Con Cieli celesti Claudio Damiani ha scritto un libro in cui il suo pensiero filosofico si apre all’orizzonte della scienza. La chiarezza espressiva e la forma contemplativa dei versi, però, sono le stesse dei libri precedenti, quelle apprese dalla lezione dei latini e di Petrarca. Così come il ritmo continua a essere dialogante: il suo rivolgersi agli uomini, agli animali, alla natura, all’intera creazione come fossero tutti parte di una “comunità” – che poi significa capire quanto ogni cosa è indispensabile all’altra e che proprio questo è il “miracolo” di cui facciamo quotidianamente esperienza.
Nel tempo della nostra vita, all’interno di un universo tanto vasto e tanto misterioso da sovrastarci e spesso spaventarci, Damiani percepisce un disegno – la rivelazione di un’intelligenza universale che illumina la mente – come una linea che scorre inesorabile lungo i secoli e i millenni. Di quella linea, l’essere umano, l’individuo, non è solamente un punto tra gli infiniti altri, ma è un nucleo di energia, un «quanto di tempo», scrive il poeta servendosi dei termini della fisica: è la possibilità che il disegno – un disegno che Dio, o qualcuno a cui abbiamo attribuito questo nome, ha pensato – si compia. Come l’anello infinitamente piccolo di una catena infinitamente grande, la sua stessa esistenza determina il passato, il presente e il futuro dell’universo. Allora, il tempo dell’uomo non è mai veramente finito, e pure la morte è parte del disegno. Ed è necessario viverci, nel tempo, al massimo delle nostre possibilità, come il sole, che ogni giorno e ora «ha scaldato e illuminato / i corpi intorno, senza mai fermarsi». Cioè viverci anche in comunione con tutte le cose viventi – che in virtù di questo sono sacre –, scoprendo che siamo parte di una “continuità”, e che il nostro presente sarà il passato e la ragione di vita per chi verrà, così come noi siamo il futuro di quelli che sono stati, e che tutto il tempo è l’ “essere” stesso, cioè il senso del nostro stare e compierci nel mondo.
Damiani, tra le voci poetiche più originali e vere del nostro tempo, in Cieli celesti ci regala la più alta sintesi di un pensiero e di una forma espressiva che si vanno definendo fin dagli anni Ottanta, rimanendo, proprio nella perfezione raggiunta, ancor più fedele a se stesso.
Canzone dei caduchi
Siamo caduchi, siamo quelli che cadono
sul campo di battaglia della vita.
Ci falda il tempo, che ci insegue in ogni momento
dopo averci partorito,
ci titne il fiato sul collo
e non ci lascia respirare.
Se ci fermiamo un momento
lui passa e noi lo stiamo a guardare
come dalla spalletta di un ponte
ma ci divora dentro.
Che cosa succederà domani
tu non lo puoi sapere
per questo sei nelle sue mani
e non ti puoi liberare.
Siamo caduchi, siamo quelli che cadono,
cadiamo come le mosche,
quando nasciamo ce l’abbiamo scritto in fronte
che cadiamo,
ma non ce ne vergogniamo
anzi camminiamo a fronte alta
con la nostra morte nel cuore.
Non siamo soli, siamo tanti,
siamo un esercito immenso,
marciamo insieme, spinti dal tempo
con questa croce sul cuore.
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Claudio Damiani è nato nel 1957 a San Giovanni Rotondo. Vive a Rignano Flaminio, vicino Roma. Fra le sue opere di poesia: Fraturno (Abete,1987) e Attorno al fuoco (Avagliano, 2006, Premio Mario Luzi). Per Fazi Editore ha pubblicato La miniera 1997, Premio Metauro), Eroi (2000, Premio Montale), Poesie,a cura di Marco Lodoli (2010, Premio Laurentuum) e Il fico sulla fotezza (2012) Premio Camaiore Premio Brancati).
Nel 2016 è uscito il saggio La diffcilile facilità. Appunti per un laboratorio di posia (Lantana edtote).