Il 21 aprile 2015 l’Università per Stranieri di Siena conferirà la laurea honoris causa in Lingua e Cultura italiana per l’insegnamento agli stranieri e per la scuola a Jhumpa Lahiri, scrittrice di origini bengalesi, nata a Londra e cresciuta negli Stati Uniti.
La vicenda umana e artistica di Lahiri è esemplare per l’Università per Stranieri di Siena, che ha sempre fondato la propria identità sul nesso esistente tra l’insegnamento dell’italiano e delle altre lingue e la comunicazione interculturale.
Jhumpa Lahiri, premio Pulitzer 2000 e membro prescelto da Barack Obama della Commissione Presidenziale per le Arti e le Discipline umanistiche, è una delle voci più interessanti della letteratura anglofona e del multiculturalismo ed è anche una presenza significativa nel panorama culturale italiano. Tre anni fa, Lahiri ha infatti deciso di venire a vivere stabilmente nel nostro Paese e ha scelto di scrivere (e pensare leggere parlare) nella nostra lingua.
Con una rubrica sulla rivista Internazionale ha condotto ogni settimana una riflessione sul proprio lento percorso di avvicinamento alla lingua italiana (ora in volume: J. Lahiri, “In altre parole”, Guanda, Parma 2015). In questo diario parla della gioia e della fatica di fare i conti con la lingua dell’altro, oscillando tra conquiste e perdite, fiducia e disperazione, innamoramento ed estraneità.
Al bengalese – la «lingua madre» – e all’inglese – la lingua «matrigna» della formazione culturale, come pure la più diffusa nella comunicazione mondiale – Lahiri ha quindi aggiunto con una scelta radicale e coraggiosa l’italiano. In questo «triangolo», le due lingue del destino familiare e sociale (il bengalese e l’inglese) si congiungono e si oppongono alla lingua del desiderio (l’italiano), alla libertà dell’imperfezione. Questa lingua nuova è per Lahiri una vita nuova: in essa trova finalmente un’appartenenza nel presente, un diverso bilancio del passato, un senso del futuro.
Oggi essere un «pellegrino linguistico» vuol dire sperimentare la condizione dello straniero e dell’esilio ma anche quella del riconoscimento e dell’adozione. Vuol dire sentirsi al tempo stesso necessitati e liberi, marginali e rappresentativi, e sapere accogliere dentro di sé questa tensione. La storia che racconta Jhumpa Lahiri non appartiene solo a lei o ai personaggi dei suoi racconti e romanzi. È anche la storia collettiva di una grande migrazione e metamorfosi delle identità. Parla di tutti noi.