Opere inedite, Roberto Pazzi


roberto_pazziRosso ferrarese, ma senza date

          di Matteo Bianchi

Lo scrittore estense che esordì pubblicamente nel 1970, presentato da Vittorio Sereni sulla rivista “Arte e poesia”, ha dedicato i tre inediti, fioriti nel flusso autunnale, al ventennale della Feltrinelli della sua città, la libreria più antica del centro storico ferrarese. Di sicuro, non si tratta dell’ultimo bagliore prima della sera, piuttosto la scia di un faro sul molo alle navi (e ai naviganti): Pazzi non si è arreso e in alcuna direzione, men che meno in quella collettiva. Crede ancora fermamente le librerie possano radicarsi e sorreggere la cultura di un territorio, possano esistere i librai di una volta che si confrontavano con i lettori e consigliavano i passi più adatti al loro stato d’animo, così farebbe un sarto con un abito confezionato “su misura”. Alla maniera di Roberto Roversi tra i suoi scaffali arroccati a Bologna, che mai cercò meri clienti per solo sostentamento.

Sono le foreste in autunno del vigoroso Courbet: i versi si sommano uno dopo l’altro come le foglie rossastre che scendono dalle chiome sui prati coperti dalla brina oramai invernale. E i cumuli dei colori accesi e caldi in attesa del gelo, caratterizzati dal susseguirsi di virgole a coordinare il ritmo, raffigurano una risposta vitale, quanto serena è la discesa sul dorso della brezza di novembre. È la posa della sorella seduta sulla panchina di legno di Mary Cassatt, Lydia, la quale indossa letteralmente l’atmosfera presente e assorta con le mani a riposo rivisita il passato. Il sovrapporsi della poesia sulle vicende condivise, astratte o effettive che fossero, evoca memorie che rafforzano e acuiscono la coscienza del proprio tempo: «E forse, chissà, / forse sei tu a dar ordine, prima che annotti, / di accendere le lampade verdi del cortile della chiesa, / (…) // Sì, tu, / incaricato (da chi?) a introdurre palesemente nella poesia / i cavalli di legno e le chiavi di vecchie valigie perdute…», da Onestà di Ghiannis Ritsos. Per una cosiddetta “poesia onesta” che, ben oltre a qualsiasi nonché limitata barriera ideologica, assottigliava attraverso la musicalità della parola l’ombra a Saba, una delle penne più amate e seguite dallo stesso Roberto Pazzi. Nato sotto il segno del Leone, non ha mai limitato il suo sguardo “azzurro cronico”. Non di un azzurro fluviale, bensì quelli che Shakespeare avrebbe chiamato gray eyes, di cieli nebbiosi. Un lineamento venuto da altrove, forse dalle coste liguri, la sua Bocca di Magra, come l’Itaca che mosse Kavafis a viaggiare a ritroso, un’isola lontana dai sensi dove ritrovarsi dentro di sé.

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LE FINESTRE FINTE

«Tanto ci vedremo ancora…»

Certo, ti credo, ma quando?

Se non sapessimo invece

che era l’ultima volta,

non avremmo la forza di mentire

da una finestra finta senza luce,

come quelle disegnate

sulle case che da bambino

mi facevano stare col naso per aria

a spiare quando si aprivano.

Giungono le prime voci amate

a bussare alle finestre cieche,

amanti protestano, ci hai dimenticato,

promesse d’amore vantano primati

di giovinezza, letti di fedeltà…

Inutile difendersi,

nell’amnesia non c’è più posto,

l’assenza era sì un vasto albergo,

ma le stanze a poco a poco

sono state tutte occupate,

sottoscala e abbaini sono pieni di nomi,

manca solo il mio,

e poi le finestre al sole si apriranno.

*

 

PIÙ DI ACHILLE

Ma come è successo? E ora come si fa?

Sono perfetto, libero da inventarmi la vita,

il quaderno è tutto disegnato,

sono pieno di senso,

saporitissimo da mangiare,

bello da esporre in vetrina,

ci sarà anche la didascalia,

sotto la faccia, in varie lingue,

quelle mai imparate,

russo, arabo, cinese,

e anche per me due date,

per gli altri le spiavo sempre

e rapido sottraevo gli anni.

Troppe cose ho rinviato d’imparare,

non c’è più tempo, devono bastarmi le mie.

Mi pare di tornare indietro,

quando l’avevo davanti

e mi faceva paura.

Invece non ho più nulla da temere,

ormai son più invulnerabile di Achille.

*

FELICITÀ DI MATTINA

La felicità si annuncia di mattina,

quando non scorgi ancora la riva

cominci la traversata del fiume

che più acqua stringi fra le braccia

più si allarga, si allarga…

La vita non la prendi mai,

si divincola sempre,

ma la sete spinge fino a quando

ti fa guardare sott’acqua,

dove tutte le cose sono al fondo

rivestite della tenera peluria

che le abbraccia.

Ma quel sonno laggiù mica t’incanta,

e così riprendi con più forza a nuotare.

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Roberto Pazzi vive a Ferrara, dove insegna e tiene corsi annuali di scrittura creativa, svolgendo un’intensa attività di conferenziere nei vari paesi del mondo in cui è diffusa la sua opera, tradotta in ventisei lingue. Laureatosi in Lettere Classiche a Bologna con Luciano Anceschi, ha insegnato nella scuola superiore e nell’università a Ferrara e a Urbino. Otto sono le sue raccolte in versi: L’esperienza anteriore (I dispari, 1973), Versi occidentali (Rebellato, 1976), Il re, le parole (Lacaita, 1980), Calma di vento (Garzanti 1987, Premio Montale), Il filo delle bugie (Corbo, 1994), La gravità dei corpi (Palomar, 1998), Talismani (Marietti, 2003) e Felicità di perdersi (Barbera 2013, Premio Lerici Pea). Il suo esordio narrativo avviene nel 1985 con Cercando l’Imperatore, prefato da Giovanni Raboni (Marietti 1985, Garzanti ’88, Tea ’97, Marietti ’04, Premio Selezione Campiello ’85), «storia di un reggimento russo disperso in Siberia, durante la Rivoluzione Russa, in cerca dell’Imperatore», dalla critica concordemente collocato sulla linea fantastico-visionaria della nostra narrativa, quella meno frequentata nel Novecento italiano. Seguono poi alcuni romanzi nei quali la storia si fa pretesto di reinvenzione fantastica, seguendo un pensiero antistoricistica: La principessa e il drago (Garzanti 1986, finalista Premio Strega, presentato da Giorgio Caproni e Giovanni Raboni), La malattia del tempo (Marietti 1987, Garzanti ’91), Vangelo di Giuda (Garzanti 1989, Baldini&Castoldi ’99, Sperling e Kupfer ’06), La stanza sull’acqua (Garzanti 1991, Bompiani ’12). Con Le città del dottor Malaguti (Garzanti, 1993) la narrativa di Pazzi, pur rimanendo di ispirazione visionaria, approda al presente, alla cronaca italiana più attuale, alla sua città di adozione, Ferrara. Ecco allora i romanzi successivi, Incerti di viaggio (Longanesi 1996, Premio Selezione Campiello, Superpremio Penne-Mosca), Domani sarò re (Longanesi, 1997), La città volante (Baldini&Castoldi 1999, finalista al Premio Strega, presentato da Dario Fo e Sebastiano Vassalli, in ristampa da Frassinelli), Conclave (Frassinelli 2001, Barbera ’12, Premio Zerilli Marimò, finalista Premio Viareggio), L’erede (Frassinelli 2002, finalista Premio Viareggio), Il signore degli occhi (Frassinelli, 2004), L’ombra del padre (Frassinelli, 2005), Qualcuno mi insegue (Frassinelli, 2007), Le forbici di Solingen (Corbo, 2007), Dopo primavera (Frassinelli, 2008), Mi spiacerà morire per non vederti più (Corbo, 2010), D’amore non esistono peccati (Barbera, 2012) e il recente La trasparenza del buio (Bompiani, 2014).

Attualmente, scrive in Italia sulle pagine culturali di “QN” e all’estero su “The New York Times”.

1 pensiero su “Opere inedite, Roberto Pazzi

  1. Roberto Pazzi è un poeta dal dettato lineare ed efficace, forse fin troppo chiaro ed esplicito nell’espressione delle sue idee, che sfrigolano come cerini al contatto con l’aria che accoglie la pronuncia poetica. Pensieri originali, frequenti rovesciamenti del comune modo di opinare, ma al tempo stesso uno stile accessibile che non lascia spazio al gioco delle interpretazioni e dunque rinuncia in partenza alla misteriosa potenza evocativa tipica di testi più ermetici.

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