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E adesso leggiamo le composizioni dei poeti finalisti della sezione Certame Giovani del premio Cetona Verde 2015. Il tema, sul quale i giovani poeti hanno lavorato la mattina di venerdì 10 luglio: scrivere in poche ore, un componimento sul tema del reale e del vituale. Il vincitore, è stato proclamato dalla giuria la sera del 18 luglio 2015, nel corso della serata di premiazione, è Marco Corsi.
(Nella foto Mariella Cerutti Marocco)
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FABIO PANTE
Lo specchio nero del mio tablet spento è tutto il mio mondo
Mostra: lussureggianti aporie,
la realtà reale dell’infanzia,
una lunga sconfinata potenzia,
riflessa in soffuse disforie.
E mentre trasbordanti fantasie
posso io mirar con egual mestizia,
-verosimili parvenze di grazia-
albeggiano civiltà transitorie!
Ecco: il tramontare è reale,
istanti, e muraglie di parole,
implorano la fine della Storia.
È la tirannia della memoria
quell’eterna stagione che non duole:
consolerà, la realtà virtuale.
LAURA SERGIO
Wargame – A un ragazzo che gioca alla guerra
Tu non conosci i volti mutilati
la notte nelle orbite scontorna
la promessa di un uomo che non torna
che giace con i corpi abbandonati
a distesa come alberi scerpati
che più nessun fiore né foglia adorna,
un avvoltoio al suo pasto ritorna
s’intrica tra i nomi dimenticati.
Tu non conosci la morsa dell’attesa
il sangue nelle ferite il sole sterra
e nella carne il freddo frantuma.
Il giorno crepita, avvicina la resa
sulle labbra un grido si disserra
implacata la vita si consuma.
MARCO CORSI
biancadonna
siamo stati insieme per un’ora, per mezz’ora
spiracolo239, hai gli occhi blu
avevi, sono certa, le mani fatte di luce
e la voce grossa come il mondo, mi dicevi:
«ti ho vista da dietro la tenda
eri bianca nel porno assoluto
delle liceali sotto al sole,
dei quaderni, delle foglie, dei cordami…»
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
poi sono morta per davvero
uccisa io biancadonna
dalle tue corazzate di pixel –
legata mani e piedi all’imbrunire,
fuori dallo schermo, madonna
per le tue consolazioni,
sono stata vera più del vero, una ragazza
azzurra, per te solo «… tutta panna»,
in un attimo pieno di stupore.
FRANCESCO MARIA TIPALDI
L’immagine
la casa all’inizio
quasinulla. digitare produce luoghi nuovi
io non so
come questa
grandezza sia venuta a noi e da che parte
tutto fu familiare, tutto superficie
tutto fu
uno schermo spalancato
dove agire
eravamo amici, raccoglievamo le ciliegie
rosse
dall’ano di una donna
– era falso?
nel giardino grande tra i due alberi
i giorni nuovi
compariranno
ti diranno che sono veramente, che sei in loro
DINA BASSO
Floppy disk
I cumpagni smuntaunu e rimuntaunu
muturina nte garaggi, jucaunu e carti a ottobbri
aspittannu u Natali.
Nta nostra lingua n’anzignammu a vasari
l’italianu era na truffa, na cosa pp’arriccuti.
L’autra mia liggeva a notti e si rapeva
dintra e stanzi senza chiavi a diggitari
di na vita cuntata e sempri scritta
circannu l’eterna amica, ca ti sapa vidiri
scaricannu canzuni – ppi cchianciri cchiù tardu.
A memoria aviva un nomi miricanu
(ca durau poi sulu cocca annu).
Ogni ttantu m’arriordunu i superstiti
e mi cuntunu di chidda ca pareva:
di ogni vita ca sempri ha statu ‘a mia
aju ittatu sulu u pupu, a pupardanza.
MENOTTI LERRO
Spettri
Se potessi sceglierne uno per il tritacarta,
sarebbe il solco della fronte quando
ti radevi: lì, nel cristallo sfregiato che raddoppia.
In quel buio albergavano spettri
e non bastavano le dita per sfrattarli.
Ho corso fin qui per distanziare l’anima,
consumando tempie e piedi tra le sillabe scomposte
della notte. Ricordo che mi chiamavi Men che fu pietra
in bretone, poi uomo. E mi sentivo grande,
pronto a difenderlo quel labile vecchio bambino.
Di te mi appartengono le fauci del serracchio e
della tenaglia, colle, martelli e morsetti che fissavano
gli obliqui pensieri, i chiodi sparati nel massello di sguincio
per non fargli più del male, dicevi, forse per gioco;
le sgorbie, la pialla… gli aulenti riccioli per la follia del fuoco.
Reale l’atto che ci porta al mondo,
la furia del parto, reale il corpo truce dei morti
che lascia spazio ai vermi, reale la neve,
scarmigliati flutti, il refrigerio dello Sceol
dopo il fuoco e lo zolfo.
Reale la gita in costiera, le promesse d’amore virtuali
sulla tastiera. Reali le parole, gli abbracci, gli sguardi,
i baci… Reali le parole mentre taci?
…la terra, i miti, l’olocausto, le preghiere,
il patio, l’arrotino… Reale il Mondiale.
Cosa vedono gli occhi dei cerbiatti quando non sanno
di essere preda? Cosa provano distesi nelle brughiere
sconfinate quando le palpebre cadono poco a poco,
leggere folate, e le pupille fissano qualcosa che non sei tu
nemmeno se gli sei di fronte?
Reale questa penna che scrive, qui e ora,
mentre il gesto scompare.
Ma guarda, è già cera il tempo, si spegne
il lume smeraldino della falegnameria di Cetona
e non ho luna per finire la poesia.
LUCA MINOLA
Presto avrai capito
di ogni immagine perlustrata.
Quando si rivela in serie
procede per analisi e cicli.
Ricorda, solo il riflesso degli schermi
le punte irritate degli occhi
e il riassunto dell’assalto.
L’emozione ha la stessa durata:
parla una lingua solo sua per apparire.
Le superfici sono più avanti.
Dietro le insegne virtuali e i cupi ideogrammi.
Rovistare è una paziente rovina
parla il silenzio
la sua forma tradotta.
GIULIA RUSCONI
Rossa è la sera in pineta
e a corpo disteso in silenzio sta
come un frutto di gravità
le gambe a segnare la rotta
per il mare. Solo la mano nel cielo
a disegnare le fughe di rondini e gazze
e il suono del vento leggero
e la dolce raucedine di cavallette.
Cos’è l’armonia se non il tentare
di fondare il corpo alla terra di bene
l’azzurro dal cielo profondo.
Ma solo ieri – pensava – ero dottore
per finta dicevo di avere salvato
teneri volti di bimbi innocenti
e lei ci credeva godeva
del mio virtuale rammendo.
L’incarnazione mi lascia sgomento
e mento per non voltarmi all’indietro
a scoprire cosa non sono.