“77”, autoantologia di Alessandro Ceni
La nuova raccolta di versi di Alessandro Ceni, 77 poesie, (Edizioni Helicon, 2018) è uno spaccato della sua opera dagli esordi a oggi. La raccolta sembra fondarsi su un concetto di dislocazione a livello fenomenico e linguistico. L’esito è una poesia di impatto sismico, per il rilievo dato all’analogia e al sovvertimento della sintassi. La causa si ritraccia nell’opposizione all’interno della storia, e oggi tanto più pressante, tra un ambiente naturale, primitivo e mitico, in via d’estinzione, e la cruda realtà delle vicende umane.
I campi davanti
Voltatoti,
le rovine fumanti
il pìare lento
il risolversi in un soffio del tarassaco:
revelle
stacca a forza
distoglie in altra parte:
la cupola del fieno
la portula che vi si apre
che ne camuffa un’altra
dove un flamine cieco ti tasta:
gli sconfitti – il tarassaco si china –
ottennero – il tarassaco si pela –
tutto quello per cui avevano combattuto:
ti sei supposito, ti sei sostituito,
ti sei detto il bambino brutto o bizzarro o anormale
lasciato in luogo di un altro rapito dalle fate:
voltatoti,
il rodìo che bucherella la cenere,
il reddito di una promessa,
l’asbesto.
*
Persona sul crinale recinto
I peli del cardo quando volano
ai termini dei campi
chini sul capo addormentato
sfigurato dai sensi dell’asta abbandonata
alle reti
di prode lacune balatri d’uccelli
di litoranee selve d’arbori e d’agri argini
acuminati di gialle fruste
di fossi sannuti e balze e pruni e gelsi
dove declivano le ultime erte
fino a diroccarsi in abisso
la cancellata chiude l’ingresso della cava
la gente dalla rupe
il profilo steccato dell’orlo lì
il terreno è tutto dilavato
si muove e non puoi dirlo
sopra rare fronde
pigliati nelle frasche
per dune
forre stagni
dove lumina la chiostra degli scomparsi
l’eterna e sconfortata luna
la pianta emersa nel buio d’una notte
in diagonale col muro
i pappi muoiono con immote pupe al fianco
oltre i ferri puntuti della fibbia
*
D’inverno
Nell’orto, nella vigna, nell’agro
il tuo fedele vede i luoghi
aridi e sterili e inabitabili,
un volucre basso sui tuoi campi.
Ma canta:
il freddo volgersi della vita
al legame che si volta
nel freddo battere al vento del nastro al
tutore dell’albero,
laggiù nei brogli delle boarie
dove se ficchi la mano nel rovo non sanguina,
né coloro che si chiamano
con la parola più atterrita del mondo
si voltano al tuo affetto inspiegabile.
Su tutto questo ghiaccio
non c’è un pensiero.
Sui terreni nudi
o poco alberati, con fabbricati isolati e
con rade intersezioni di corsi d’acqua, strade,
siepi, macchioni di more continue
paralizzate in bacche aspre ed acerbe
da un ultimo sguardo estivo ora
aperto segno tra due spine del rovo,
sui terreni paludosi o frastagliati
Alessandro Ceni (Firenze, 1957). I fiumi d’acqua viva (in “Poesia Uno”, Guanda, 1980); Il viaggio inaudito (Tosadori, 1981); I fiumi (Marcos y Marcos, 1985 e 1990); La natura delle cose (Jaca Book, 1991); Il pieno e il vuoto (antologia, Marcos y Marcos, 1995); Tra il vento e l’acqua (autoantologia e riflessioni, Edizioni della Meridiana, 2001); Mattoni per l’altare del fuoco (Jaca Book, 2002); La ricostruzione della casa (poesie scelte 1976-2006, Effigie, 2012); Parlare chiuso, tuttelepoesie (Puntoacapo, 2012), Combattimento ininterrotto, (Effigie, 2015) .