.
di Giuseppe Vetromile

E ogni cosa succede,
perché avrei potuto averti:
eravamo vicini senza saperlosenza mai pensarlo
per anni e anni
in tutti i mattini
e ogni cosa è rimasta al suo posto
e abbiamo vissuto così
non eravamo, semplicemente…
.

di Letizia Di Martino

Resto sospesa come un gabbiano
nell’azzurro della vita
a volte sferzata dal cielo in tumulto
ch’è un tutt’uno con il cuore.
Sorvolo l’oceano e cavalco tempeste
di allegra tristezza,
e quando qualcuno mormora ch’è finita
un’altra speranza mi soffoca,
un altro grido spezza l’amara
consapevolezza che un tumore
può portarti via
ma anche farti accorgere
dell’amore che c’è intorno.
.
di Rossana D’Ambrosio

dove lo porto stasera il tuo corpo di aria
con il vento che tira
con le mente che gira?
.
Hai capelli appena tagliati
che portano odore di bougainvillea e di lavanda
non ci credo nel’eternità, tantomeno in quella terrestre
c’è l’aria fredda fuori della finestra
c’è la campana della campagna
c’è il pomeriggio di metà d’aprile
ci sei anche tu-
un’altra strada da percorrere …
.
di Aqif Hysa

CDLIII
.
Dissero che era normale
farle scivolare ai margini della storia
senza più frutti da portare in grembo
senza più musica da dipingere sulla pelle
senza l’amore da scoprire tra le pagine di un libro
nell’inverno
ma solo col dolore da apparecchiare sulla carne.
.
Dissero ch’erano pazze
.
e infatti se le vedevi
sembrava non avessero più occhi
.
tanto bruciavano
.
per cogliere ogni attimo
di un vivere ormai lontano
.
mentre bruciavano
.
perché di loro tutto si spegnesse
perché per sempre sparissero
le ali sotto gli scialli
perché nessuno
provasse a camminare coi loro piedi
su strade ignote
per ascoltar la luna in fondo al mare
cantare una memoria antica
fatta di parole intorno a un cerchio
dove bruciare l’amarezza di un cammino
che come lupa ancora ulula al cancello.
.
Così dicevano. Che era normale.
Era tutto normale.
.
Per questo oggi
per quel poco che di loro in me rimane
accendo il fuoco
e mescolo qualche goccia di mare in un paiolo
aggiungo un refolo di vento
un ricciolo di lupa
e bagno le mie ossa.
.
Poi aspetto l’alba
[quella che loro non ne ebbero più una]
per raccogliere fiori dove qualcuno
meditò di bruciare quei pensieri
e ricercarne i passi
da riportare in questo nostro non saper di nuovo
.
dove andare.
.
di Anna Alessandrino

sai son cresciuto in una società
che buttava via i sogni, ma non nella differenziata

ne ho viste di bamboline truccarsi
e usare come rimmel una costola in avanzo
dal loro splendido corpo

sai son cresciuto in una società
che con i sogni lustrava le paciotti
e sotto le suole aveva neve
di cui non si può parlare ai bimbi

di Andrea Alfani

Medusa
.

Filtra dalla finestra,
lieve chiarore opalino.
Su pelle cesella l’aria,
gioiello di sudore.
Cela raffinati dettagli
penombra della stanza.

Stride un sonaglio
tra colonne del tempio
si staglia dea violata.

Oscuri amanti,
già ondeggiano tra lini
decorati di fiele.

di Stefania Mercatali

Era inverno. La neve accarezzava
corpi incerti / manichini oscillanti
incartati da divise intessute
con l’ortica dei campi secchi.

Era inverno. L’amore si smarriva
tra il filo spinato di recinti
agghiacciati dal terrore
e dal sibilo del vento di tramontana.

D’orrore profumava l’aria,
acida di canti striduli
pregna di grida d’infamia
dissacrante sterminio selvaggio.

Il sole era morto sul lastricato
viscido, inzaccherato da fradici
residui putrefatti, menzogneri
testimoni della vita.

Era Auschwitz. Era lì, stampato
in un vagone vecchio, il dolore
patito da mille e più uomini
profanati da oltraggi disumani,
nella memoria di mille e più
foto in bianco e nero.

Ho provato vergogna e ho pianto…

di Maria Rosaria Teni

ROMA CAPUT MUNDI
.
Cara Elena,
andare a ritroso
aux rebours, come te,
seguendo la via dantesca
immergersi nel Lete
e dimenticare le cene
gli aceti di vino (35 dl)
la noia quotidiana
il vuoto nell’anima.
.
E poi
con le mani piene d’acqua
del fiume Eunoè
placare il corpo
ripescando ricordi buoni
nella memoria
di un lontano ieri
quando
sul davanzale
di una finestra belgradese
un arcobaleno di sogni
avvolgeva Roma (non Parigi, Londra, New York)
quella di Moravia, Pasolini
presa dai libri e dalle canzoni
dai primi Caroselli
(Cera di Cupra del dott.Ciccarelli)
o dei “Poveri e Belli”
della Fontana di Trevi
assaporando in tutto ciò l’odore di mare
della Spalato diocleziana
di un’infanzia lontana
.
E poi
subito dopo
nel treno di II classe
panchine di legno
una valigia di cartone
patè di fegato Gavrilović, 2 kg d’arance
Belgrado Trieste Roma
viaggio notturno
ultima fermata Stazione Termini
scintillante brulicante di gente.
.
L’impatto reale
una strana sensazione
di un mondo nuovo
fuori dall’ immaginario virtuale
la tanto sognata caput mundi
l’universo infinito
della capitale
.
Affacciata alla finestra di una camera in affitto
sopra un distributore di benzina
ammiravo il Tevere serpeggiare.
il primo pensiero
strano
fu l’odore del carburante nell’aria
di questa città del futuro
e non più quello solito
che sapeva di natura e di mare
.
In un ritmo sfrenato
da una chiesa all’altra
da un quartiere all’altro
attraversare i ponti
seguendo il serpeggiare del fiume
e le facciate dei palazzi
sontuosi ed alti
attorniati dalle piazze strade viali
fontane ponti segreti parchi
con frutteti di limone
una magia di racconti
brulichio di gente nei mercati
Porta Portese
Pincio
passeggiate domenicali in Villa borghese
Piazza del Popolo e ricordi di Crnjanski
lunghe camminate
scoperte piene di simboli
e racconti trasmessi del passato.
.
Ripercorrere, come in un film, le scale
di Piazza di Spagna
intrufolarsi in via Condotti
negozi vetrine scarpe a spillo
il loro ticchettio per le strade
ammirare le donne profumate
leggermente truccate
snellissime bionde ed alte
diverse da quelle
di vite concrete reali
vite squallide quotidiane
.
Ammutolire dalla felicità
scoprendo via Margutta
la via dell’arte e delle muse sognanti
o delle giovani “arrabbiate” libere di amare.

.

In quel momento
un branco di ragazzi romani
minacciosi
prende di mira
il mio cappotto invernale
ridacchiando di me
simile ad un orso siberiano
venuto dalla parte dell’Est orientale.
.
E poi
.
molto piu’tardi
Roma piena di fasti
ed io agghindata alla pari
nel centro di una vita apparente
tra un sorriso e l’altro
captavo nell’aria
l’odore di benzina di quel primo giorno romano
e il disprezzo della gente del branco
in via Margutta
di quel periodo lontano.
.
Da un terazzo romano
“Roma non fare la stupida stasera…”
osservavo i tetti e i campanili
e col cuore abbracciavo
la Roma capoccia
caput mundi sognato
di quel tempo lontano

Bojana Bratić

Meth Sambiase sceglie, invece, una poesia di Raùl Rivero Castaneda, poeta cubano, firmatario della “Lettera dei Dieci” e da allora censurato e perseguitato.

Rimedio
.
La notte è una macchia quasi eterna.
Io distribuisco tutta
la solitudine del mondo.
Mi salvo
facendo un cigno d’ombra sulla parete
e raccontandogli la vita di Rubén Dario.
Subito dopo il poeta ci regala
un’alba d’oro.
.

di Raùl Rivero Castaneda

8 pensieri su “Giornata Mondiale Contro il Razzismo, le poesie dei lettori

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