Francesco Accattoli, “La Mar”

Francesco Accattoli / ph. Vito Panico

da: Natanti

L’odore è piantato nel freddo.
Sulla balza del porto
si asciugano le strade, le case bianche.
I gatti dietro i vetri, nessuno
per strada, fuorché il mare.
A volte il dolore della febbre
sale, a volte il nulla arriva
come pioggia, è un nulla
vegetale, verde, vivo,
vicino al molo nel pieno del nord.

Il mare si crepa d’angustia,
non vale lo sforzo di ricucirlo.
Le maglie hanno ceduto.

***

D’inverno i granchi dormono
tra gli scogli, per le ossa è un inferno.
Scendo, a volto scoperto,

nel nord che ci fa il mare grande.
Lo guardo farsi trama, ascolto
i cambi d’intonazione. Le parole

hanno il passo delle maree.
D’improvviso il silenzio sul bianco,
come un tappeto d’organza.

***

A fine corsa, due nuvole
di storni, plasmate da un levante
che mischia le onde e le deforma.

Crepe di creta nella falesia.
L’inverno a guardare il cielo.

***

A meno che non si dica di andare
lì dove si raccolgono i vènti,
chiedere in ginocchio che si calmi
il suono che percuote le porte, che trattiene
il passo sulla terra fermo e gravi
il peso del pianeta;

a me prende il male di parlare
a meno di un miglio dalla costa.
Laggiù sono stati lampi tutta la notte,
di qua luci a mala pena, mogli
piccole case. Io sto di guardia,
che non ci fuggano dalle reti.

***

Si svegliava e prima del caffè cercava il mare con lo sguardo. Era un rito tutto umano, lo faceva prima ancora di parlare. Il mare era stato con lui nel letto, le reti si erano mosse durante la notte, la febbre della terra lo coglieva al primo sonno. E si trovava a camminare sull’asfalto, salire nel cemento, fino al terrazzato, sentire duro sotto i piedi e sbattere di porte in una bora ingrata. Tirava calci avvolto nella tela, tendeva le gambe, cercava la sentina, il fondo sudicio di cherosene. Con entrambe le mani lo sentiva sdraiarsi sulla chiglia, compiere l’amplesso della mareggiata. Sudavano le persiane un cigolio di pescatori, schiumava il tanfo della notte sulla terraferma.

da: La Mar

 

Nessuno ha più di noi il desiderio
di tornare da quel mondo orizzontale
coperto dalle acque, e poi
sbattere i polsi sulle carene,
scorticarsi per sentire il sale
fino ai polmoni.
Acqua lustrale, varco e redenzione,
latitudine di tutti,
sacerdozio delle derive.

Galleggiano i foulard,
acqua madre, utero, espulsione,
esplodono in un canto le scogliere.

La morte è un’alba ritratta
nel calvo delle meduse.

***

D’improvviso un maestrale
impaziente di affogarmi,
con le mareggiate
che ci lasciano desiderare ancora
il dolore del costato, l’impatto
col gelo delle onde.
Eri nell’acqua vicino alla riva:
ti ho portata al largo, ti ho affidata
al mare da cui siamo nati, nel freddo
Adriatico e sentimentale.

***

Mi sono coricato sui tuoi seni enormi
fatti di piume e acqua di mare,

le carni si adagiano sui ponti
del torace, sul levare dei marosi,

le imbarcazioni gettano le cime
oscillano piccole vite

poco dopo la prima luce
tu dici, sono reti calate sul metallo,
sono ombre tra le persiane.

***

Era tutto dentro una forma ovale, si muovevano le onde tirate dal vento, a tempo, coi respiri duri dei lecci e delle querce. Ho visto te, mi sei venuta in mente, eri scura nuvolaglia nera, polvere e foglie, odore di terra. Cominciavano le case ad accendersi di voci. Allora s’impaurirono le bestie notturne, tu eri nelle radici strappate dalla mareggiata, un corpo cavo, divenuto tana. Gli ossi delle seppie gettati a riva, lunari, dai bordi taglienti e neri accumuli di masse morte, alghe, pasto di mosche. Venivo
distratto dal sibilo cupo della corrente, in mezzo, dove rompono le onde e franano colonne giù, dal bosco. Si scopre la baia dai sassi del monte, tra rami, tra rovi, un’ombra lunga che sembra notte, un coro di madri laggiù richiama dai moli le barche.

E tu che mi dicevi di arrivare
e non arrivi, e l’acqua che ritorna.

da: La Mar, di Francesco Accattoli, Amos Edizioni A 27 poesia, (Collana a cura di Sebastiano Gatto, Maddalena Lotter, Giovanni Turra), 2021

Francesco Accattoli nasce ad Ancona nel 1977 e risiede ad Osimo (AN). E’ docente di materie letterarie e latino nei licei. Nel 2002 esce per Stamperia dell’Arancio la raccolta Come acqua che riposa…. Nel 2007 pubblica con Fara Editore la silloge Un tramonto sommario. Nel 2011 sempre con Fara Editore pubblica la sua seconda raccolta La neve nel bicchiere. Viene premiato in vari concorsi letterari (Premio Rabelais, Premio Artem Ex Tempore, Premio Gozzano) e segnalato per entrambe le raccolte al Premio Sandro Penna. Sue poesie sono incluse in varie antologie, riviste cartacee e sul web. E’ chitarra e voce dei Noa Noa, e con il poeta Loris Ferri il chitarrista Alessandro Buccioletti ha partecipato al progetto “Fucine Sonore”, esibendosi al MEI di Faenza. Dal 2014 organizza il festival di poesia Sirolopoesia.

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