Oggi a Opere Inedite incontriamo Davide Zizza – qui accanto fotografato in un giorno importante – nato a Crotone il 16 febbraio del 1976, nello stesso giorno e nello stesso mese in cui nacquero Giorgio Saviane e Luigi Meneghello, mi scrive Davide.
Davide vive a Crotone e lavora in un call center. La laurea in lingue e letterature straniere – come lui stesso racconta – l’ha appesa al muro del suo studio: «testimonia la mia prima, imprescindibile, passione per le lingue e la traduzione». Ma – precisa Davide – sin dall’adolescenza, «ho riservato altrettanta passione per la poesia».
La poesia di Davide mi è piaciuta per la discrezione, per il rapporto diretto e semplice che Davide ha con la parola, fuori da ogni retorica.
Davide è un appassionato bibliofilo, «ha fame d’arte», mi scrive, ed ha un vero interesse per la lettura. I suoi maestri sono «tanti, e sono soprattutto quelli che mi aiutano a cambiare visione». Davide mi racconta di essere nutrito da un’antica devozione per Borges, e poi Pavese, Sciascia, Caproni. Mentre, i suoi poeti contemporanei sono Enrico Testa, Cesare Viviani, Gianni D’Elia, Maurizio Cucchi.
«La poesia è mistero, rivelazione, bellezza. Metafora del senso. Non so definirmi poeta, è una parola importante: metto in poche sillabe una musica di senso che possa suonare bene per il mio orecchio, sperando di non stonare alle orecchie altrui. »
di Davide Zizza
all’alba
Nel vapore mattutino di un bar
(memore io delle letture di Caproni),
vedo fuori l’aria azzurra dell’alba e la
freschezza odorosa della strada –
forse, un po’ sereno, riesco finalmente
a decifrare il senso dei miei gesti e degli altri:
“un caffè, per favore!” dico con calma
e questa quanto mai silenziosa contentezza
mi fa afferrare una bustina di zucchero
(eppure il gusto del caffè deve essere amaro),
come spot del giorno leggo la frase stampata
e mi commento da solo:
“Molte persone hanno paura
di morire da non riuscire a vivere.” –
la dice Henry van Dyke;
così, lento prendo la bustina,
mi guardo dentro e sorrido ancora.
Me la intasco anche se non la consumo:
oggi la mia frase è questa.
Dolce come l’ansia di voler vivere.
Senza la paura di morire.
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La discussione interna
La mia poetica, solo qualche sussurro –
niente sogni, solo un tentativo
di disegnare alcune forme di tempo,
di parlarmi senza arrivare ahimé
alla sillaba che riveli un assoluto.
Quare tristis? – no, nessuna grande parola,
nessuna metrica o imitazione, soltanto
echi domestici, i rumori dalla cucina,
un sottofondo di tv, la tentazione di capire –
e il dolore articolato nella mano traccia
un nero di seppia per formare sillabe compiute
che sappiano dire la discussione interna
fra ciò che è e ciò che è invisibile.
Tutto qui? Forse, ma non poco, mi avvicino
al punto in cui tutto è chiaro,
oppure tento di accarezzare l’aria con le mani
insanguinate di inchiostro
e capire il suo odore nelle mie nari (interpretare
è probabilità di coscienza):
comprendere i segni è l’unica impresa della specie,
l’umana possibilità di gestire
il disequilibrio fra gioia e dolore.
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La tavoletta del tempo
Sono senza inchiostro; rifletto sulla scrittura,
penso e nella mia mente fatta di pergamena ogni lettera
occupa un posto, una dimensione;
ogni lettera è una lingua, una sfumatura,
storia di tempi:
sono uscito da me stesso nelle notti di fuoco,
cercando sensazioni dell’essere
ma non ho ancora inciso tavolette
di nuove grammatiche;
ho solo dei percorsi, mappe interiori
tracciati in segni – dimensioni
dell’essere sul filo dell’esperienze.
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Winter Sunday
A path through the look of the window,
the pale sun and the winter outside,
the fair solitude inside me;
and I – listening to Rachmaninov,
my fingers between the pages of my books –
leave myself to the reflection of the day
and I think that poetry
is the word itself on the brink of its meaning.
Word is what has created about life.
Life is the result of what we have said through poetry.
Domenica d’inverno
Un tratto dallo sguardo della finestra,
fuori l’inverno e il sole pallido,
dentro me una chiara solitudine;
ed io – ascoltando Rachmaninov e
sfogliando le pagine dei miei libri –
mi lascio andare alla riflessione del giorno
e penso che la poesia
è la parola stessa sulla rottura del suo significato.
La parola è quanto ha creato della vita.
La vita è il risultato di quanto detto attraverso la poesia.
(Quest’ultima poesia è un’autotraduzione di Davide Zizza)
Davide Zizza, è nato a Crotone, dove vive. Lavora in un call center. Qualche recensione dei suoi versi è apparsa su testate culturali locali e su un paio di testate nazionali, fra cui l’inserto Specchio della Stampa, nella rubrica Poesia curata da Maurizio Cucchi. E’ consigliere dell’associazione culturale www.lemadie.it di Crotone che organizza laboratori di lettura e eventi culturali.
Ringrazio di vero cuore Luigia Sorrentino per questa presentazione 🙂
Caro Davide,
Sono io che ringrazio te, davvero, soprattutto per la modestia, la semplicità, la discrezione, con cui ti poni.
Ti auguro ogni bene. Con la poesia, lo sai, si sta bene, perchè ascoltare la propria voce – la vocina profonda che sta dentro di noi – è un balsamo per tutta la vita.
Ciao e a presto!
Poesia che raccoglie senza clamori le “briciole nel taschino del gilè” (Cucchi) e tenta – come in “La tavoletta del tempo” – di districarsi nel labirinto – quello vero, quello impossibile – borgesiano.
Complimenti!
Grazie Bruno, di vero cuore.
Figurati 🙂
Caro Davide
chi meglio di me può riconoscere la tua sensibilità letteraria che riesci a tirare fuori nei momenti più travagliati della tua vita. Hai un potenziale enorme di cui tutti i crotonesi ne dovrebbero fare tesoro,in attesa che lo consolidi e lo doni ai nostri cittadini ti faccio i miei migliori complimenti.
Un abbraccio
Karellik
Caro Antonio,
ti ringrazio tanto per aver lasciato un segno del tuo passaggio in questa pagina, è stata una bella sorpresa. E ti ringrazio per la tua stima di sempre e per aver creduto in quello che ho sempre fatto: scrivere.
Nei momenti liberi riapro i cassetti dove conservo gli articoli pubblicati sul tuo giornale e la memoria viaggia.
Un caro abbraccio.
Davide
Pingback: Una segnalazione della giornalista Rai e poeta Luigia Sorrentino, 9 maggio 2011 « Lette(ratura)
Le poesie possono essere interessanti, ma ancora mi sembrano
un po’ acerbe…
gentilissimo De Vita,
le poesie di Davide sono ‘in percorso’, le assicuro che è anche uno dei pochi ad esserne consapevole. Non a caso sono ‘Opere Inedite’. Certo, nella stessa sezione ci sono autori già affermati, alcuni più che affermati…
Ma dare spazio a una ‘possibilità di poesia’, tornando al caso di Davide, le assicuro, è importante. Sono tantissimi i giovani alla ricerca di qualcosa che dia un senso alla loro vita. Perché negare questa possibilità? Scrivere poesie, tentare di scriverne, significa anche porsi in relazione con se stessi. Ascoltarsi, cominciare a dare importanza alle parole, porsi quindi, non solo in un modo ‘esteriore’ come la Società impone,ma in ‘un altro’ modo. Leggere, cominciare a leggere, e non soltanto o non necessariamente poesia, ma tutto ciò che pian piano entra – con interesse – nel percorso della vita, ddella nostra vita, una vita speciale. Meglio tentare di scrivere una poesia, o leggere un libro che ascoltare il borbottio della tv… non le sembra?
Io cerco Davide. Cerco persone come lui.
Grazie per il suo intervento.
complimenti Davide le tue poesie sono sempre musica per chi ascolta col cuore i tuoi versi…..e regala sensazioni autentiche espandendosi nell’etere delle più fragili emozioni……