Se mi tornassi questa sera accanto
lungo la via dove scende l’ombra
azzurra già che sembra primavera,
per dirti quanto è buio il mondo e come
ai nostri sogni in libertà s’accenda
di speranze di poveri di cielo
io troverei un pianto da bambino
e gli occhi aperti di sorriso, neri
neri come le rondini del mare.
Mi basterebbe che tu fossi vivo,
un uomo vivo col tuo cuore è un sogno.
Ora alla terra è un’ombra la memoria
della tua voce che diceva ai figli:
– Com’è bella notte e com’è buona
ad amarci così con l’aria in piena
fin dentro al sonno – Tu vedevi il mondo
nel plenilunio sporgere a quel cielo,
gli uomini incamminati verso l’alba.
Alfonso Gatto, da “La storia delle vittime”, Mondadori, Milano, 1966.
Alfonso Gatto nasce a Salerno e compie i suoi studi universitari a Napoli, ma li lascia presto a causa di difficoltà economiche. Durante la sua vita irrequieta si sposta molto e si dedica a differenti lavori: il commesso in una libreria, l’istitutore di collegio, il correttore di bozze, l’insegnante e il giornalista. Come giornalista collaborerà con numerose riviste letterarie come «Italia Letteraria», «Rivista Letteratura», «Circoli», «Primato alla Ruota». Nel 1936, a causa del suo dichiarato antifascismo, viene arrestato e trascorre sei mesi nel carcere di San Vittore a Milano.
Nel 1938 fonda a Firenze assieme allo scrittore Vasco Pratolini la rivista «Campo di Marte», ricollegabile all’ermetismo fiorentino e commissionata dell’editore Vallecchi. Il periodico resta però in vita solo anno.
Nel 1943 entra a far parte della Resistenza.
Dopo la guerra diventa direttore di «Settimana» e inviato speciale de «L’Unità», dove assume una posizione di primo piano nella letteratura di ispirazione comunista.
Tra le sue opere poetiche ricordiamo: Isola (1932), Morto ai paesi (1937), Il capo sulla neve (1949), La forza degli occhi (1954), Osteria flegrea (1962), La storia delle vittime (1966), Rime di viaggio per la terra dipinta (1969). Oltre che poeta è anche scrittore di testi per l’infanzia.
Tra i vari riconoscimenti riceve i premi Savini (1939), St. Vincent (1950), Marzotto (1954) e Bagutta (1955, per l’opera La forza degli occhi).
Muore in un incidente stradale. Sulla sua lapide Eugenio Montale lo ricorda così: «Ad Alfonso Gatto per cui vita e poesie furono un’unica testimonianza d’amore».
La scelta della poesia di Alfonso Gatto qui riportata è di Giovanni Ibello.