Dalla prefazione di Simona Baldelli
“[…] Le poesie di Daniele Campanari, in questa sua nuova opera CORPO DISUMANO, ci consegnano uno sguardo denso e disilluso su una realtà che è fatta di solitudine e dolore, attonito contenitore di vicende difficili da codificare.
Le parole sono disperatamente soggettive, scritte nella carne (nella realtà o nella finzione, poco importa, giacché sulla carta tutto diventa vero) e, proprio perché così credibilmente ancorate al suo essere, parlano all’orecchio di chiunque le ascolti, in virtù di quel desiderio di connessione, o tensione all’assoluto, cui ogni essere umano aspira.
Il volume è diviso in due parti, notturna e diurna.
Il corpo disumano nella notte, offre uno sguardo intimo, rivolto a sé, analizza il proprio privato, la vanità e l’esteriorità dei rapporti di coppia, i vincoli familiari, le incomprensioni, le inevitabili delusioni che affliggono l’uno nel momento in cui si “aspetta” di ottenere qualcosa che l’altro, non può, non sa, o non vuole dargli. Il fallimento delle ambizioni personali, del nostro essere amanti, padri, madri, fratelli, l’inadeguatezza alla coerenza. La totale mancanza di etica.
Di giorno, quel corpo, tanto più disumano quanto più si fa carico dell’insensibile sguardo dei molti, osserva oggettivamente, ciò che è sotto gli occhi di tutti.
Ecco quindi entrare nella visuale della telecamera il bambino siriano e il suo sonno eterno sulla sabbia. I diseredati in fila alle mense caritatevoli, i morti degli attentati e di tutte le stupide e inutili guerre.
Quel perverso meccanismo, in virtù del quale, una realtà spiattellata davanti ad un obiettivo diventa narrazione, contrariamente alle fiction, che sembrano aver preso il posto della realtà di cronaca. […]”
ESTRATTI
Da: Corpo disumano, Oèdipus (2017)
se mai con le mani ci suonerai qualcosa
non eravamo buoni in quella lista da depennare
non eravamo il momento;
ma nella parola momento c’è il tempo impegnato
dalla lingua per scavalcare i denti e cos’altro.
quanto eravamo lenti, vero, la mattina è il preascolto della giornata
e per gli altri, questi in fila, come fai a tenere l’angolo in disuso.
cosa non va nell’apparire come carne propria
le cose che fai e non dici, queste cose sono fasi
semmai infilzaci, infilaci il berretto semmai
se mai con le mani ci suonerai qualcosa
le cose sono come miopia
lo scoglio appena bianco, vedi, è un pescatore di pinne
e l’attrazione è il pescato di tutte le albe vicino a casa tua.
è qui che vieni ogni martedì di scuola e io che non pensavo di venire qui:
non avevo contato le meraviglie del mondo ma sapevo della tua faccia.
le cose, qui, le cose sono l’immenso, le cose come questo mare
le cose elementari che mangiano questi pesci si chiamano organismi
è che non sapevo di vederli qui.
quaggiù, proprio sotto ai mignoli, c’è lo scoglio appena bianco:
ti chiedo se sei felice e io non sono felice, non te lo dico
è che le cose, qui, le cose sono come miopia
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Daniele Campanari (Latina, 1988) è giornalista, speaker radiofonico, autore, attore e doppiatore. Collabora con diverse testate cartacee e online, si occupa di cultura (letteratura, teatro, cinema) oltre che di cronaca bianca. Ha pubblicato le raccolte di poesie “Giocatore di whisky Bevitore di poker” (Lettere Animate; pref. Davide Rondoni e postf. Simone di Biasio) e “In guerra non ci sono mai stato” (Lettere Animate; pref. Paolo Di Paolo e Nicola Bultrini). È membro dell’Associazione Libero de Libero di Fondi che promuove la cultura in versi e organizza il Festival annuale di poesia “Verso Libero”.
www.danielecampanari.com