Un bellissimo disegno dell’autore apre “Cresce a mazzetti il quadrifoglio” e gli occhi di Francesco Balsamo anticipano, nei tratti a matita, le parole dei suoi versi. Versi di tenerezza, ma senza autocompiacimento e fili di una malinconia che affiora sempre, ma senza rabbia. Il linguaggio è lieve, chiaro, con prevalenza del frammento e una vena surreale fin dal testo di apertura: “fare la gallina delle cose in miniatura/ come faccio io/ e con tutte le parole/ sparire nel calzino nero di una poesia” p. 12.
Eventi quotidiani e cose minime ci dà la voce dell’autore, la cui poetica è una delle più mature e interessanti, tra quelle apparse negli anni zero. Balsamo è siciliano, la sua isola si affaccia qua e là nei testi e sentiamo così il sapore della vita in una provincia in cui l’inatteso accade: “ digrigna di caldo il giorno/ la testa di leone della luce/ io salto giù da una/ delle quattro torri del tavolo” p. 53; e l’amore ha gesti e parole che riconosciamo e nello stesso tempo sanno essere nuovi: “servirebbe scriverti/ cominciando dal pane —/ uno vive in piedi come il grano…/ p.48.
Una percezione, del mondo e della vita, che sono insieme condivisione e consapevolezza dell’unicità di ognuno. Dove troppo pacificata potrebbe apparire la visione ecco il colpo che destabilizza le certezze: “ ho in bocca la ghiaia delle parole…” p. 120; o ancora “ con questa matita da passeggio/ ho una memoria da viandante…” p. 121 E se infine la pace invocata arriva è per saldo sentimento interiore, non come un rammendo su un panno liso: “pace/ anche quando manca/ e punge di freddo/ e mi gela la coda del foglio” p. 125.
In QuiLibri n. 32 – novembre dicembre 2015
Francesco Balsamo, Cresce a mazzetti il quadrifoglio (Il Ponte del Sale, 2015)