Universalmente considerato come uno dei piú grandi poeti di tutti i tempi, Villon è stato spesso interpretato dai critici e dai traduttori come un poeta maledetto, antesignano degli eroi romantici. Oggi sappiamo che Villon non era affatto un poeta ingenuo e istintivo, che padroneggiava straordinariamente gli strumenti tecnici e retorici della poesia del suo tempo. Però è pur vero che la sua opera contiene in sé un germe di deviazione e di provocazione che va al di là dei generi letterari codificati a cui appartiene. E questo germe ha continuato a svilupparsi nei secoli, fino ai rapper di oggi, come azzarda suggestivamente Aurelio Principato nella sua introduzione, facendo di Villon l’archetipo di una «funzione» poetica che ha attraversato e segnato la storia della cultura occidentale. In questa nuova edizione delle sue poesie piú importanti la traduzione è condotta in versi, recuperando il piú possibile anche le rime e il tessuto sonoro dei testi. La scommessa è reinterpretare fedelmente Villon restituendone anche la forza ritmica che permette alle sue parole di risuonare fino a noi, e oltre.
«In questa celebrazione della vita e di piaceri poco spirituali c’è una malinconia vera, un senso di precarietà e di decadenza. Un’allegria sfrenata gremisce quadri pittoreschi sul cui sfondo traspare una danza macabra, o pendono gli impiccati in mezzo al paesaggio, come in certe tavole di Bruegel. Sulla caricatura e la parodia, è la melanconia che si impone».*
Cesare Segre
Vous nous voiez cy attachez, cinq, six:
Quant de la chair que trop avons
nourrie,
El est pieça devoree et pourrie,
Et nous, les os, devenons cendre et
pouldre.
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Qui ci vedete in cinque o in sei appesi:
la nostra carne anche troppo
nutrita
da un pezzo è divorata e imputridita,
e cenere noi, le ossa, siamo e
polvere.
François Villon, “Il testamento e altre poesie” a cura di Aurelio Principato, traduzione di Antonio Garibaldi, Einaudi, Collezione di poesia, 2015, € 16,00
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I dati biografici di François Villon sono tutti abbastanza ipotetici. Nacque presumibilmente intorno al 1430. Si laureò a Parigi. Ebbe vari problemi con la giustizia che non gli impedirono di frequentare la cerchia dei poeti alla corte di Charles d’Orléans. Nel 1463 fu condannato all’impiccagione, ma la condanna fu commutata in bando decennale. Dopodiché le sue tracce si perdono definitivamente. Di Villon Einaudi ha in catalogo la raccolta Il testamento e altre poesie (2015).