Le poesie giovanili di Paolo Volponi

Paolo Volponi

Il giovane Volponi

RECENSIONE DI ALBERTO FRACCACRETA

 

Forse la poesia è tutta un riecheggiare, un ritorno improvviso di connessioni, svasature di senso, brandelli di cose scritte e rivissute. Una recensione occupata a leggere e a commentare le Poesie giovanili di Paolo Volponi, a oggi inedite e riesumate in tre diversi fascicoli da un cassetto della sua casa urbinate, può avere l’occorrenza — con lieve inarcarsi di ciglia e diffusa bonomia — di lasciare per un attimo gli albori (Il ramarro e compagnia) e partire dalla fine, dall’ultima silloge pubblicata in vita da Volponi stesso: Nel silenzio campale (Manni, 1990). Apocalittico ma anche un po’ integrato, lo scrittore che da poco aveva mandato alle stampe Le mosche del capitale (si noti l’insistenza del suffisso -ale), con la sua ultima incursione nella lirica sembra restituire a mo’ di testamento un parlar aspro, un’ispirazione petrosa che è forse la linea carsica su cui si muove la sua intera vena poetica. Dagli inizi, appunto. O ancora prima: dall’Urvolponi di queste liriche frante e onestissime, che «nel primo fascicolo esaminato, il più robusto — le 90 carte — approdano al Ramarro» mentre per gli «altri due, più esili ma anche meno eterogenei, denominati Immagini e Altre, la raccolta di riferimento è L’antica moneta», commenta Ritrovato nella corposa introduzione. «Non mancano, ovviamente, casi di smembramento e di ricombinazione di gruppi di versi che rimbalzano da un fascicolo all’altro, a riprova del fatto che ci troviamo idealmente di fronte a quaderni di lavoro, all’interno di un laboratorio in cui il poeta sperimenta, testa, saggia e non cestina».

Siamo nel pieno degli anni Quaranta, Volponi frequenta l’Università della città natale con gli umori di un intellettuale in formazione lontano dai classicismi (c’è qui forse una consonanza con il Bianciardi studente a Pisa), ruvido, pizzicato dal surrealismo e dai lirici spagnoli, vergine nell’approccio all’opera e non ancora sfrigolato dalle sirene di un ermetismo residuale. I testi «verso Il ramarro» sembrano in aperto dissidio con l’esito finale della silloge del ’48: crudi, d’humor nero («Hai riso,/ ed io avrei sputato/ dentro la tua gola/ aperta»), in certo modo orrorifici («Come se il sangue/ annoiato/ godesse d’uscire») e dal sapore biblico («Io rido/ dietro pascendo/ la mia maledizione»), profondamente corporali («Diventi misurato squadrato,/ da non trovare appoggio/ nelle anche rotonde/ dei corpi delle donne»). Le sequenze sono nitide, affilate e già nascondono in germe i migliori esiti della lirica volponiana («Aspettavo i tuoi occhi/ comparire dal mattone», «Tra la testa e la pietra,/ tra gli specchi e le spade,/ ancora lungo/ è il discorso»). Le poesie «verso L’antica moneta» — estratte da un manipolo di 59 carte in tutto, come spiega Serenelli nella puntuale Nota al testo, seguita dall’apparato critico che ricrea la facies grafica dei manoscritti e dattiloscritti — pèrdono il tono scheggiato delle prime prove per acquisire maggiore doppiezza e impeto narrativo. Forme già collaudate («Un canto di coturnice/ alto fra le rocce/ sorprende l’ultima notte/ che congiura nei boschi») e sapidamente ammorbidite («Ogni luogo è questo/ Facile dunque restare/ sugli orli delle grotte,/ cedere ai richiami del falco,/ illudersi di scoprire/ il covaccio delle volpi; la neve perenne/ indulge a una capanna/ ai dolci sapori/ di ghiande e di castagne») si muovono in un quadro di riacquistata voce in accordo alla tradizione. La poetica generale rimane però ancorata ad alcuni temi fondamentali che conferiscono a questi testi (fintamente) dispersi un motivo conduttore e una compattezza d’insieme che giustificano appieno la tardiva pubblicazione: i tremori e la reticenza nell’incontro con il femminino (si legga a tal proposito la granitica Donna di Messina); il richiamo a un passato sublime, fremente dai pinnacoli e dalle guglie maestose di Urbino; lo scontro anche politico dell’umano con le cose e con la natura. Insomma, un Volponi che già conosce le proprie strade, già indovina i «crocicchi dove si canta», là dove «sono le croci/ originali del Cristo,/ con grossi chiodi/ tenaglie e martello».

 

Paolo Volponi, Poesie giovanili, a cura di Salvatore Ritrovato e Sara Serenelli, Einaudi, pp. 76, € 11

 

 

Quella tua carne
con un rigo di sangue.
Nel taglio della ferita
garza gengivosa.
L’acutissimo vetro
t’ha aperta
con una naturalezza spaventosa.
Come se il sangue
annoiato
godesse d’uscire.

 

*

 

Mi sono tinto la faccia
di rosso.
Nudo
con una tenda fiorata sulle spalle
per piangere
di te.
Per avvilirmi
sul pavimento muto.
Aspettavo i tuoi occhi
comparire dal mattone.
Tu
non hai voluto vedermi,
perché t’ho conosciuta.

 

*

 

Lungo è il discorso
tra il pescatore e il mare,
tra il sasso e l’uccello.
Tra la testa e la pietra,
tra gli specchi e le spade,
ancora lungo
è il discorso.

Tra la testa e la pietra
negli antichi templi alla marina
tra gli specchi e le spade
nelle sale dei palazzi
lungo ancora
è il discorso.

 

Paolo Volponi è nato a Urbino il 6 febbraio 1924. A ventiquattro anni, laureato in legge, pubblica la sua prima raccolta di poesie, Il ramarro. Nel 1950 inizia il suo rapporto di lavoro con la Olivetti, via via più impegnativo fino ai massimi livelli dirigenziali, che si chiuderà soltanto agli albori degli anni Settanta. Nella primavera del ’54 prende avvio l’amicizia con Pier Paolo Pasolini, da cui riceverà uno stimolo decisivo in direzione del romanzo. Nel ’72 viene chiamato a Torino da Umberto Agnelli per uno studio sui rapporti fra città e fabbrica, e prende il via la sua collaborazione con la Fiat. Nell’83 viene eletto al Senato nel collegio della sua città: il suo impegno parlamentare si interromperà solo nel 1993, per ragioni di salute. Volponi muore il 23 agosto dell’anno successivo. Einaudi ha pubblicato CorporaleLa macchina mondiale (Premio Strega 1965), Poesie e poemetti 1946-66Il lanciatore di giavellottoIl sipario ducaleCon testo a fronte. Poesie e poemetti (Premio Mondello 1986) e inoltre, negli «Einaudi Tascabili»: MemorialeIl pianeta irritabileLe mosche del capitale, La strada per Roma (Premio Strega 1991) e Poesie. 1946-1994 (2001). Nella «Nue» sono stati pubblicati Romanzi e prose I (2002), Romanzi e prose II (2002) e Romanzi e prose III (2003); nelle «Letture», I racconti (2017) e, nella «Collezione di poesia», Poesie giovanili (2020).

 

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