Il 31 marzo 2014 alle 18 Milano, alla Casa del Manzoni (Via Gerolamo Morone 1), presentazione del libro di poesie di Pier Mario Vello, Migranti. Poesie
Introduce e coordina Antonio Riccardi
Intervengono con l’Autore
Maurizio Cucchi, Giancarlo Majorino, Clelia Martignoni
Ingresso libero – seguirà rinfresco
Dall’introduzione di Maurizio Cucchi
Vello realizza una sorta di originale tensione epica, in cui un elemento epocale come quello trattato, enunciato dal titolo, vive in una aperta coralità e in una realtà geografica praticamente senza confini. Il suo procedere è fatto di versi densissimi, ognuno dei quali sembra una sorta di fitto conglomerato (per citare una parola cara a un grande come Andrea Zanzotto), una concrezione di elementi vari, nobili e bassi, antichi o appartenenti al moderno, il tutto nelle volute di un tono sostenuto eppure sempre credibile, plausibile. In questo, s’intende, è la cifra stilistica di Vello, il suo procedere, senza smarrimenti o cedimenti, in un dire che è elevato perché elevato è l’insieme dei percorsi concettuali del libro e della sua volontà di approfondimento testimoniale di una condizione che, in fondo, non è solo quella stessa dei grandi movimenti migratori, che pure appartengono non certo solo al nostro tempo, ma sono una realtà umanamente archetipica, e che dunque ciclicamente si ripresenta.
Non solo questo, poiché quella della migrazione è anche la grande metafora dell’uscire e del nascere, dell’andare pericolosamente incontro al mondo nella vita, nel realizzare il rischio dell’esserci, inoltrandosi oltre i confini protettivi, in un approccio che è sempre, inizialmente, ma comunque a lungo, con l’ignoto.
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Migranti
Non altro che sparuti abitanti stavamo
nei pianori spartiti tra polvere e ghiaia,
accasati in transito
su nulla più che un ramo,
sparsi uccelli, visi, voci sbucate nella sassaia,
scritti dal pennino del sole che ci irraggia
conoscendoci ognuno
per segni a migliaia
ritti alle porte o come relitti
sereni sulla spiaggia,
ciascuno orgoglioso dei propri campi estremi
curati a filo, diligentemente
tirati a staggia.
Non altro che come sacre greggi eravamo, supremi,
predetti, sparsi qua e là
ma forti come raffia
che d’estate s’asciuga e s’annoda in fibre di racemi.
Quel cielo sovrastante che con la luce innaffia
tutta la nostra terra in un giro d’occhi
ci fa vivere su un suolo che
non delude e non graffia.
Il fumo di domestici camini spande rintocchi
nella particola di pace,
fotospiragli di geomorfologia
parlante (senza guerre), umiltà che nei visi tocchi.
Non c’è bisogno nel nostro mondo
di poesia,
totalmente felice dei suoi cirmoli e cornioli,
mondo di primule e prati
in ordinata geometria.
Né di arnesi, macchinari, pulegge o pioli
c’è bisogno. Le armi
arrugginiscono sui muri,
ognuno vede come la morte scorra
e scoli
via le scorribande, scopi via gli sprazzi futuri.
Abbiamo carri e barche ma non motivi
di emigrare lontano e
mostrarci troppo duri.
Nel mondo toccato e toccante
che ci fa vivi
della stessa felicità ch’è nei sassi, ciarlieri
ci raduniamo in forre e in circoli affettivi.
Contenti dei nostri costumi lisi
e sinceri,
sostiamo sull’uscio sicuro di minime dimore
dove non altro che amici attendiamo, fieri
ma prendendo sul serio colui che muore.
E contenti della vita d’ogni altro essere
ascoltiamo a sera di Stati lontani
il furore,
l’eco da paesi vicini di cani, galli e il malessere
di dispute nascoste alla vista.
E confondiamo
l’ambiguo fervore per lontano
gratuito
benessere.
Da: Migranti. Poesie, Pier Mario Vello, Mondadori 2014, 13 euro
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Pier Mario Vello, nato a Belluno, vive e lavora a Milano. Ha condotto ricerche sulle dinamiche della creatività e sugli aspetti valoriali nei gruppi. Oltre a diverse pubblicazioni sui temi dell’apprendimento in campo organizzativo, è autore di La società generosa (2014) e delle raccolte di poesia Itinerari atletici (2010), Utopia di una margherita (2011) e La casa sonora (2011).