Milo De Angelis, tre poesie

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Era buio. Il centro di agosto era buio

come il corpo nudo. Non potevo

trovare riposo né movimento: solo il battere

del sangue sulle labbra. Il buio

giungeva dal respiro aperto, dalla freccia alata

che entra nel mondo. Il buio

era lì. Era lì, nel vertice

della prima caduta, era me stesso,

questo freddo che, oltre i secoli, mi parla.

 

 

****

 

E’ qui, in un angolo della stanza, scocca

la sua freccia negli anni, nei nostri anni,

e vacilla.  L’ ho conosciuta. E’ una furia

che scende verso l’oscuro e dilaga

tra i muri passeggeri e sgretolati

dove ognuno è solo il suo andarsene,

il piede franato sulla riva, lo stormo delle frasi

che cadono cieche da una volta.

 

****

 

Vicina all’anima è la linea verticale.

Il pomeriggio ci portò suburbani in un canto,

l’attimo divenne nudità

e potenza greca del finale: siamo i supplici

rimasti ad ascoltare, il cielo che nasce

in ognuno di noi, pattuglia di ragazzi

innamorati del numero giusto,

la bella epopea, il peso mortale di un pallone.

 

Da  “Quell’andarsene nel buio dei cortili  (2010)”

 

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