Pensieri sulla poesia
di Salvatore Carvelli
«Credo sia come quando all’ improvviso, ti trafigge la tristezza o ti rallegra il buon umore. Non sai comprenderne sempre il momento o il perché, ma ti arrivano in petto come se fossero invisibili frecce lanciate da l’etereo arciere. Questo è quello che mi capita quando mi vien da far poesia. Il cuore e l’anima sono predisposti a ricevere tristezza ed allegria così come il cuore e l’animo di un poeta sono predisposti a creare versi. C’è, tuttavia, un momento che prediligo più di altri quando scrivo, ed è il mattino presto. Sono ore di estrema quiete. Così come la lettura, anche se spesso posso leggere di pomeriggio o di sera perché il lavoro mi occupa tutto il giorno. In prevalenza mi piace leggere di storia e di poesia, alternando con quotidiani ( specialmente in rete ) e informazioni di natura politica. Amo raccontare il mondo ai miei figli e raccontargli del mio lavoro e delle mie passioni che credo siano chiare. Il mio lavoro è tecnico. Faccio il geometra.»
Sparso discende sul foglio l’amore
Io vorrei che tu, o mio maestro,
m’ispirassi versi di quel dolce stil
nuovo che ancor si loda nei cortil
e nelle piazze e per i qual l’estro
da gentil cuor fu dato e destro
in esso risiede, come ne la gentil
alma la virtù e non m’è certo ostil
la biro quand’umile io l’orchestro:
sparso discende sul foglio l’amore
e nobil sospiro il bel suono
compone: rime, ricolme d’ardore.
O maestro, or sai ch’io sono,
son io poeta ch’ha nel cuore
l’amor cortese, e a lei lo dono.
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Divina fra le altre in terra andava.
Divina fra le altre in terra andava,
qual nuova meraviglia virtuosa,
e onesta incedeva l’acerba Rosa
che incosciente il tempo sfidava.
E come folgore luce emanava,
tanto che fuoco in cuor si posa
e certo oscurità m’è or’ascosa:
qual dolce baglior in lei regnava!?
Certo la mia è beata sorte!
nel mentre di cammin muovo pensare:
nulla mi spaventa, neppur la morte;
più volte prodigi mi fa ammirare
quand’ecco che umile decor si porta
e tutti s’affrettan di stupor celare.
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Come il sol
Hai tu sguardo che come il sol
si brilla e in me rimandar si vuol
come dallo specchio la figura
e cammini tenendo un’andatura
che quella ch’ accanto porti, si duol
per astio, tanto che orgoglio suol
sfoggiare ,laddove sola non sfigura
e poi teco ritorna impura.
E come il fior di primavera,
tu donna vanti i tuoi colori
e dolcemente in quel di sera
d’un uomo svesti i suoi timori:
di molte vite il sogno s’avvera
e nella mia rividi gl’albori.
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Rideva di me, chi l’amor l’avi’avuto
Lei che sentì quel cuor sì muto
d’un uom che l’altre non vollero udir,
scoprì segreto che tanto temuto
mi fece di vita desio morir.
Rideva di me, chi l’amor l’avi’avuto
giorni dannati che m’han fatto patir;
burla pareva quel duol risoluto,
tanto che d’altri mi feci svarir.
Ma l’amor non dà di sé notizia
e inonda i cuor all’improvviso:
diga non c’è, che lo può contenere.
Poi m’ accorsi pur senza mestizia
che a quei stretto gl’apparve sorriso:
l’amor non seppero per lor tenere.
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Ti amo quindi immensamente
Ti amo, perché sorgi in me ridente
come luce d’un caldo mattino
e quel tuo cuor garbato e fino,
come il sole è risplendente;
ti amo quindi immensamente,
onesta pur se non mi hai vicino
sembri Madonna del divino:
io li m’ esprimo fortemente !
Il buon Dio non me ne voglia
se per mia gentil creatura,
che d’ogni peccato pare spoglia,
io non mi riserbo più misura.
Ella riman dietro la soglia,
pur quando par non aver mura.
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E l’alma mia muta presto s’accese
Era giorno che l’aura pigra
e arsa il cuor assai denigra,
e proseguendo per i vuoti
luoghi, sempre di più gl’ignoti
spazi mi parevan remoti:
né vidi infatti, folla che s’emigra
di quei palazzi e vie ove morta
la vita abitar e nullo chiamare;
quando un ombra vidi in su la porta
e conscio di ragion distorta,
mirar mi fece, lei di là voltare:
d’un tratto vista, mi fu risorta.
E vidi donna non brutta ma bella,
divina forma che rosso mi rese:
ch’andarvi vicino l’ardor mi prese,
tanto che astio al sol e la stella
gli mosse nel ciel per calabrisella.
E l’alma mia muta presto s’accese
sì tanto che l’acqua, fresca pretese:
saetta d’amor ch’al cuore s’appella!
***
Spazi
Troppi spazi di qui osservo
e il mar,
che deserto mi rende;
e vado verso il mio confine,
che son penisola d’amore.
Ed ecco Leggi,
io questo le dissi:
Arcipelago d’ istanti è questa
nostra vita,
e per ogni cosa un tempo,
ma spesso lui ci fugge
e noi lo rincorriamo
e più che mai distratti ,
d’ amar , non ci curiamo.
Così ho deciso amo !
E la mente va, fugge;
fuori da queste mura.
Oggi inseguo il delirio !
Voglia di fuggire, di amare,
voglia di volare.
Oggi, io Amo senza distrazioni,
oggi scrivono le labbra;
perché dell’ alma,
ho schiuso le porte e io amo!
Oggi te lo dico che ti Amo !
Salvatore Carvelli è nato a Milano il 28 ottobre del 1973. Ha conseguito il Diploma all’Istituto Tecnico per Geometri. In quegli stessi anni iniziò ad appassionarsi alla poesia, dopo un incontro con alcuni poeti italiani. Il suo primo componimento è Padre Mio. Innamorato della sua patria dedica alcuni versi all’Italia “che riflettono – come lui stesso scrive – non solo il dichiarato amore, ma un auspicio per un domani fiero e sincero“. Nel 2007 pubblica È tinta la pelle ma rosso è il sangue, silloge di poesie che raccoglie i versi già pubblicati nel 2006, nella sua prima raccolta La voce del silenzio. Poési (m ) segna il passaggio dell’autore con la casa editrice Pagine.
E’ vero la poesia è improvvisa, specie di questi tempi dove tutto è fermentato dalla velocità e dalla fretta, di fare tutto, svelto; perché la poesia in realtà è spirito, spirito che parla e ci parla, nel quale noi ci muoviamo ed esistiamo, per questo è tutto quasi ritrovato in noi come fossimo dei contenitori, in realtà, come dei mezzi attraverso cui si trasmette e scorre questa ‘poesia’ che noi esprimiamo.
Ciao ducy ti ringrazio per il commento.
Scusa, ma non mi ero, fin’ora, collegato al sito.