Osip Mandel’štam, “Epigramma a Stalin”

Osip Mandel’štam

Osip Mandel’štam
di Luigia Sorrentino

La poesia di Osip Mandel’štamViviamo senza sentire il paese sotto di noi” è stata spesso definita l'”Epigramma a Stalin“.  E’ una poesia scritta da Mandel’štam nel novembre 1933 – poi inclusa nelle poesie di Mosca – e subito dopo l’ aver assistito alla terribile carestia della Crimea. La poesia servì come principale materiale d’accusa del “caso” Mandel’štam dopo il suo arresto nella notte tra il 13 e il 14 maggio 1934. Il poeta non nascose la paternità del testo e dopo essere stato arrestato si preparò a essere fucilato.

La difesa di Bukharin però ammorbidì la sentenza: Osip Mandel’štam fu deportato a Cherdyn nella Russia Nord orientale e poi a Voronezh. Dopo la fine del suo esilio, gli fu proibito di vivere a Mosca. Nella notte tra l’1 e il 2 maggio 1938, Mandel’štam fu arrestato una seconda volta e mandato in un campo nell’Estremo Oriente. Osip Mandel’štam morì il 27 dicembre 1938 di tifo nel campo di transito di Vladperpunkt (Vladivostok). Il corpo di Mandelstam rimase insepolto fino alla primavera, insieme agli altri morti. Poi fu sepolto in una fossa comune.

L’epigramma dedicato al “montanaro del Cremlino” Stalin nell’originale e una traduzione in italiano. L’attualità di questa poesia è indiscutibile e ci insegna molto, ancora oggi.

Мы живем, под собою не чуя страны

Мы живем, под собою не чуя страны,
Наши речи за десять шагов не слышны,
А где хватит на полразговорца,
Там припомнят кремлевского горца.
Его толстые пальцы, как черви, жирны,
И слова, как пудовые гири, верны,
Тараканьи смеются глазища
И сияют его голенища.

А вокруг него сброд тонкошеих вождей,
Он играет услугами полулюдей.
Кто свистит, кто мяучит, кто хнычет,
Он один лишь бабачит и тычет.
Как подкову, дарит за указом указ –
Кому в пах, кому в лоб, кому в бровь, кому в глаз.
Что ни казнь у него – то малина
И широкая грудь осетина.

Ноябрь 1933
Осип Мандельштам (1891-1938)

Viviamo senza sentire sotto di noi il paese

Viviamo senza sentire sotto di noi il paese
a dieci passi le nostre voci sono già belle e sperse
e dovunque ci sia spazio per quattro chiacchiere
si dà una mezza conversazioncina
là ti ricordano il montanaro del Cremlino
le sue tozze dita come vermi grassi
come pesi di ghisa le sue parole esatte
se la ridono gli occhioni di blatta
e rilucono i gambali dei suoi stivali.

Attorno una masnada di gerarchi dal collo fino
i favori di mezzi uomini sono il suo trastullo
chi fischia, chi miagola, chi frigna
lui solo spauracchio e picchia
un decreto dopo l’altro elargisce come ferro di cavallo
a chi nell’inguine, a chi in fronte, a chi nell’occhio
o al sopracciglio
è una pacchia ogni esitazione che decreta
e un largo petto di osseta.

(novembre 1933)

Biografia on line

Poeta, letterato e saggista russo: “uno dei più grandi e profondi poeti del XX secolo”. Fu vittima delle Grandi Purghe staliniane. Mandel’štam nacque a Varsavia (all’epoca parte dell’Impero russo) da una benestante famiglia ebraica: il padre era mercante di pellami e la madre pianista e insegnante di musica.

Poco dopo la sua nascita si trasferirono a San Pietroburgo.

Sin da giovane  Mandel’štam compì diversi viaggi in Italia e Svizzera. Nel 1908 decise di entrare di andare a studiare a Parigi  letteratura e filosofia, ma già l’anno seguente si trasferì all’Università di Heidelberg per poi passare, nel 1911, a quella di San Pietroburgo.

Nel 1911, in Finlandia, si convertì al Cristianesimo metodista per convinzione spirituale e per opportunità pratica poiché in questo modo avrebbe potuto iscriversi all’università russa il cui accesso era impedito agli ebrei. Questo tuttavia non impedì a Mandel’štam di continuare a sentirsi profondamente legato alla cultura ebraica.

Attratto dalla poesia simbolista, si legò di amicizia con Anna Achmatova e aderì alla poetica dell’acmeismo, il movimento letterario fondato dall’amico Nikolaj Stepanovič Gumilëv (fucilato nel 1921 con l’accusa di attività controrivoluzionaria: la sua poesia fu proibita durante il regime sovietico).

Nel 1913 uscì la sua prima raccolta di versi La pietra.

Dopo la Rivoluzione, nel 1918, lavorò a Mosca per qualche tempo al Commissariato all’Istruzione, ma presto seguì gli itinerari della sua attività poetica: la Russia meridionale, la Georgia, per serate di poesia e pubblicazioni su riviste.

Nel 1919, in un club a Kiev, conobbe Nadežda Jakovlevna Khazina, che sarebbe diventata sua moglie e avrebbe in seguito salvato buona parte della sua produzione letteraria. Ritornato a Pietroburgo nel 1920, Mandel’štam pubblicò altre due raccolte di poesie, Tristia e Poesie, prose e saggi critici, ma i suoi già difficili rapporti con l’ambiente circostante si incrinarono ulteriormente. Imbevuto di cultura classica, mito e spiritualità, si scontrò con una società sempre più irregimentata dal conformismo ideologico e in cui gli spazi di creatività andavano progressivamente restringendosi.

Il primo arresto di Mandel’štam avvenne tra la notte del 13 e 14 maggio 1934 ad opera degli agenti della polizia segreta politica, che requisirono gran parte delle sue carte e soprattutto il famoso Epigramma a Stalin (scritto nel novembre 1933), condannato dagli inquirenti come “un documento controrivoluzionario senza precedenti”.

Da quel momento iniziò un periodo di estrema povertà per la coppia e di problemi di salute, soprattutto per Mandel’štam che tentò il suicidio nell’ospedale di Čerdyn.

Anche dopo il trasferimento forzato a Voronež (nel 1935) la situazione di precarietà economica non cambiò.

Nel maggio 1937, scaduto il periodo di confino, la coppia tornò a Mosca dove incontrarono ostacoli con le pratiche per ottenere il permesso che era obbligatorio per risiedere in una città sovietica. Decisero di rimanere comunque nella capitale, ma furono costretti a iniziare nuovamente le peregrinazioni per Savelovo, Leningrado, per poi tornare di nascosto a Mosca e infine a Samaticha, dove, la notte del 2 maggio 1938, il poeta venne arrestato.

Da quel momento in poi, le uniche notizie certe lo segnalano prigioniero a Vtoraja Rečka: la data precisa della morte e il luogo della sua sepoltura sono tuttora ignote.

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