Ovvero il barocco isterico e l’enfasi morale di chi si ama (e sbrana) quotidianamente
di Antonio Bux
Sonia Caporossi, in questa sua raccolta d’esordio dall’emblematico titolo Erotomaculae (Algra Editore 2016), erige una specie di Torre babeliana sotto il segno divisorio e spiazzate di un barocco elettrico, nervoso, perciò isterico, che pullula di immagini ridondanti sangue e carne. Queste immagini bisognano di un sostegno cartografico e incisorio per mostrare letteralmente questo affannarsi, questo annaspare nella voglia, nel piacere, ossia nell’Eros che qui non è mai porno, non è mai o-sceno. Anzi, questo Eros è la scena stessa del dettato che è fame di sapere e di raggiungere il desiderio, o meglio, quella ricerca spasmodica di desiderare l’altro, dove l’altro è l’altrove del corpo. Certamente non si tratta di una facile lettura, personalmente trovo difficile trovare una mia chiave emozionale in questa scelta poetica, che però è da incoraggiare per l’ardito compito che prova ad assolvere. Un compito che probabilmente rende il suo scopo più nell’attuazione scenica e nella performance, anche se l’uso di parole desuete e specialistiche e l’incessante aggettivazione potrebbero (forse volutamente, come per mimare l’atto sessuale e cannibalistico della carne quando è amata?) esasperare il respiro e l’enfasi di chi si trovi a s-fiatare questa “messa di onde”. Ma è proprio, forse, per caricare questa messa-in-scena che l’onda animale, o meglio, l’anomalia energetica della Caporossi sceglie di rischiare il proprio sapere per rendersi Eros, ossia volontà di amarsi e, paradossalmente, perdersi nell’o-scenità, dove niente e nessuno oltre la carne può sapere o può esprimere la propria volontà. Dunque è questa negazione stessa dell’azione che vince: infatti, anche nella negazione ed esasperazione di questo libro, nelle sue parole e nei suoi segni, in questo loro sottrarsi, a volte, o amplificarsi, vi è il gusto della de-pravazione amorosa della Caporossi, che non è mai per-versione, piuttosto è enfasi sincera e biologica. Quasi una espiazione, perciò, questo Erotomaculae, silloge omoerotica “bagnata” letteralmente da quell’enfasi morale di chi può amare e dirlo poeticamente solamente essendo ciò che è nel suo (amare) quotidiano, ovvero nel suo essere bestia da pascolo, il solo vero “capro espiatorio”, che è l’essere quando la vita lo sbrana d’amore.