Opere Inedite
a cura di Luigia Sorrentino
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“Negli ultimi testi scritti, spesso scompare l’io della giovinezza, che è la parte più intima, ma forse anche dal punto di vista poetico la parte più debole e più fragile, per lasciare spazio al noi, come condizione universale. Nelle nuove poesie cerco di riflettere di più sul senso dell’esistenza più che sull’amore fine a se stesso e riducibile alla presenza o assenza della persona amata. Mi sono accorto che il poeta, nella sua luce particolare di descrivere e di vedere le cose, ha più sensibilità degli altri, ma questo spesso diventa anche un triste dono e presagio datogli, perché non può non vedere e non conoscere a fondo il dolore e la lacerazione del mondo attuale, dove vengono propinati come valori dai mass media il guadagno e il successo economico, la sacralità della merce, del consumismo e dell’apparire, che in realtà sono solo disvalori. Le parole e i versi cercano quindi di difendere quanto più possibile il valore dell’etica dell’anima e della sacralità dei sentimenti. Tuttavia, questa frattura attualmente non si può ricomporre e l’unico conforto possibile in alcune poesie è la solidarietà,il perdono, gli affetti o il ricordo, ma soprattutto la luce e l’azzurro di Dio, la bellezza eterna del cosmo, che, come un varco di montaliana memoria, spesso però il poeta non riesce a percepire a vedere a lungo, perché non ha gli strumenti per capire il tutto. Pur non potendosi opporre con la parole alla brevità dell’esistenza, la sua voce diventa però una illusione di eternità, che, seppure illusione, è un modo per avvicinarsi alla felicità divina, perché Dio non può non volere il bene dell’uomo.”
di Andrea Pergolini
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UN GIORNO
Un giorno ci siamo svegliati
e non avevamo più nulla,
soltanto il sole che si affacciava
alla veranda dei ricordi.
Più volte abbiamo provato
a spegnerci dentro,
ma poi ci siamo affidati alla luce,
al canto discordante della natura,
tra i cinguettii inconsapevoli delle rondini
e le voci malate e disperate dei poveri.
Non sempre troviamo le porte aperte,
è un ricorrere e migrare di volta in volta
nelle stagioni morte dell’anima
e nei vivi pensieri del tempo,
sperando che ogni giorno
ritorni un raggio, una calda vibrazione
ad asciugare la pioggia invernale
e la polvere dei gerani appassiti,
piegati perché non hanno aspettato
una carezza e una speranza di vento.
Anche noi ci stiamo accartocciando,
ma dobbiamo sforzarci ad aprire le foglie del corpo
alla linfa dell’universo, che ci immergerà
nell’eterna fontana del movimento.
*
A VOLTE
.
A volte mi sento scomposto
pensando alle tue lontane parole,
come quando vedevo
la cenere del cielo
farsi fusti di spine
e la notte guaire tra tuoni maestosi
e accenti di malinconica rabbia.
Non riconoscevamo neanche la polvere
levata dal vento d’opaca bufera.
Ora neanche sappiamo spiegare
il nostro segreto mistero,
come la vita di tutti.
Ci affacciamo allo stesso marciapiede,
ma a chi la strada regala doni e incontri,
a chi sassi come inciampo e malaugurio,
inesaudite profezie.
Allora tu ascoltami.
Non lasciare un’altra impronta
umida e mobile nella sabbia,
ma imprimila nella creta del destino,
senza farla sfaldare dalla pioggia
che inonda i nostri piedi traballanti,
nel passato tronchi robusti,
ora candele di cera.
*
CHE COSA E’ SUCCESSO
Che cosa è successo,
che cosa si è rotto
in questo mondo senza sentire.
Che cosa si è lacerato
nel fazzoletto dell’ordine primordiale,
dove crediamo universo
acquistare, mostrare, gettare,
sprecare, vincere, schiacciare.
Che cosa abbiamo perso
o abbiamo distorto
della luce turchese di Dio.
Che cosa ci rende
alteri e spavaldi
se lasceremo solo scontri
e una natura abbruttita e abbrunata,
un pugno di comprabili piaceri
e di miserabili orgogli
nella permanente connessione globale.
Che cosa capiamo,
che cosa si è spezzato,
che cosa resterà
di questo groviglio corrotto,
di questa corda armonica piegata,
frustata, spaccata, strozzata
ferita nei nodi sgozzati.
*
SIAMO QUELLO CHE NON SIAMO
.
Perché ti scandalizzi
‘E sempre notte e giorno
e sempre siamo
quello che non siamo:
un cartoccio di foglie svilite
uno spruzzo di sangue consumato
giostre di piccoli teatranti
un incrocio di anime vaganti
che s’incontrano e svaniscono
in un bosco di penombra,
di qui di là, di su di giù.
Più volte siamo morti
Più volte hanno tentato
di ucciderci,
con parole senza peso.
Più volte abbiamo smarrito
la via e la commedia
resta in noi.
*
NON HO VERITA’
.
Io non ho verità
ma non nascondo le parole.
E tu? Tu che ne sai
se poeta sono o non sono.
Non sei anche tu
una piccola pulce
nel nero del cosmo
che ogni tanto dona
l’azzurro brillante di Dio
un fiore che lotta
contro insetti mordaci
nel deserto tagliente e rovente della vita?
Piccola pulce non sei?
Quali sono le tue verità?
Arroganza, terrore, pudore
dolore, ardore, giudizio tagliente e avventato
ma polvere le tue opinioni infondate
nella storia dell’universo.
Pensiero puro sei.
Cellula pulsante e viva,
poi cancellata
e mucchio di cenere.
Pensiero e ricordo in eterno
se dai pregiudizi sei libero.
*
NON SIAMO RIUSCITI
.
Non siamo riusciti
a stendere vele più larghe
di quelle degli avi.
Non possiamo raccogliere i semi
gettati al vento
dalle ombre vaganti dei cari
che hanno lavorato con la fronte sudata.
Abbiamo costruito una barca
che trema e barcolla
tra crisi, crack e default
e a riva resta arenata.
Non siamo riusciti
a fissare salde radici,
a non perderci
nel caos continuo
di flussi e riflussi.
In un paese bloccato
dai vizi di forma
non ci hanno dato
la possibilità di crescere
senza dubbiosi macigni.
Svegliatevi, indignatevi
e sarà possibile
un viaggio a vele spiegate.
*
VERBENE
.
Ci sono ferite lontane
e inganni taciuti,
tanti sentire, sognare e morire continui
nel profondo dell’anima,
ma quando vediamo che il sole
sul balcone si spande di rosa
su verbene, lavanda e gelsomini,
momenti di splendore
e nuvole di piombo scure,
allora capiamo che buio e luce
sono solo contrasti dell’universo tutto,
della lotta perenne tra
santità e peccato, sanità e malattia
e lentamente nel nostro sfiorire
riviviamo a poco a poco.
*
IL CIELO STELLATO
.
Non pensavo
che il cielo estivo fosse così terso e stellato,
perché non guardiamo mai
gli astri e i pianeti,
perché non ci allontaniamo
mai dai lampioni della città.
.
Non pensavo
che questo vento di giugno
tra le grandi querce
fosse un dono di Dio,
una carezza di chi ci ha lasciato
perché non ascoltiamo
madre natura e i suoi figli.
.
Anche tu forse pensavi
che la mia mano fosse una carezza,
quando sei partito
a metà di settembre
in un letto afoso d’ospedale.
Anche io forse ho ascoltato
madre natura e i suoi figli.
*
BARCA SULL’OCEANO
.
Potresti ascoltare
tintinnare argenteo,
fruscii e culle di mare,
attraversare navi di speranza
senza soffi arroganti di vento
e voci spaurite di silenzio.
.
Potresti osservare di più
questi tranci di vita sdoppiati,
diventati schiuma di fronte all’oceano.
.
Potresti non ricordare
quello che ci siamo detti
e cancellare in partenza
col tuo deleterio pensiero
un viaggio in realtà mai finito.
.
Potresti almeno
risalire sulla barca
e cominciare a guidare
il timone arrugginito
della nostra esistenza
fino al tramonto.
*
BREZZA
.
A volte verso mezzogiorno torniamo ancora qui
dove la brezza cristallina e l’iride del mare
ricordano il lieto vivere,
ma fioca la luce e una nube vicina
cancellano i raggi esangui del sole appannato
in questa scatola del pianeta
dagli inappagati desideri
dove il cerchio non si chiude mai perfetto.
FINE ESTATE
Perché baciamo il mare
che si allontana,
gli consegniamo i doni dell’estate
come gusci di conchiglie
in un incrocio di fredde mani.
Vicino cigolìo d’aratro
presagio d’autunno,
nuvole di piombo
chiuderanno d’argento
le nostre anime
nelle residenze invernali,
senza spegnere dentro
il calore cardiaco.
Se le foglie si stracciano,
se la mia e la tua linfa
dormono e germogliano,
se il ciclo della vita
scorre di nuovo.
*
ATTESA
.
Il sole che riverbera
sul vetro del parabrezza
il vociare dei ferrovieri
lo sferragliare del treno
e lo scalpellino degli operai
si legano a una tiepida estate
in questo grigio parcheggio di stazione
ma inesorabile arriva fulmineo un momento
a bloccare la nostra attesa e la nostra corsa.
Siamo ancora qui ad aspettare un’altra barca
scolorita e cementata d’autunno,
foglie marce, ingiallite, verdi e fragili virgulti
bastoni senza terra e senza radici
che cantano come cicale ubriache
cadute a terra impazzite
o restano zanzare appese
che moriranno stridenti
ai primi freddi pedemontani.
VENTO D’AGOSTO
In un momento il vento d’agosto
ha spento la fiamma azzurra
della candela annerita sul tavolo
e un’altra vita trema e crolla
un’altra chissà dove nasce.
Nel cielo afoso e annoiato
molti credono una stella cadente
felice augurio e speranza,
ma non è che un altro ricordo
della precarietà incessante del cosmo.
Chissà dove troveremo la meta.
*
DICEMBRE
.
Io non vorrei
che questo freddo
ogni fiocco di neve
colpissero tutto il tuo essere
e incatenassero
la libertà di evadere
che hai da sempre
dalle terre e dalla città crudeli
che non riconosci.
Non vorrei.
Io vorrei solo
che la neve
penetrasse la tua mente,
aprendoti l’infanzia
i pini incantati
e gli inverni vissuti
con chi ora
per sempre è
gelo,
rendendolo caldo
coi gesti delle braccia
e i premurosi pensieri,
stringere i vivi
anche un istante
in questo impervio
ghiacciato sentiero.
.
Vorrei
ma è tutto il tuo essere
che diventa marmo
e si impietrisce,
che non sa arrestare
questo scorrere
delle nubi violente
che fermano il giorno
in una bufera del cuore.
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Autopresentazione
Andrea Pergolini è nato a Fossombrone (PU) nel 1974.
Si è laureato in Lettere Classiche all’Università di Urbino. Ha studiato poi a Macerata, dove ha conseguito l’abilitazione per l’insegnamento di materie letterarie, latino e greco e anche il diploma di sostegno per gli alunni diversamente abili.
Ha insegnato lettere e latino in diversi licei delle province di Pesaro e di Ancona. Ha conseguito diversi master e corsi di perfezionamento in didattica della letteratura italiana e didattica generale.
Ha pubblicato una silloge poetica, “Fiori dell’essere” , con Aletti Editore nel 2011. Ha già presentato il suo libro alla Biblioteca del Seminario di Senigallia (AN), nell’ambito della rassegna Righe/Righi d’autore e alla Casa Museo Quadreria Cesarini di Fossombrone (PU). Alcuni suoi testi sono stati letti e recitati alla rassegna culturale Trivio e Quadrivio 2012 di Maiolati Spontini (AN) dagli artisti Mauro Pierfederici e il soprano Lucia Fiori.
Attualmente è titolare di cattedra di Lettere e Latino al Liceo Scientifico Statale “Leonardo da Vinci” di Jesi (AN) e sta preparando una nuova raccolta in versi.