Arte e Poesia
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LA FASCINAZIONE DEL GIOCO TEATRALE TRA CHI GUARDA E CHI E’ OSSERVATO presente in Paolini per un dialogo senza fine tra l’artista e la sua opera
di Silvana Lazzarino
L’universo espressivo dell’arte teso e sospeso tra visibile e invisibile, definito e indefinito si manifesta nel percorso creativo di Giulio Paolini, artista fra i più rappresentativi del panorama artistico italiano e internazionale per il suo costante proporsi quale autore partecipe e critico della sua stessa opera in ostante divenire tra il prima e il dopo, conservando sempre quell’atteggiamento di stupore e sorpresa con cui affascinare lo spettatore con cui egli stesso si immedesima.
Genovese, residente a Torino, Giulio Paolini (1940) ha sempre saputo guardare e far propri i molteplici segnali di rinnovamento proposti dall’arte italiana a partire dagli anni Sessanta, in particolare con l’Arte Povera e il movimento Concettuale. Prendendo le mosse dallo stile e dal messaggio proposto proprio dall’Arte Concettuale rielaborato con specifiche modalità espressive, Paolini sperimenta un’idea di arte quale forma assoluta di entità da contemplare e da cui trarre spunto in un gioco introspettivo dove perdersi e ritrovarsi. Ecco allora l’arte quale forma di riproduzione e rappresentazione che fa riferimento ad un linguaggio introspettivo nel toccare il concetto di doppio quale manifestazione illusoria della visione prospettica. L’aspetto illusorio, sintetizzato da elementi teatrali e da effetti simbolici legati al mito e alla classicità è presente in molti lavorii in cui si avvertono frammentazioni e dispersioni a suggerire un effetto evocativo: dispersione e sovrapposizione nelle opere come se ad agire fosse una forza centrifuga e centripeta. L’aspetto illusorio, il concetto di doppio, l’effetto evocativo diventano presenze cosanti nella sua opera indagata nel suo farsi e disfarsi, nel suo possibile manifestarsi. Paolini nel suo percorso guarda in particolare al rapporto tra l’autore e l’opera d’arte, rapporto che egli indaga per riflettere sul significato del proprio ruolo o non ruolo, nel dare forma alla stessa opera nel suo atto di manifestarsi.
Attraverso un linguaggio eclettico che passa dal disegno alla fotografia, dall’uso del calco di gesso all’installazione fino alle formulazioni del video, l’opera d’arte diviene strumento di definizione di un nuovo modo di porsi come creatore della stessa, ma soprattutto come spettatore perché egli stesso ne è parte anche dopo la sua realizzazione, che spesso sembra non avere fine.
Questo aspetto, così centrale nella sua poetica, in cui si valorizza il rapporto opera/autore, ma anche di conseguenza opera/spettatore, è affrontato con richiami alla classicità e al metalinguaggio del contemporaneo nella suggestiva esposizione in corso al Macro di Via Nizza aperta dal 29 novembre 2013 al 9 marzo 2014.
Giulio Paolini Essere o non essere questo il titolo della mostra, curata da Bartolomeo Pietromarchi e prodotta con la Whitechapel Gallery di Londra, presenta quattordici opere tra installazioni e collage, realizzate dall’artista tra il 1987 e il 2013 tra cui un nuovo lavoro appositamente pensato per il museo. Attraversando le cinque stanze della Sala Bianca del Museo il visitatore è proiettato entro questa sinergia di riflessi, rimandi tra l’opera e l’artista in cui determinanti sono gli assemblaggi dei materiali usati e la loro giustapposizione a suggerire un processo di farsi e disfarsi, perché si è come avvolti visivamente e fisicamente in un contesto di causa ed effetto dove tutto può accadere. Così lo spettatore si riflette nell’opera dell’autore in tutte le sue parti e sfaccettature e l’autore/artista diventa spettatore. In ogni opera l’autore è presente e partecipe sia direttamente, sia indirettamente: elementi della sua presenza sono dati da riproduzioni di un ipotetico studio dove si da forma alla creazione, o di situazioni in cui riscoprire gestualità nel disegnare e nel guardare chi compie tale gesto. Dall’enigmatico autoritratto Delfo IV (1997) che presenta l’immagine dell’artista affacciato al balcone della sua abitazione inserita in un ingrandimento della stessa fotografia, in corrispondenza dell’inquadratura della finestra, si procede poi entrando nello spazio indefinito e infinito di Big bang (1997-1998) dove tutto è accaduto, ma ancora tutto può accadere: una sorta di studiolo creato da una sedia, alcune tele preparate, due cubi di plexiglas sovrapposti e vari elementi sparsi in terra tra fogli di appunti, disegni e frammenti di immagini per suggerire l’idea dell’artista nel suo operare. Poi è la volta delle installazioni Immacolata concezione, Senza titolo/Senza autore (2007-2008) in cui, attraverso una elaborata struttura di volumi di plexiglas con riflessa una fotografia scontornata dell’autore/artista inginocchiato, è messo in scena il rapporto tra l’autore e l’opera che sta per nascere.
Di forte impatto visivo ed emotivo è Essere o non essere (1994-1995) che si compone di una scacchiera di tele disposta sul pavimento, orientate al recto o al verso, a circondare una fotografia di due figure maschili viste dall’alto intente l’una a disegnare, l’altra a guardare quel che sta via via prendendo forma. Sull’immagine sono disposti dei fogli da disegno e una matita. Qui si ritrova espresso il motivo dell’apparire e scomparire di qualcosa, del farsi e manifestarsi dell’opera nel suo accadere: il compimento dell’opera sembra come rimandato nel tempo e lo spettatore/visitatore resta sospeso in un’attesa perenne, proprio come accade all’artista mentre aspetta che l’opera prenda forma.
La terza stanza guida il visitatore a calarsi in una situazione complessa in cui si respira la magia teatrale per la presenza del doppio ed il riconoscimento in ciò che è oltre e nella rappresentazione. Contemplator enim (1992) unisce quattro lavori in relazione gli uni con gli altri per ricreare una situazione legata all’autore, ad una sua controfigura (il valet de chambre in costume settecentesco) o a un suo gesto “rituale” (mani che disegnano o trattengono qualcosa). Le aperture come spazi simili a finestre attraverso cui guardare ad altre visioni e le mani che dall’alto lasciano cadere fogli da disegno, mentre a terra altri fogli riportano ancora la figura della mano, sono presenze ricorrenti a richiamare la manualità, la gestualità e l’osservare; attitudini proprie dell’artista che crea e che aspetta di vedere l’opera finita. Di creazione artistica si parla anche nell’Ospite (1999) dove accanto ad uno studiolo in cui campeggia una tela, seminascosto allo sguardo dello spettatore, si nota un ritratto di Jorge Luis Borges. A chiudere questo percorso in cui emerge l’identità dell’autore nella ricerca di un pieno contatto con l’opera che in alcuni momenti sembra debba precederlo e superarlo è l’opera inedita L’autore che credeva di esistere (sipario: buio in sala) del 2013 presente nell’ultima sala. Al centro dell’ambiente è disposto un “tavolo di lavoro”, orientato verso una “quadreria” di elementi diversi allestiti sulla parete di fronte (teche in plexiglas, tele, riquadri disegnati a parete) sulla quale appaiono immagini in dissolvenza che proiettano dei tracciati lineari, corrispondenti alle direttrici prospettiche dello studio dell’artista e degli spazi espositivi del museo. Valorizzando il rapporto artista/opera/spettatore, per creare un ponte dialettico a suggerire nuove possibili chiavi di lettura dei molteplici volti dell’esistenza, lo stesso osservare diventa punto di incontro e di scambio tra chi guarda e l’opera osservata così da creare un’enigmatica linea di comunicazione che fa dello spazio circostante il luogo ideale e idealizzato in cui avviene questo incontro/ confronto.
Il percorso artistico di Paolini vuole essere una sorta di riflessione sull’arte, sulla sua classicità e modernità senza tempo dove non esiste punto di fuga, e sul suo continuo accelerare in linea con il passare del tempo per fissare quel rapporto tra artista e opera d’arte e tra questa e lo spettatore che diventa partecipe incondizionatamente per esplorare ciò che accade dentro e fuori di sé.
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Giulio Paolini. Essere o non essere – Macro – Sala Bianca – Via Nizza, 138. Roma
dal 29 novembre 2013 al 9 marzo 2014
orario da martedì a domenica 11. 00 -19.00; sabato 11.00- 22.00