E’ lo scrittore e musicista Marco Rovelli, l’ospite di Luigia Sorrentino a “Notti d’autore” il programma di Rai Radio 1 in onda giovedì 13 giugno 2013 alle 0:30. Nato a Massa, in Toscana, nel 1969, vive e lavora a Milano dove insegna Storia e Filosofia nelle scuole secondarie.
Marco Rovelli racconta le storie di individui incontrati all’ “altezza degli occhi”, come preferisce dire. Scrive “narrazioni dal vivo” cioè non lavora solo con lo sguardo, ma anche su fonti e materiali che contribuiscono a orientare lo sguardo, che lo portano a porsi le giuste domande. Compie dei viaggi a tappe, entra nella vita delle persone che incontra, definendo anche il contesto storico-sociale nel quale la “storia” che racconterà ha avuto origine.
L’AUDIO INTERVISTA A MARCO ROVELLI di Luigia Sorrentino
In uno dei suoi primi libri, “Lager Italiani”, uscito nel 2006, Marco Rovelli racconta dei Centri di permanenza Temporanea, da Lampedusa a Milano, i cosiddetti CPT, (ndr. Centri di identificazione e di espulsione) e le storie di coloro che li hanno vissuti da reclusi, i clandestini, che lo scrittore analizza da punto di vista politico e filosofico nel solco di fondamentali studi compiuti da Hannah Arendt e Giorgio Agamben.
Marco Rovelli oltre ad essere uno scrittore è un affermato musicista. Ha fatto parte dal 2001 al 2006 di Les Anarchistes, un gruppo di musicisti con il quale ha vinto il premio Ciampi nel 2002 per il miglior cd d’esordio; nel 2009 ha pubblicato il cd solista libertAria, per cui ha avuto il premio Fuori dal controllo al Meeting delle etichette indipendenti.
Nel 2012 è uscito il romanzo “La parte del fuoco”, che ha come sotto-testo “erranti erotici eretici”. Qui Rovelli adotta uno strumento estremo nella narrazione, la seconda persona singolare, rivolgendosi al lettore dandogli del “tu” per ascoltare più profondamente.
Quest’anno uscirà il romanzo biografico scritto da Marco Rovelli con Moni Ovadia dal titolo “La meravigliosa vita di Jovica Jovic” maestro fisarmonicista.
Rovelli, un “apostolo” teso ad ascoltare la sofferenza degli emarginati, a riportare alla luce la loro esistenza annegata nella indifferenza più assoluta, in cui è negata loro non solo e non tanto l’accoglienza ma in assoluto l’ascolto, perché chi ascolta e guarda negli occhi colui che c’è ma è negato, difficilmente poi può ritrarsi nell’indifferenza quo ante. Dico un apostolo ma potrei dire anche un messia, poiché tutte le sue energie (narratore, poeta, musicista, cantante), Rovelli le impegna a rivelare la presenza degli emarginati, di cui, nel mondo di oggi, gli immigrati sono la parte più rappresentata e quasi emblematica della nuova ingiustizia (razzismo sociale).
La cosa piu’ facile e’ denunciare, poi si finisce come Rimbaud a vendere armi e caffe’ in Abissinia, in Etiopia e si muore a Marseille guardando negli occhi la sorella amica.
Aiutare e’ la cosa piu’ difficile, implica l’annientamento di ogni egoismo personale. I giovani dissocupati italiani possono aiutare i “migranti” a raccogliere la frutta, a mostrare loro che la vita quotidiana dei giovani in Italia non corrisponde alle loro illusioni, ad un immaginario creato da mafiosi senza scrupoli. I giornalisti dovrebbero informarli ed incitarli a rimanere e lavorare nel luogo dove sono nati. La piu’ gran parte degli italiani partiti con un biglietto di andata sono morti all’estero in condizioni atroci e nessuno ne ha parlato o ne parla per ipocrisia, per vergogna dell’insuccesso. “Le salaire de la peur” mostra il destino di un italiano in Venezuela. I giornali italiani hanno cestinato articoli inviati dagli Stati Uniti dal 1950. Comunque non si puo’ uccidere la generosita’!