Lo so che sono una tra le tante: le
murate, le sconfitte dal silenzio, le
tolte male dai giorni, le
lasciate sole.
Lo so che sono come loro le
accusate, le impaurite quelle
con le porte chiuse, quella
lasciate lì a tremare.
Lo so che sono come sono le
invisibili, le mute, le
soltanto vive.
*
Erano gli occhi a farmi paura, erano quelli che mi portavano nelle stanze delle colpe, negli anfratti sporchi dei silenzi e niente svapavano dirmi se non il loro buio. Avevi gli occhi pieni di spavento. Erano gli occhi che conoscevo: quelli che tenevo avvolti nelle urla, tra gli schiaffi, e che mettevo lontano da loro che ancora potevano giocare senza sapere di te e di me e di come si poteva morire da una stanza all’altra.
*
Volevo solo portare il pattume in cortile come ogni sera, da più di settant’anni. Volevo lasciarlo giù il lordume, la puzza, l’unto e invece ora è tutto dentro di me questa sporcizia, questo seme marcito nella rabbia. Ho avuto paura là sotto sdraiata tra le ombre degli angoli, quando hai tolto la mia vita in un attimo dal cortile, dalle scale, dalla mia casa. Non abito più da nessuna parte. Ora vivo a gambe serrate, appoggiata a un femore che mi condanna a ricordarti.
Stefano Raimondi, (Milano,1964) povertà e critico letterario, laureato in Filosofia. Sue poesie sono apparse nell’Almanacco dello Specchio e su Nuovi Argomenti. Ha pubblicato Invernale, (1999); Una lettura d’anni, in Poesia Contemporanea. Settimo quaderno italiano (2001); La città dell’orto (2002); Il mare dietro l’autostrada (2005); Interni con finestre (2009); Per restare fedeli (2013). E’ inoltre autore dei saggi: La Frontiera di Vittorio Sereni. Una vicenda poetica (1935-1941) (2000); Il male del reticolato. Lo sguardo estremo nella poesia di Vittorio Sereni e René Char (2007); Portatori di silenzio, (2012).