Saverio Bafaro, "Poesie del terrore"

 
poesie-del-terrore-170975Nel libro, edito da La Vita Felice nel 2014, diciassette tavole colore di Piero Crida; prefazione di Roberto Deidier
«Oscuro», in tutte le sue diverse accezioni, declinazioni, sfumature, è un termine ricorrente nel lessico poetico di Saverio Bafaro: la sua presenza circoscrive uno spazio dominato dall’ambiguità, ma non nel senso di sollevare incertezze, quanto in quello di stabilire, tra i suoi elementi tenebrosi e il soggetto che si dispone ad attraversarli, una duplice corrente. L’io si carica di quell’oscuro che teme e che può generare il «terrore» di queste poesie, ma diviene anche una possibile e autonoma sorgente di terrore.
Il tema che i versi di Bafaro ci chiedono di condividere non si dispone quindi all’insegna dell’univoco; il poeta invoca invece «la bellezza che confina con la paura», avvertendoci di fatto che non v’è cesura, iato, ma contiguità tra i due opposti.
[…] Non ci sono punti cardinali, nella topografia lirica ed espressionistica di Bafaro, non ci sono latitudini o longitudini: ancora una volta, per essere ammesso a una verità, il soggetto deve accettare la perdita e lo smarrimento. Deve, cioè, camminare nella non poeticità del suo presente, del suo groviglio d’inferno. Per orientarsi ha soltanto se stesso e la poesia, che dà voce a buie profezie.
[…] La rivelazione è ciò che impedisce a Bafaro di fare del terrore, nucleo tematico privilegiato di questa raccolta, uno straordinario, seppure inquietante veicolo percettivo. Il tema diviene invece una cornice, una prospettiva, un suggestivo brainframe. La realtà nel terrore, il terrore nella realtà: per questa via, le poesie di questo libro disegnano una geografia ulteriore, intima e relazionale
(dalla prefazione di Roberto Deidier)
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Ho rubato un pezzo al tempo
gravido come una cagna
ho socchiuso gli occhi febbrili
a cavallo di onde perpetue
ho trovato riparo
in un porto circolare
 
ESTETICA NON – ARISTOTELICA
Noi che abbiamo scelto il Brutto
e letto al contrario il libro della Stagirita
conosciamo i risvolti
dell’armonico divenuto sghembo
del calmo divenuto irrequieto
del limpido divenuto oscuro
dell’ordine divenuto caos
del simmetrico non più tale
delle proporzioni volutamente saltate
***
Esiste un sorriso insano
– oltre la soglia del dolore –
impresso sul volto
come un assurdo promemoria
del tutto ignaro
della sua genesi e apocalisse
***
Tu sei lo sguardo rosso
tu sei l’uncino sulla luna
la mela avvelenata e l’impiccato
tu sei il tarlo  che sgranocchia il cuore infestato
***
La macchina di finzione
sopraggiunge
alla non parole
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Saverio Bafaro nasce a Cosenza nel 1982. A Roma, presso «La Sapienza», diventa dottore in Psicologia dello Sviluppo e dell’Educazione, e attualmente sta specializzandosi in psicoterapia. Nel 2001, il Premio «Città di Scalea» pubblica la sua prima silloge di testi poetici. Tra i suoi libri successivi si segnalano: Poesie alla madre (Rubbettino, 2007) ed Eros corale (2011), disponibile in formato e-book sul sito www.larecherche.it. Sue opere sono inoltre apparse all’interno di antologie poetiche, di rubriche come Lo Specchio de «La Stampa», a cura di Maurizio Cucchi, e di riviste letterarie come «Capoverso» e «Poeti e Poesia», di Elio Pecora. Collabora con il blog «Postpopuli».

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