Giorgio Galli, Charles Baudelaire (prima rilettura)

Riletture, di Giorgio Galli
a cura di Luigia Sorrentino

Baudelaire, Profumo esotico
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Una delle cose che mi affascinano, di Baudelaire, è che possiede il dono del vero poeta di usare termini di per sé generici, superficiali, banali e di ridar loro vita grazie a un contesto che li ripoetizza: “affascinante”, “suggestivo”, “cielo”, “ideale”… Come accade che queste parole, che in una mia poesia costringerebbero il censore a lavorare di matita rossa e blu, qui evochino sensazioni vellutate o eccitino a rapinose ebrietà? Ecco, io credo sia per merito d’una intuizione profonda delle radici, della potenza e dei limiti del linguaggio: che non esprime le cose, ma esprime i rapporti fra le cose, ed ha una propria musica. La parola di Baudelaire ricerca costantemente la musica, è musicalissima.

Che la poesia sia nata in coppia con la musica è cosa risaputa. E’ risaputo anche che la musica ha più potere della parola nell’esprimere sensazioni, emozioni, suggestioni. La parola le suggerisce più che scatenarle. Nessuna descrizione d’un brano musicale potrà eguagliarne l’ascolto. Ma, in senso stretto, la parola non è buona a “descrivere” alcunché: nessuna descrizione d’una porta avrà mai la violenta evidenza di una fotografia della stessa. Il linguaggio verbale lascia moltissimo lavoro all’immaginazione: questo è il suo limite e questo il suo punto di forza. Fallisce quando cerca di esprimere una realtà in modo diretto, ma è incomparabile nell’istituire una realtà sua propria, di cui delinea elementi e relazioni.

Elementi e relazioni. Francesco Bacone diceva che il “nuovo” e il “bizzarro” nell’arte nascono dai rapporti fra gli elementi, mentre i singoli elementi possono andare banali.

Baudelaire sembra chiamare a raccolta tutte le forze della Poesia perché lo aiutino a superare i limiti della parola semantica: la musica (Armonia della sera, Invito al viaggio), la parola-evocazione e proverbio (Il cattivo Frate), le insolite combinazioni di parole, e il “ricollocare” parole comuni in un contesto che le rende nuove. Il dosaggio è talmente perfetto che, in questa poesia, un verso come “Guidato dal tuo odore verso climi affascinanti”, che di per sé vuol dire poco e sembra quasi da canzone, diventa luminosamente, tiepidamente ammaliatore. Io trovo che nessuna delle “visioni” contenute in questa poesia sia d’un fascino particolare; ma che, nella combinazione in cui vengono presentate, c’immergono in un mondo di sensazioni visive, tattili, olfattive in cui immancabilmente ci perdiamo. C’è la caratteristica combinazione baudelairiana di una potenza immaginativa senza pari e d’un sovrano realismo. Con uno straordinario effetto cinestesico, Baudelaire ci fa “sentire” il profumo attraverso le altre sensazioni ch’esso suscita: il calore dei “climi affascinanti”, la luminosità del porto…

(Giorgio Galli)

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Profumo esotico, di Charles Baudelaire
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Quando, con gli occhi chiusi, in una calda
sera d’autunno, del tuo ardente seno
il profumo respiro, vedo svolgersi
rive felici che, con le sue fiamme,
un monotono sole lento abbaglia;
un’isola indolente ove creato
ha la natura alberi strani e frutti
saporiti; ove gli uomini hanno il corpo
snello e forte; ove l’occhio delle donne
per la sua schietta luce meraviglia.
Guidato dal tuo odore verso climi
affascinanti, vedo un porto fitto
d’alberi e vele ancora affaticate
dal fluttuare dei marosi, mentre
il profumo dei verdi tamarindi
che circola nell’aria e che mi gonfia
le nari, dentro l’anima si mischia
con il canto, laggiù, dei marinai.

(traduzione: Luigi de Nardis)

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