Lunedì 10 dicembre, ore 18 – 21 Lo Studio Varroni / Eos Libri d’Artista (Via Saturnia 55, int. 2 – angolo Piazza Epiro – Roma) inaugura una mostra antologica di Adriano Spatola.
La mostra presenta opere e documenti di Adriano Spatola, uno dei più significativi esponenti della neoavanguardia italiana nel trentennale della scomparsa. Nonostante siano stati finora pubblicati diversi studi di rilievo, di Spatola, poeta, teorico e critico, c’è ancora molto da dire, specialmente per quanto riguarda la sua attività di sovvertitore di modelli linguistici ed espressivi, non solo nell’ambito poetico cosiddetto lineare, ma anche nel settore performativo, sonoro e visivo.
Lo Studio Varroni, in ragione delle peculiarità del proprio lavoro, ritiene di dover considerare
questo trentennale come una buona occasione per rendere omaggio al poeta, ma nello stesso tempo per ridestare l’attenzione su un tema in continua evoluzione, ma che solo Spatola aveva saputo affrontare con le dovute densità e compiutezza, con sapienza tecnica e con verve polemica in un memorabile saggio pubblicato nel 1969: quello che tratta del possibile itinerario “verso la poesia totale”.1 Un percorso che a tanti anni di distanza merita di essere rivisitato. Specialmente oggi che l’informatica e la complessità mediatica hanno aperto nuovi orizzonti di conoscenza, sembra particolarmente utile, se non addirittura indispensabile, affrontare la problematica con tutti gli aggiornamenti del caso. Del resto globalizzazione e vortici mediatici, allora impensabili, sono prodotti di trasformazioni radicali che inglobano fortemente l’universo linguistico e il panorama delle arti e che innescano processi di usura vertiginosi.
Lo stesso Spatola scrive nella premessa al suo saggio che “la poesia totale si consuma ad una velocità non più commensurabile“.
Ciò è vero proprio perché costituisce una dimensione inglobante, fortemente dinamica, frattale, proprio come accade, del resto, nelle sue memorabili performance, dove il corpo diventa il centro di un campo di forze magnetiche collegate al mondo; ogni battito, ogni pulsazione è un modo di permettere la comunicazione, di favorire collegamenti iper-estetici. Il corpo è un tam tam che dissipa energie, che attua un processo di ionizzazione.
Adriano Spatola (Sapjane, 1941 – Sant’Ilario d’Enza, 1988) studia a Bologna, dove nel 1961 pubblica il suo primo libro, Le pietre e gli dei; ma il taglio post-ermetico di quella scrittura è immediatamente superato. La frequentazione dei corsi di Luciano Anceschi è illuminante. Nel 1962, in un’osteria di via dei Poeti (un segno del destino) nasce “Bab Ilu”. La rivista accoglie, tra l’altro, scritti di Emilio Villa, che Spatola riconosce come uno dei più interessanti poeti italiani. Segue l’attività dei Novissimi e nel 1963 prende parte al convegno di Palermo del “Gruppo 63”. È invitato da Anceschi a scrivere per “Il Verri”; collabora a “Il Mulino”, a “Nuova Corrente” e inizia la sua attività di traduttore dal francese.
L’uscita da Feltrinelli, nel 1964, del romanzo L’oblò lo pone al centro dell’attenzione della critica. Tra il ’64 e il ’67 pubblica la rivista “Malebolge”, con Vincenzo Accame, Giovanni Anceschi, Giorgio Celli, Corrado Costa, Antonio Porta, Nanni Scolari. La pubblicazione inaugura la breve stagione “parasurrealista” che lascerà comunque evidenti tracce nell’opera poetica successiva. Osserva nel frattempo il panorama internazionale della “poesia concreta”, segue il fenomeno “Fluxus” e apprezza le ricerche di Dick Higgins sull’intermedialità.
Sul fronte “visuale” partecipa al dibattito in corso in Italia e incontra i maggiori esponenti della sperimentazione verbo-visiva.
Escono per l’editore Sampietro Poesia da montare, nel 1965, e Zeroglifico, nel 1966. In quell’anno pubblica L’ebreo negro presso Scheiwiller e avvia l’idea di “Geiger”, per realizzarla nel 1967 in collaborazione con il fratello Maurizio. Si tratta di un’antologia “ipersperimentale” che introduce in Italia il modello editoriale dell’assembling press, del tutto nuovo ed originale, appena apparso negli Stati Uniti con “Aspen” di Phyllis Johnson, ma del tutto sconosciuto in Europa. La stessa rivista “Assembling” di Richard Kostelanetz si affaccia solo all’inizio degli anni ’70. Catalizzante, l’incontro con Julien Blaine (con il quale Spatola mette a punto il progetto di “Rabelais”, rivista internazionale interdisciplinare mai concretizzato). Con “Geiger”, è avviato un laboratorio attivo che allarga le aree di relazione e inaugura le omonime edizioni di poesia.
Una sorta di prova generale di comunicazione artistica interdisciplinare, intermodale e intermediale è effettuata nel mese di agosto del 1967 a Fiumalbo, dove grazie all’iniziativa di Claudio Parmiggiani, di Costa e di Spatola e alla complicità del sindaco Mario Molinari, viene scritta una pagina memorabile per la storia dell’avanguardia.
Entra nella redazione di “Quindici” e vi lavora fino alla chiusura della rivista. Spatola sente la crisi dell’impegno, che si profila come atteggiamento ovvio ed inutile, e preferisce, senza alcuna esitazione, la poesia, facendone una scelta di vita. Pubblica Verso la poesia totale presso Rumma (1969) e con le edizioni Geiger, crea la testata “Tam Tam” (1972).
Il Mulino di Bazzano, in Val d’Enza, prima sede redazionale della rivista, si trasforma ben presto in un vero e proprio faro per poeti nomadi. Da lì Adriano e Giulia Niccolai segnalano, coordinano e organizzano, accanto alle iniziative editoriali, rassegne, mostre e festival. Gli echi del tam tam raggiungono ogni angolo del mondo. Pubblica Majakovskiiiiiiij (1971); seguono Algoritmo (1973) e Diversi accorgimenti (1975). Nel 1976 entra nella redazione di “Doc(k)s”, rivista internazionale di poesia diretta da Julien Blaine. Esce La composizione del testo (1978) e con l’editore Ivano Burani inventa “Baobab”, prima audiorivista di poesia sonora italiana. Nel 1981 crea con Tommaso Cascella la rivista “Cervo Volante”, che dirige fino al n° 11. Nel 1982 cura con Paul Vangelisti (traduttore della sua poesia nelle edizioni americane) l’antologia Italian poetry: 1960-1980: from neo to post avant-garde e l’anno seguente pubblica La piegatura del foglio. Intanto tiene mostre personali e di gruppo e partecipa a numerose esposizioni collettive in Italia e all’estero, curando egli stesso alcune importanti rassegne.
Numerose sono anche le sue performance, ironiche e di forte impatto. Il successo di queste azioni poetiche lo porta anche alla ribalta televisiva del Maurizio Costanzo Show. Il suo corpo, la presenza della sua voce dominano la scena e assumono talvolta un carattere sciamanico.
Negli ultimi anni, sempre più marcatamente, Spatola offre al pubblico il poema di sé. Non a caso, nell’ultima sua performance, solo due giorni prima della sua scomparsa, esordisce dicendo: “Mi onoro di questa morte. Farò una marcia funebre sul mio corpo”.2
La mostra contiene opere di poesia lineare, di poesia concreta, carteggi inediti, manifesti, libri, riviste, cataloghi, audiocassette, videocassette, dischi, documentazione fotografica, ecc. In particolare saranno in mostra le antologie Geiger, le riviste Malebolge, Tam Tam, Cervo Volante e la collezione delle audiocassette di Baobab.
NOTE
1
Adriano Spatola, Verso la poesia totale, Salerno, Rumma, 1969; poi Torino, Paravia, 1978. Del saggio esistono edizioni in lingua francese, inglese e spagnola: Vers la poésie totale [presentazione, traduzione e note di Philippe Castellin], Marseille, Editions Via Valeriano, 1993; Toward total poetry [traduzione di Brendan W. Hennessey e Guy Bennet, postfazione di Guy Bennet], Los Angeles, Otis Books / Sismicity Editions, 2008; Hacia la poesía total [prefazione di Giovanni Fontana, traduzione di Fausto Grossi], Sestao Bizkaia, La unica puerta a la izquierda, 2018.
2
In “Baobab” n° 20. Registrazione effettuata a Roma il 21 novembre 1988.
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Adriano Spatola “da zero ad infinito” verso la poesia totale
a cura di Giovanni Fontana e Piero Varroni
inaugurazione
lunedì 10 dicembre, dalle ore 18.00
10 dicembre 2018 – 2 marzo 2019
(dal martedì al venerdì su appuntamento)