Quando siamo stati con le foglie che non vanno via dai rami.
Sono state le musiche dolci dove dirci di morire.
Hanno portato tanti libri,
gli uomini a tornare tra i pochi fanali, i tram, le ciminiere.
Mi sarebbe piaciuto passeggiare con un bastone tra le foglie che cadono,
avere un cancello da aprire,
e per Catine sapere cos’era portarci la polenta
con parte del giallo pieno della bicicletta di Giovanni da portare dentro.
Pioverebbe, sarebbe novembre.
Siamo stati così tanto insieme ognuno di noi con le cose.
Sai a volte cerco di vederti, che cos’è lavorare, avere dei muri tuoi.
Tornare di sera era sempre una forza sui pedali,
gambe sulle quali si metteva un panno, muscoli
con un panno grigio con la piega. Svelto e birichino, aria, aria di festa,
appoggiavi il giorno intero, dove tanto ti ho vegliato, a quel muro.
*
Sono finiti gli anni della casa,
anche quelli che si pensava fossero ancora lì
con gli abeti, la bicicletta che tenevano su.
C’è un ragazzo e una donna
nei movimenti che si rompono senza dolore
lungo quello che è il loro cortile.
C’è dell’erba di là, come non saprei dire,
sotto gli alberi che fa un po’ di prato.
Come le viti sono i legni secchi dei rovi,
qualche foglia strana dei rovi.
Sono un fiore che cresce più di quello che possa,
di quello che è a toccarlo.
Come quando si dice: mi hai portato dei fiori,
e sono solo dei poveri fiori.
Come quando si dice: così sono stati i poeti.
*
E’ il giorno che pare di condividere la terra con i fiori,
il fiore tenerlo vicino al cuore perché parli.
Ognuno beve in alto il suo bicchiere,
ognuno è bello e pensa che i corpi sono in mezzo ai fiori,
i prati alti sopra ogni cattiva idea del mondo.
Nessuna storia toglierà le erbe dalla roccia,
un altro cielo non sarà il nostro ma la memoria
perché altri vivano e chiedano dopo di noi
le nostre stesse cose:
com’era per loro che erano tutto
innalzati sopra la terra?
Nessuna cultura toglierà le mani alle mani,
la pelle ai vestiti.
Difendiamo anche nella disputa le nostre vite,
ci difendiamo da chi vuole altre cose,
si cerca di venire a un patto,
di non farci troppo del male.
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da: “Una terra che non sembra vera”, di Mario Benedetti, Campanotto, 1997
Raccolta vincitrice del concorso nazionale per l’inedito 1996 “Città di San Vito al Tagliamento”
Commissione giudicatrice: Silvio Ramat, Amedeo Giacomini, Elvio Guagnini, Nico Naldini, Piergiorgio Manucci, Andrea Zanzotto.
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