Nello scaffale, Pollo alle prugne
di Marjane Satrapi
a cura di Luigia Sorrentino
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Marjane Satrapi. La Graphic Novel
di Nadia Agustoni
Nota per il libro “Persepolis” (2002) da cui ha tratto il film d’animazione co-diretto con Vincent Paronnaud, Marjane Satrapi disegnatrice iraniana nata nel 1969 ci dà con “Pollo alle prugne” la sua terza opera a fumetti. Già con ” Taglia e cuci” (2003) proseguiva il suo racconto della vita in Iran offrendoci una visione di interni di un’ilarità un po’ forzata, e aggiungo giocoforza, visto che il rapporto uomo donna ne è il fulcro e non è agevole parlarne tenendo conto della complessità di una società che ha attraversato decenni di sconvolgimenti politici. “Pollo alle prugne” Sperling & Kupfer 2009, è la graphic novel più intensa di Satrapi. Apparentemente una storia intimista su un musicista che sentendosi tradito da tutti si lascia morire, ma la storia costruita con sapienti flash back ci racconta l’Iran degli anni Cinquanta con le sue sfaccettature politiche, religiose ed economiche.
Nasser Ali Khan è un famoso musicista di Tar(*) in crisi dopo che la moglie durante un litigio gli ha spezzato lo strumento con cui suona, dono del suo antico maestro. Pur tentando di trovarne uno equivalente e riuscendo infine a sostituirlo, a un certo punto rinuncia a suonare e in preda a rimpianti per un amore mai raggiunto e per una vita che pensa gli sia stata sottratta, si lascia morire.
La settimana che lo separa dalla morte imminente, assume connotazioni di una malinconia che è abbandono al destino. Satrapi, giocando con i ricordi dell’uomo, apre squarci sull’attualità di quel decennio ricordando che il paese aveva attraversato pochi anni prima un colpo di stato e le opposizioni politiche erano perseguitate.
Leggendo specularmente Satrapi e un’autrice la cui opera prima è del 1953, la poeta e cineasta Forugh Farrokhzah (1), intuiamo che sotto l’apparenza di perbenismo e buon senso di quegli anni si muovevano forti passioni e che solo parole decise, per i tempi troppo inusuali per essere perdonate, potevano evocare i cambiamenti che le coscienze più sveglie auspicavano. Non sarà così per il protagonista di questa graphic novel che dalla memoria non trova via di fuga e anche trasformando immagini e parole in note musicali non sa poi dargli la voce necessaria per liberarsi interiormente, così che troppe cose non si salvano, dall’impegno politico del fratello che gli appare mera vanità, al carattere dei propri figli e nel naufragio generale solo il polo mistico rappresentato dalla madre gli apre uno spiraglio che subito si chiude perché richiederebbe una ulteriore spoliazione, una rinuncia all’offesa dei ricordi.
Più deciso qui il disegno di Marjane Satrapi, segno di una maturazione anche sul piano tecnico. La storia articolata su diversi piani porta in evidenza l’epoca mostrando la complessità di una cultura che era sì vincolante per gli individui, ma lasciava loro comunque uno spazio di ribellione e immaginazione che trova tutt’ora nei mistici sufi la parola viva che è mancata invece alla politica. L’autrice ormai esule in Francia ha vinto con questo libro il primo premio al Festival internazionale di Angoulême.
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Note
* Tar = tradizionale strumento a fiato iraniano
1) Forugh Farrokhzah, in Crediamo all’inizio della stagione fredda “Archivio della poesia del ‘900″ 2006, è riportato uno stralcio [pag. 9] probabilmente da un’intervista alla poeta, che ne definisce il carattere; parole che non stonerebbero in bocca al protagonista di questa graphic novel: ” Poeta significa essere un essere umano” e come tale non ci si può comportare come quelle ” persone che nella vita quotidiana non hanno alcun rapporto con la poesia, cioè sono dei poeti solo quando scrivono poesie, poi tutto finisce e tornano ad essere persone bramose, golose, tiranne, chiuse di mente, misere, gelose e infime.”
Scusate la pignoleria, ma il tar non è uno strumento a percussione. È un liuto, e come tale è ovviamente parente del si-tar indiano e della gui-tar spagnola.
Nella versione cinematografica dell’opera (di cui qui stranamente non si fa menzione)viene sostituita con un violino, che è uno strumento (comunque a corda) più digeribile dai lettori/spettatori occidentali.
Vista l’importanza dello strumento per il racconto della Satrapi, è davvero strano questo errore. Le percussioni sono sì importanti, nell’economia della musica iraniana, ma il prestigio in Iran di un grande suonatore di tar è paragonabile a quello di un grande violinista in Occidente. Come è possibile leggere la storia della Satrapi senza rendersene conto?
Gentile signor Barbieri,
lo dice lei stesso che la sua è una ‘pignoleria’. Non si meravigli, non si ‘estranei’, allora.
Nel caso specifico credo non si tratti di un ‘errore’, – ma su questo le risponderà l’autrice della breve recensione – anche perché qualsiasi desiderio di comprensione ‘da qui’ (siamo in Occidente) è di per se stesso ammirevole.
Nessuna pignoleria, è un errore mio dovuto a stanchezza, un vuoto, passato non so come e me ne scuso. Anche perché del tipo di strumento a corde ci si rende conto nel fumetto. La recensione qui presente non riguarda invece il film che richiederebbe una segnalazione a parte.
Prego Luigia Sorrentino di correggere togliendo “a percussione”.
Buona giornata.