Orhan Pamuk
Un altro Orhan
di Luigia Sorrentino
Chiunque legga Orhan Pamuk capirà che tutta la sua opera è attraversata dal tema dell’identità nella continua esplorazione del conflitto tra islamismo e occidentalismo.
Pamuk, scrittore di fama internazionale, nato a Istanbul il 7 giugno del 1952, candidato al Premio Nobel per la Letteratura – ha al suo attivo sette romanzi – ha rischiato di finire in carcere per “manifesta offesa alla turchità”, quando ha riconosciuto la Turchia colpevole dello sterminio di un milione di armeni e 30 mila curdi in Anatolia ad inizio del XX secolo.
Incontrare Pamuk in una città come Napoli, in occasione della 52esima edizione del Premio Napoli, è stato, per me, fortemente simbolico.
Napoli e Istanbul, sono infatti collegate da un comune strato di cultura e di tradizione. Sono state entrambe città-regno, sono, ancora oggi, città costantemente rivolte verso l’Europa alla ricerca di una identità libera dalla tristezza, dalla miseria, dalla decadenza.
Napoli e Istanbul conservano un’identità comune che mira a raggiungere anche la qualità, il successo, dell’Occidente. Ma ci sono, nel mondo, molte città che somigliano a Istanbul. Tutte quelle che condividono con Istanbul la malinconia, il disordine, la precarietà, il crollo, da sconfitta o da povertà.
“Vi dirò chi sono”, scrive Pamuk in Istanbul.
E racconta che una volta disegnava, studiava architettura e sognava di diventare pittore. Poi, non si sa perché, decise di diventare scrittore e di vivere la sua seconda esistenza.
(VIDEO INTERVISTA INSERIRE QUI)
Intervista a Orhan Pamuk
di Luigia Sorrentino
Napoli, 14 settembre 2006
Pamuk, lei a vent’anni ha capito che sarebbe diventato uno scrittore. In quegli anni studiava architettura e sognava di affermarsi come pittore. Che cosa le fece cambiare direzione?
Tra l’età di sette e ventidue anni ho sempre sognato di fare il pittore. Poi a ventidue anni qualcosa è scattato nel mio cervello e ho deciso di smettere di dipingere ho iniziato a scrivere romanzi. Pian piano mi sono affermato, prima a livello nazionale come scrittore, poi a livello internazionale e da allora tutti hanno iniziato a chiedermi perché ho smesso di dipingere. In realtà non c’è una risposta singola, un’unica risposta a questa domanda. Nel tempo, man mano che la domanda mi veniva posta, ho sviluppato tante risposte. In effetti mi è stata fatta così tante volte questa domanda che alla fine ho deciso di scrivere un libro per rispondere, e questo libro è Istanbul. Non c’è un’unica riga, un’unica parola che lo spieghi, però il libro, nel suo complesso, è una risposta a questa domanda. Continua a leggere→