Le riviste letterarie rischiano la chiusura. Pedullà, “Resistete”

Per le riviste letterarie è tempo di crisi. E il rischio di chiusura de ‘L’indice dei Libri del mese’  parla chiaro. Ma per il critico letterario Walter Pedulla’ l’imperativo categorico è ‘resistere’. Come? “Cambiando il linguaggio. E tornando ad essere luogo di resistenza politico e culturale”. Insomma, data l’urgenza di “non scomparire” occorre ricominciare a giocare un ruolo fondamentale nel dibattito culturale come nel passato, per parlare ad un pubblico esigente combattendo così, come dice Pedullà, “la cultura stagnante che regna in Italia, un paese in cui si investe sempre meno nel settore delle arti”.

Una riflessione, la sua, stimolata dalla crisi che ha investito la rivista diretta dal giornalista Mimmo Candido, a caccia di nuove strategie e nuovi investitori per sopravvivere. D’altra parte, il destino delle riviste culturali non è mai stato agevole. Soprattutto per quelle che non sono state ‘sponsorizzate’ dai partiti politici.

“La vita delle riviste letterarie -sottolinea infatti Pedullà- è stata sempre difficile, tranne nei casi di alcune riviste di carattere culturale e poiltico come ad esempio ‘Rinascita’”. A godere di una vita più semplice, per Pedullà, sono state anche “le riviste che hanno sostenuto un mutamento radicale della società attraverso la cultura: è il caso di ‘Mondo Operaio’. O quelle letterarie del Novecento- aggiunge il critico- come ‘La Voce’, ‘La Ronda’, ‘Solaria’ e ‘Frontespizio'”.
 
Per Pedullà queste riviste hanno avuto la capacità di radunare un movimento culturale che ora “in Italia manca perché non c’è -fa sapere – un luogo in cui gli intellettuali si danno appuntamento per dire qualcosa. Scambiandosi magari opinioni diverse che concorrono a definire un disegno complessivo della nostra società”.

Autore di due riviste, ‘Il caffè illustrato’ e ‘L’illuminista’, Pedullà tuttavia non si lascia scoraggiare da questi scenari nebulosi. “Io -scandisce convinto- credo nelle riviste. Le mie hanno raggiunto il decimo anno di vita anche se in modo precario. Riesco a tenere in equilibrio i conti con le inserzioni pubblicitarie e gli abbonamenti. Vado avanti chiedendomi se la rivista ha ancora una funzione. E la mia risposta è si'”.

Ma i motivi per ben sperare sono anche altri. “Una rivista politica come Micromega -dice Pedullà – ha un vasto seguito e si appoggia ad una struttura editoriale potente”. Fin qui dunque le luci.
Ad alimentare anche la speranza ci pensa il fatto che il mercato è molto vivace. “Nell’elenco delle pubblicazioni del Novecento – ricorda Pedullà – ci sono centinaia di fogli che hanno avuto un impatto consumatosi entro l’anno. Riviste fatte da un’idea, un racconto, oppure un saggio soltanto”.
         
“Ma imprese editoriali – evidenzia con forza- che hanno permesso ai giovani, che non avevano possibilità di pubblicare, di esprimersi liberamente. E coloro che ora si imbarcano in questa esperienza devono resistere facendo sacrifici”. Le riviste, infatti, ribadisce il critico sono “il luogo della resistenza culturale e politica. Sarebbe una tragedia se questo canale di diffusione della cultura dovesse esaurirsi”.

“Ecco perchè sarebbe un danno enorme l’eventuale chiusura dell’Indice dei Libri. Ora, però -ribadisce Pedullà – non c’è più la rivista che riesce a creare una corrente culturale. Anche perché il post-moderno ha portato con sè la fine del conflitto. E il conflitto nelle riviste è indispensabile. Il quieto vivere, insomma, non alimenta il dibattito”.

Quali sono, allora, le riviste che riescono a dialogare con il pubblico? Ci sono dei luoghi di confronto aperto e costruttivo? In altre parole, le riviste rappresentano oggi dei laboratori del pensiero?
 
 
Due esempi di grande respiro secondo Filippo La Porta
Il critico Filippo La Porta, propone due esempi di grande respiro, uno che viene dal Salento e l’altro che arriva dalla Romagna. “Innanzi tutto penso alla rivista leccese ‘L’immaginazione’.  Viene pubblicata da Manni Editore che la distribuisce gratuitamente a 3mila persone, uomini di cultura, scrittori e operatori del settore. E’ un vero e proprio laboratorio di idee al quale contribuiscono intellettuali con opinioni diverse.

Uomini del calibro di Nanni Balestrini, Giulio Ferroni e Angelo Guglielmi. Io ho una rubrica che si chiama i ‘Refrattari'”.
 
La seconda rivista, a cadenza mensile e ad abbonamento, è ‘Una città’ realizzata a Forlì. “Viene proposta da un gruppo di anarchici ed ex militanti di Lotta Continua. E’ una rivista -prosegue La Porta – fatta soltanto da interviste a una serie di professionisti in tutti i campi, dai medici, agli archeologi, dagli urbanisti, ai maestri elementari. Dà il polso della società italiana come nessun’altra pubblicazione. Ogni mese sappiamo cosa succede di più rilevante nelle diverse professioni”.

Anche se superate dalla “concorrenza spietata” di internet, alimentata da blog e riviste online, le riviste cartacee continuano, insomma, a resistere. “Sono anacronistiche – spiega La Porta – ma io sono legato alle riviste cartacee perché rappresentano il senso della durevolezza e della stabilità’.
 
A proposito della situazione dell”Indice’, inoltre, La Porta ci tiene a precisare: “Una rivista che non si regge da sola ma ha bisogno di sussidi statali per sopravvivere forse merita di chiudere. Se una rivista si conquista un suo pubblico non dipende da nessuno, nè dallo Stato nè dai partiti. Le riviste dovrebbero essere autartiche”.

Ma non è tutto. La Porta elogia anche il ‘Foglio’ di Giuliano Ferrara. “Non sono minimamente d’accordo con la linea politica, neanche su una virgola, ma devo dire che dal punto di vista culturale ha saputo organizzare dibattiti interessanti. In realtà, ha surrogato le riviste -conclude- anche perché i suoi articoli sono dei microsaggi”.

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