COMMENTO DI FABRIZIO FANTONI
La poesia “Il porto sepolto” di Giuseppe Ungaretti, è tra le più importanti del Novecento. Composta nel 1916, mette in evidenza le profonde innovazioni stilistiche che Ungaretti apportò alla poesia italiana a lui contemporanea.
Il testo rivela una straordinaria novità formale rispetto alle correnti poetiche dell’epoca distaccandosi sia della magniloquenza dannunziana sia, dalle ironica “calata di tono” della tradizione crepuscolare.
La parola poetica, restituita di tutti i suoi valori antichi e primogeneii diviene lo strumento per giungere al cuore dell’esistere. Ogni elemento di questo testo rimanda a una dimensione mitica o simbolica: il poeta (nuovo Orfeo) deve tentare un viaggio negli abissi dell’essere e della coscienza, verso ciò che è stato dimenticato e di cui si è perduta ogni notizia. Lo strumento per giungervi è la parola poetica che deve portare alla luce e diffondere il mistero che dimora nel simbolico “porto sepolto”.
Il porto sepolto è, dunque la dimensione da esplorare, ciò che il destino ha affidato alle qualità divinatorie del poeta che come un archeologo porta alla luce, attraverso l’autorità della poesia, ciò che è sommerso o sepolto, il mistero.
IL PORTO SEPOLTO
(Mariano il 29 giugno 1916)
Vi arriva il poeta
e poi torna alla luce con i suoi canti
e li disperde
Di questa poesia
mi resta
quel nulla
d’inesauribile segreto
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Giuseppe Ungaretti. Alessandria d’Egitto 1888 – Milano 1970. Grande maestro della poesia del Novecento, affiancò alla produzione in versi una raffinata attività di prosatore e di traduttore (da Góngora a Mallarmé, da Saint-John Perse a Blake).