La vicenda poetica di Marco Ceriani ha ormai compiuto un lungo e originale tragitto, e del suo lavoro si sono ben accorti, nel corso del tempo, lettori autorevoli, da Giovanni Raboni a Rodolfo Zucco.
In questo “Gianmorte violinista”, (Collana Stampa 2009, 2014, euro 14,00) Ceriani ha coagulato le più svariate presenze, creando oggetti-testo nati dalla concrezione di più elementi, che danno alla sua pagina una serie apertissima di sfaccettature, chiamando il lettore a una perlustrazione accanita e, in effetti, ardua, molto speciale e in ogni caso ben remunerativa.
Si potrebbe dire che il testo di Ceriani è passato, nel corso dei decenni, da una fisionomia liquida a una decisamente compatta e quasi minerale, in cui l’autore realizza dei conglomerati quanto mai compositi, con l’inserzione di dati colti, citazioni, prelievi da lingue varie, in un dettato arditamente sapienziale che invita l’interlocutore a un gioco sempre ricco di possibili sorprese. La trasparenza del passato, dunque, è ormai sullo sfondo di un’opera già consistente e, al suo posto, Ceriani ci presenta l’unicità di uno stile che chiede il coinvolgimento, non sul piano della comunicazione semplice, ma dell’impegno estetico sui dettagli testuali, lanciando quasi una provocatoria sfida che il buon lettore avrà sicuramente il merito di voler accettare.
Che ti dicono come al canto del gallo
intristisca la vera rondine candida
mentre la nera con un’intravena da sballo
si fa marescialla in orto se Gesù si ricandida
come in una sciarada fuggiasca un filotto
di sputi in un fazzoletto del colore dei cigni
più oscuro che al palio il paliotto
delibera che a esser deriso dai non sunt digni
ulivi dalla pagina sottana in peluria
mentre la soprana è lucente se glabra
solo agli stretti dì dell’incuria
consumati alla mensa scervellata di Sabra
e Chatila, quando agli stretti dì di quaresima
Gesù parteggia per il pane e Cristo per il vin che millesima…
Sass da centénn e centénn d’ann… Malacrüsca
da giübia a giübiana quand la dà sufegót
sa la ta teng i tô dì a vucabulà Crüsca
che a parlâa e a parlâa sa sâ nagott
a hinn i sass dj parój che cumè un’ustia
da lengua da fœugh s’ciupôo sü in casinótt
fa rienda a scigôr ca na sann ciuspia
‘mé ul shrapnel dul maltemp a fâa già rebelót
sin dj temp di temp a Babilonia e a Assur…
‘Mé la lüertula cun la cua, al fa nœuv
in mess aj frasch e al pajatón anca ul cur
secessisti, cui prodest e a hinn da nœuv
rinegôa nô paróla d’un Thomas More
o un Galileo ca l’é nó ul su ca sa mœuv…
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Marco Ceriani è nato nel 1953 a Uboldo, provincia di Varese. Dopo un episodio giovanile, Fergana (Amadeus, 1987), ha pubblicato i seguenti libri: “Sèver” (Marsilio, 1995), “Lo scricciolo penitente” (Libri Scheiwiller, 2002), “Memoriré” (Lavieri, 2010).