Dalla Nota di Marco Corsi a Gli amori terreni 2009-2012
Le parole che compiono un gesto intorno ad altre parole hanno una doppia responsabilità: quella non facile di indicare una direzione e quella più onerosa di trovare il punto cieco del discorso, il suo inesauribile centro. Tanto più se certe parole – quelle che sono oggetto di osservazione – possiedono un passato importante alle spalle: un passato che conta almeno quarant’anni di poesia e di pensiero critico sulla poesia.
Critico in quanto giudizioso, rigoroso, ma soprattutto fedele, capace di dimostrare i minimi sussulti e l’evoluzione piena delle ragioni di un’esistenza. Pensiero che è ragione e, insieme, inevitabile modo di sentire e di stare nel mondo, di interagire con tutte le sue più consuete manifestazioni.
Un lavoro che è lento rammemorare e smemorare, ondulato rasoio di nomi e di date, quell’oscillare aprirsi e rifrangersi del mare che spesso torna a dar suono e vita ai versi di Anna Cascella Luciani, a porre «la domanda più struggente», se mai ve ne fosse bisogno.
Che sia la vita in punta di versi, o l’affilata sintassi del poetare che assottiglia la massa – ciò che prende la marmaglia indiscreta dei giorni e ne fa una superficie cristallina, col dono impeccabile della leggerezza. Un “parolare” a passo di danza, come già si impegnava a dire Giovanni Giudici nella nota a i semplici, desumendo dalla lirica Among School Children di Yeats l’abbrivio per le sue considerazioni, specie dall’interrogativo finale del poeta inglese: «Come distingueremo la danzatrice dalla danza?». In poesia, forse, un rimedio esiste – è il tempo. La costruzione del libro che avviene non per partenogenesi, ma come assemblaggio, tecnica: apprendistato che si riversa in consapevolezza e si apre in movimenti. Così scorrendo l’indice riaffiorano alcuni passi, riemergono plaquettes che hanno segnato le tappe interlocutorie di questo viaggio in poesia: le narrative in paesaggio urbano già edite con Il ragazzo innocuo di Luciano Ragozzino; Voliera 2010 era il titolo scelto per tre poesie stampate con André Beuchat e le sue edizioni Alma Charta… Segni del tempo che costruisce ponti sulle distanze, come sembra suggerire il disegno di copertina qui appositamente realizzato da Ettore Spalletti.
Uno stupore quieto e nuovo, mai innocente. In questi nuovi versi, che arrivano dopo il volume di Tutte le poesie pubblicato per Gaffi nel 2011, la differenza tra ciò che è antico e ciò che è moderno si colloca tra la disamina pacatissima e attenta degli eventi e la loro incessante proiezione, nel processo inevitabile della sedimentazione: un lento colare, un gocciolare, un passare al vaglio le ore e confrontarle di volta in volta con la misura dell’eterno, fino a renderle inani, «irte imperizie del giorno». Ma si procede sempre oltre, non ci sono sbalzi, semmai una solida, coerente architettura, geometrie disegnate dalla voce cui fa eco da sponda a sponda la sostanza del discorso. Un riverbero continuo e sonoro che si dà fino al possibile compimento, fino alla trasformazione dell’auspicio in materia del canto, oppure lievitando nella sostanza del desiderio, per scalfire l’ordine di una realtà instabile e indecidibile, per tramutarla ancora in volontà. Come dice Massimo Onofri a proposito di Tesoro da nulla (1983-1989) nell’introduzione al già citato volume complessivo: «Se la vita si vanifica nel niente dei suoi tesori, sarà comunque l’evidenza della musica a replicarne la verità, a consentirne, per via di prosodia, la consistenza». Insomma, una voce consapevole della sua ineliminabile condizione e coscientemente prodiga di aggettivi, di tratti chiari e asciutti nel giro di un verso fratturato eppure indivisibile.
da Gli amori terreni. 2009-2012
(impervio dire)
non mi hai mai chiamato
Anna – non potevi –
non c’eri – chi sa chi eri –
chi sa le gambe – il costato
l’avventura del passo – il tuo
respiro – gli occhi – la fronte
la forma della bocca – il tono
della voce – chi sa che parole
avresti detto
(ti dicevano soldato –
disperso in Russia – gli inverni
nella neve – dopo la guerra
d’Italia nel giugno del ’40 –
poi non fu detto più niente –
eri scomparso dai racconti
all’infanzia – chi sa di dove
eri – se di Roma o di altro
luogo – chi sa l’incontro
con mia madre dove è stato –
– chi sa dove sta la sepoltura
– lei è nella sua cappella
di famiglia – chi sa che parole
hai usato e cosa dicesti a te
stesso andando via – se accennasti
qualcosa – se ti dispiacesti
del tuo non volere essere
padre – chi sa chi sei stato –
mia madre di te non mi ha
mai parlato) –
senza nostalgia (gli assenti
non lasciano orme – luoghi –
archivi – documenti) di te –
non-padre scrivo “forse
avremmo fatto gite
– costruzioni di sabbia –
rincorse tra le reti (in rima
di conchiglia) – tu forse –
padre – io forse – figlia” –
(in quell’esigua striscia
degli affetti che balena
come acqua sulla riva –
torna – si ritrae – è fonte
viva) –
*
Olga mi ha regalato
un ibisco rosso –
stupefatta lo ammiro –
entrato in casa dopo
anni di assenza – uccello
del paradiso le ali
dei petali purpurei –
glorie vegetali – sontuose –
e umili – nel pretendere
solo la sorella acqua –
e una terra amica – scevra
di guerra – e a lui
compagna – sodale – di una
morte detta “naturale” –
*
in quel mese Giove
a disegnar farfalle –
le calle – bianchissime –
a fiorire – compagne
alle magnolie – e lui
a dire “non prender sole –
non abbronzarti – mi piace
il candore che illumina
il tuo corpo – poi – quando
me ne andrò godi l’estate
ma non scurirti troppo –
potrei voler tornare
e trovare intatto il tempo –
il mese – il corpo”
ma Ade aveva in sorte
patrimonio diverso – pure
era dolce la richiesta –
e a quell’esteta di stremata
presenza – di voglia inquieta –
detti comunque retta
in quell’estate –
Nell’anno dei 75 fuggevoli, nel segno dei Pesci
Premio Tarquinia-Cardarelli per la poesia, 2008, i libri di A.C.L.: Le voglie in Nuovi Poeti Italiani, 1, Torino, Einaudi, 1980; Tesoro da nulla (1983-1989), Milano, Scheiwiller, All’Insegna del Pesce d’Oro, 1990, premio “Laura Nobile”, premio Mondello opera prima, nel risvolto di copertina parte delle motivazioni scritte da Fortini per il “Laura Nobile”; Piccoli Campi, Nota di Giovanni Giudici, Grottammare, Stamperia dell’Arancio, 1996, premio Sandro Penna, “Procida, Isola d’Arturo – Elsa Morante”; i semplici, Roma, Il Bulino, 2002; Migrazioni/a specchio, Bomarzo, Il Cervo Volante, 2008; Tutte le poesie (1973-2009), Roma, Gaffi Editore, 2011, premio Luciana Notari, di Massimo Onofri l’Introduzione al libro. Prime presenze di versi, in «Nuovi Argomenti», fine anni ‘70. Pubblicazioni – come in «Kamen’» -, in antologie e riviste italiane e straniere. Il saggio I colori di Gatsby – Lettura di Fitzgerald, per Lithos Editrice, Roma, 1995. Con le Edizioni l’Obliquo, Brescia, 2011, Emily Dickinson. Rosso, purpureo, scarlatto, versioni e cura. Tra gli anni ‘70 e i ‘90, in onda su RAI Radio 3, recensioni di testi per le letterature angloamericana ed inglese, rubriche di poesia, e Bolero, un radiodramma. Nel 2009 – Biblioteca Vallicelliana di Roma -, una «Mostra di poesie in edizione d’arte», a cura di Fabio Guindani, scaturita dagli incontri, negli anni, tra le poesie di A.C.L. e gli artisti. Collaborazioni con Ettore Spalletti, Achille Pace, Franco Dugo, Tommaso Cascella, Simonetta Melani, Nicoletta Moncalieri, Enrico Pulsoni, Walter Piacesi, con editori d’arte – Mugnaini, Dossi -, con incisori-editori – André Beuchat, Luciano Ragozzino, Gaetano Bevilacqua -, con acquarelli e edizioni di Cosimo Budetta -, e altri, tra cui le plaquette con il PulcinoElefante, e M.me Webb. Del 2014 e 2015, Ad insulas e Pinakes – M.me Webb Editore, Domodossola -, con disegni e collage di Giuseppe Arcidiacono -, come, con G.A., nel 2016 – nella collana «L’officina di Mnemosyne, I», Catania, Monforte Editore -, Camera romana. Nata a Roma, il 20 febbraio del 1941.