Dalla Nota di Antonio Prete
Questo di Daniele Piccini è un libro poetico. L’affermazione non è tautologica: molti libri di versi non hanno a che fare con la poesia. Mentre Regni nel suo stesso respiro è un libro poetico. Perché fa della parola il campo dove l’assente prende figura e ritmo, dove il visibile mostra il suo confine, cioè l’enigma. E fa dello sguardo sul già stato la soglia di un’interrogazione sul vivente, sulla sua terrestre odissea, sul suo legame sull’apparire e sulla sparizione. […]
La poesia, nello svolgersi di queste sequenze o stanze, è nel guardare l’esistenza – il suo rivelarsi in apparizioni e in mancanze, in presenze e assenze – di qua da un velo è la percezione del tempo come una sostanza che penetra in tutto, e mostra di sé specialmente il vanire, il perdersi nell’ombra dell’irreversibile, dell’impossibile ritorno. […]
L’attesa e l’addio hanno una funzione di rilievo in questi versi. Che sembrano dialogare con la poesia di Luzi, anche in certi movimenti dubitativi e nell’accamparsi di certe voci, in particolare con il Luzi di libri come “Dal fondo delle campagne” o “Per il battesimo dei nostri frammenti”. La poesia è sempre dialogo con la poesia. […]
DALLA SEZIONE “DONI”
La terra dove riposano i morti
è franosa, ne sorgono le lingue
canine e umane, a lambire o a parlare,
perpetuano l’inganno di una vita:
“ancora non comprendi che dormiamo?”
ti ripetono a soprassalti d’ore,
ma le abitudini di un tempo durano
come un discorso ipnotico ed eterno.
Invece eterna è la loro conquista
e fallibile e vuota, amara erba,
la nostra permanenza nel di qua,
che toglie l’uno e l’altro ma non muta
la furia. Eppure è un tempo ancora mite:
vorrebbero accostarsi, qui, tra noi.
*
L’estate è solo un tempo della mente
una piena perfetta che s’inchina.
Esiste come attesa del suo fiore,
la spiga non ferita dalla morte.
Non esiste nell’intimo la fine
della sua curva amata, dei suoi spigoli
cotti dalla canicola, nel canto
disteso di cicale.
Non esiste altro pane per il giorno
che quello cotto al forno della notte
non esiste che esso, senza prima
né dopo, solo lievito che cresce,
che toglie fame e dà la sete santa
per dissetarsi al fresco della sera.
*
Se tu ti volterai sarò perduto.
Prosegui per la curva
del fiume nella valle,
lungo i campi di sonno.
Non appartengo più
al possibile dono,
all’evento che preme oltre l’adesso:
sono nel cuore buio
di tutte le esistenze… Non sfiorarmi
e non chiamarmi a quello che sognavo,
Non esisto se non come si deve,
chiuso al domani che ti batte in petto
come una canzone.
POESIA DEGLI ADDII
Ho detto addio al fuoco delle stelle
perché ardessero, pure e impure, sole.
Addio alle ambizioni di valere
più del me stesso creatura paziente.
Fiamme di amori brevi nella spugna
del desiderio, addio; e addio mio cuore
di una vigilia in piccola provincia.
Ho detto addio ai cani troppo amati,
ai passi di felini ricomposti
nella notte del loro essersi persi.
Il petto è un lago inquieto che si affanna
di ogni cosa a sapere la salvezza,
l’eterna compresenza che non cessa,
anche se è buio, se non torna un essere,
immerso nell’addio, a salutarci.
Daniele Piccini è nato in Umbria, a Città di Castello, nel 1972. Insegna Filologia della letteratura italiana all’Università per Stranieri di Perugia e vive fra Sansepolcro, nell’Aretino, e Milano. Collabora con “La lettura”, “Famiglia cristiana”, “Poesia” e “L’indice dei libri del mese”.
Ha curato edizioni critiche di poeti trecenteschi, un commento al Ninfale Fiesolano del Boccaccio e un’antologia di poeti del secondo Novecento (La poesia italiana dal 1960 a oggi, Rizzoli 2005 e 2012).
Ha pubblicato le raccolte poetiche “Terra dei voti” (Crocetti, 2003), “Canzoniere scritto solo per amore” (Jaca Book, 2005), “Altra stagione” (Aragno, 2006), Inizio fine (Crocetti, 2013). Del 2016 è l’auto-antologia in e-book “Terra del desiderio” (Nomos).