Osip Mandel’štam

Nota d’introduzione
di Gianfranco Lauretano

Nel 1913, quando il mondo intero stava per fare un doppio salto nel vuoto, trascinato dalla guerra mondiale e dalla Rivoluzione, a San Pietroburgo un gruppo di poeti si inseriva autorevolmente nella letteratura russa, rompeva i legami con il simbolismo tra Otto e Novecento, alla ricerca di un realismo autentico e concreto, mosso dalla volontà di raggiungere l’acme delle cose, toccare la loro essenza. Di quel gruppo facevano parte Sergej Gorodeckij, Nikolaj Gumilëv, Anna Achmatova e Osip Mandel’štam.
Quello stesso anno Mandel’štam dava alle stampe la sua prima raccolta di versi, La pietra. La sua poesia è intrisa di sentimenti primari, oggetti, viandanti, specchi, dita che scivolano sulla superficie del mondo e sulla carne. I suoi versi sono pietre levigate, limate con tenacia e sapienza. Il suo è un gesto poetico netto, puro, indomabile.
È una lingua che si confronta con la natura, la contempla, la ricrea.
La pietra viene oggi proposta per la prima volta al lettore italiano. Pubblicarla a più di cento anni dalla sua uscita è rendere giustizia a una figura solenne, oltre che un atto di fede nella letteratura. È infine un tassello di rilievo in un catalogo come quello del Saggiatore, casa editrice da sempre incline all’immersione e alla costruzione di una cosmogonia novecentesca, con opere come Brooklyn è di James Agee, Gli immediati dintorni di Vittorio Sereni, Urlo & Kaddish di Allen Ginsberg, La Nebbiosa di Pier Paolo Pasolini, Diario del ladro di Genet.

ESTRATTI

Il rumore prudente e sordo
del frutto, caduto dall’albero
tra il canticchiare continuo
dal silenzio profondo del bosco..

(1908)

**

Bruciano come lamine dorate
gli abeti natalizi nel bosco,
nei cespugli lupi giocattolo
guardano con occhi spaventosi.

O eterna mia tristezza,
o mia quieta libertà
e dello spento firmamento
cristallo che sorride sempre!

(1908)

**

Dalle sale oscurate, improvvisamente,
sei scivolata in scialli leggeri –
se non abbiamo disturbato nessuno,
non abbiamo svegliato i servi abbandonati…

(1908)

**

 

CARSKOE SELO

                          A  Georgij Ivanov

Andiamo a Carskoe Selo!
Liberi, avventati e ubriachi
là sorridono gli ulani,
saltando sulla forte sella…
Andiamo a Carskoe Selo!

Caserme, parchi e palazzi,
e, sugli alberi, fili di cotone,
e attaccano boati di “salute”
al grido di “ciao ragazzi!”
caserme, case e palazzi…

Case con un unico piano,
dove generali con il chiodo fisso
passano il loro stanco secolo
leggendo Niva e Dumas…
sono ville, ma non case!

Fischio di locomotiva… Arriva un principe.
Nel padiglione di vetro c’è la suite!…
E trascinando la sciabola irritato,
esce vantandosi un ufficiale:
questo è il principe, senza dubbio…

E ritorna a casa
nel regno di galateo, naturalmente,
risvegliando una paura segreta, carrozza,
con reliquie di canuta damigella,
che ritorna a casa…

(1912)

**

A una straordinaria libertà
è bello pensare vicino a una candela.
– Innanzitutto rimani un po’ con me –
s’affliggeva di notte Fedeltà.

– Solo io la mia corona
depongo su di te
così che a Libertà, come a una legge,
amando tu ti sottometta…

– Io a Libertà, come a una legge,
sono fidanzato e pertanto
questa agevole corona
mai mi leverò.

Sta a noi, scagliati nello spazio,
condannati a morire,
rimpiangere la splendida
costanza, e la fedeltà.

(1915)

Traduzione di Gianfranco Lauretano

Osip Mandel’štam (1891-1938) crebbe a San Pietroburgo, dove si legò a Gumilëv, Gorodeckij e Anna Achmatova, e insieme a loro diede vita al movimento dell’acmeismo, di cui nel 1913 scrisse uno dei manifesti. Nello stesso anno pubblicò la sua prima raccolta di poesie, La pietra. Trasferitosi a Mosca nel 1922, si dedicò alla critica letteraria e alla memorialistica, pubblicò nuove raccolte e rimise più volte mano a La pietra. Nel 1933 venne arrestato e mandato al confino sugli Urali, poiché avverso al regime di Stalin, ferocemente preso in giro nella celebre poesia Viviamo senza neanche l’odore del paese. Nel 1938 fu nuovamente arrestato e deportato in Siberia, costretto ai lavori forzati.

Morì quello stesso anno, nel gulag di Vtoraja rečka. La moglie Nadežda dedicò la propria esistenza a conservare, clandestinamente fino alla morte di Stalin, l’archivio di Mandel’štam, spesso trascrivendo poesie imparate a memoria. Tra i non molti libri pubblicati in Italia ricordiamo Poesie (Garzanti 1972), Viaggio in Armenia (Adelphi 1988), Quaderni di Voronež (Mondadori 1995), La conchiglia e altre poesie (Via del Vento 2005), Ottanta poesie (Einaudi 2009).

Osip Mandel’štam, La pietra, (testo a fronte) traduzione e cura di Gianfranco Lauretano, € 14.00

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