da Quasi un consuntivo, Donzelli, 2017
Mia ombra, mio doppio
talvolta amico ma più spesso
straniero che mi infuria ostinato,
mio calco che nessuna malta riempie,
fantasma appena colto,
di te ho centinaia di fotogrammi
sfrenati dalle corse, trattenuti
nelle reti, mio ombrello protettivo
paratutto, già cieco già binomio d’altro,
convengo con te quel che segue.
Niente di umano scoperchia la follia.
*
I giardini che sperimentano per primi
il silenzio del tramonto
alzano dalle rose un vento di lamento
tutto ciò che è inanimato
geme sotto l’oblique luci
nel mare allora andando in un’oscurità maggiore
sogna l’alito di Dio e vedine la chiarità che salva
*
Nessuno durante il dolce brumaio
è venuto a consultarmi, a proporre
un nuovo colpo per il giorno 18 (nove novembre).
Colpo di stato o di testa che in questo brumaio
chi sperava, chi spera ancora.
È doveroso ricordare che scoppi o scalpicci
s’odono della caccia ai rimasti, questi sì da salvare,
animali non più ferini ma come intristiti
dalla baldoria dell’ultima corsa. Con buona pace
di tutti la dea Ragione s’è strappata
dal calendario e parata da oscuri emissari
è volata.
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Remo Pagnanelli è nato il 6 maggio 1955 a Macerata, dove è morto suicida il 22 novembre 1987. È stato poeta, critico, prosatore. Nel 1980 ha fondato e diretto la rivista di poesia e critica letteraria “Verso”. Nel 1985 ha ricevuto il Premio Montale per il poemetto l’Orto botanico. Le poesie qui riportate sono tratte dal volume “Quasi un consuntivo”, edito da Donzelli.