«Ad alcuni piace la poesia», scriveva Wisława Szymborska. Perfino oggi, in questo nostro tempo veloce e distratto, a qualcuno piace la poesia. Più di qualcuno, in realtà, considerando i tanti lettori della poetessa polacca premio Nobel nel 1996: le sue parole compaiono sui muri delle città e negli articoli di giornale, i suoi versi sono citati nelle aule universitarie e nei talk show televisivi. Uno straordinario fenomeno letterario e mediatico, al quale però non sempre si accompagna una vera comprensione della sua opera. A questo intendono rispondere gli autori del volume, adottando lo stesso sguardo di Szymborska. Se il suo «modo» poetico principale è il dialogo con un «tu», con un «altro» con cui confrontarsi – perfino una pietra – o nel quale immedesimarsi, indossando magari la pelliccia di un gatto, allora la strada giusta è quella di dialogare con la sua poesia, interrogarla, possibilmente con simile leggerezza e ironia; scegliere solo alcune delle chiavi tematiche del suo universo poetico, e farne le tappe di un viaggio fra il quotidiano e il sublime, «incanto e disperazione», «gioia e tristezza», il gusto del gioco e le sorprese del caso. Compagno di questo viaggio non può che essere lo stupore, un profondo senso di meraviglia, un’irresistibile attrazione per la vita, in ogni singola espressione: che sia una cipolla, un granello di sabbia, uno scarabeo; in ognuna di esse è celato un segreto che, impertinente, la poesia di Szymborska stuzzica perché esca allo scoperto. E a volte capita, a una poesia che frequenta le cose di ogni giorno, di calpestare il velo che lo avvolge: «sopporta, mistero dell’esistenza, se tiro via fili dal tuo strascico», si scusa, sorridendo. E intanto, senza dare nell’occhio, quasi per scherzo, qualche filo già non c’è più, impigliato com’è tra due rime.
Wisława Szymborska nasce a Kórnik, vicino Poznań, il 2 luglio 1923. Presto la famiglia si trasferisce a Toruń e poi a Cracovia, dove Wisława comincia a scrivere racconti e poesie. Nel 1948 sposa Adam Włodek – da cui divorzierà nel 1954 – e si trasferisce nella Casa dei letterati di via Krupnicza 22. Nel 1952 esce la sua prima raccolta di poesie, Per questo viviamo. Nel 1953 comincia a lavorare nel settimanale «Życie Literackie», divenendo di lì a poco direttrice della sezione poesia e poi, dal 1960, anche co-curatrice di una rubrica di ironici consigli agli aspiranti scrittori intitolata «Posta letteraria». Nel 1954 esce la raccolta Domande poste a me stessa. Il 1957 è l’anno della svolta: con Appello allo Yeti matura la presa di distanza dal realismo socialista. Nel 1962 esce Sale. Nel 1966, dopo aver restituito la tessera del partito, perde il posto di direttrice della sezione poesia. L’anno successivo le viene affidata la rubrica «Letture facoltative», dedicata ai libri trascurati dalla critica ufficiale. Le raccolte si succedono – Uno spasso (1967), Ogni caso (1972), Grande numero (1976), Gente sul ponte (1986), La fine e l’inizio (1993) – così come i riconoscimenti internazionali, tra cui il Premio culturale di Solidarność (1986), il Premio Goethe (1991), il premio del Pen Club polacco (1996). Il 1996 è l’anno del Premio Nobel. Mentre cresce il successo internazionale, la sua produzione poetica non si arresta: seguono Attimo (2002), Due punti (2005) e Qui (2009).Muore a Cracovia il 1° febbraio 2012. Nello stesso anno esce postuma l’ultima raccolta: Basta così.
Andrea Ceccherelli è ordinario di Slavistica (Lingua e letteratura polacca) presso l’Università di Bologna – Scuola di Lingue e Letterature, Traduzione e Interpretazione, di cui è attualmente presidente. I suoi studi spaziano dalla letteratura polacca premoderna a quella moderna e contemporanea, con un’attenzione particolare alla dimensione comparatistica e alle problematiche inerenti la traduzione. Da anni coordina progetti europei nell’ambito dell’apprendimento delle lingue (E-Local, E-Local for all, Ilocalapp). Ha tradotto in italiano la biografia di Szymborska e varie opere di Miłosz, Herbert e Twardowski.
Luigi Marinelli è ordinario di Slavistica (Lingua e letteratura polacca) presso «Sapienza» Università di Roma – Facoltà di Lettere e Filosofia, di cui è attualmente vicepreside. Membro straniero delle due Accademie delle scienze polacche (PAN e PAU), dottore honoris causa dell’Università Jagellonica di Cracovia, fra monografie, curatele, saggi e traduzioni, ha al suo attivo circa 150 pubblicazioni in varie lingue su argomenti di carattere polonistico, comparatistico e teorico-letterario. Ha curato per Einaudi la Storia della letteratura polacca (2004), tradotta anche in polacco presso l’editore Ossolineum di Wrocław (2009), ed è coautore del Corso di lingua polacca Hoepli (2014). Fa parte delle redazioni e dei comitati scientifici di alcune fra le maggiori riviste filologico-letterarie polacche, e per la romana Lithos Editrice dirige la collana «leo – laboratorio est/ovest».
Marcello Piacentini è ricercatore dell’Università degli Studi di Padova, dove insegna Lingua e letteratura polacca presso il Dipartimento di Studi Linguistici e Letterari. Si occupa prevalentemente di cultura letteraria medievale, con particolare riferimento alla tradizione apocrifa latino-polacca, delle relazioni italo-polacche, nonché della letteratura polacca del secondo dopoguerra.